(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 18 aprile 2010

Il ponte del diavolo.


Programma improvvisato di un sabato qualunque.

Non c'è proprio niente da fare. La viabilità udinese per me rimane un cubo di Rubik: riesco a perdermi anche col navigatore. E meno male che c'è questo ausilio tecnologico ad assistermi, perché sennò a Cividale non ci sarei arrivato. Siccome, ovviamente, a Cividât di sabide tu cjatis il marciât, evitato per un soffio il rischio di trovarmi imbottigliato nel congestionatissimo centro storico, individuo un fortunoso parcheggio in fondo a Borgo S. Pietro, di fronte alla sede dell'8° Reggimento (O la', o rompi!).
L'ultima volta che avevo visitato la città ducale portavo i calzoni corti (metaforicamente). Fu in occasione dell'immancabile gita scolastica e stavo frequentando la seconda media. Oggi sono qui per la presentazione di un libro singolare, come piace a me. I cosacchi di Krasnov in Carnia. Questo è il titolo. E l'editore è passato anche lui dalla SMALP a suo tempo. Ci siamo conosciuti due o tre anni fa. Siamo seduti sotto la loggia del municipio e diamo le spalle alla bronzea faccia del Divo Giulio (no, no, non lui: il monumento ritrae l'autore del De bello gallico). Io attacco subito bottone con una elegante e attempata signora seduta a fianco a me in prima fila, che mi racconta di essere stata insegnante in gioventù e di avere memoria diretta dei fatti di cui si rende conto nel libro che andranno a presentare. Scopro con sorpresa che l'autore è un mio giovane concittadino, laureato in storia all'università di Udine. Al barista che mi chiedeva se fossi venuto per il libro risposi che sì, arrivavo da Pordenone e mi ero fatto un centinaio di chilometri per partecipare alla presentazione. Citando una di quelle frasi che si possono trovare scritte sulle porte dei bagni degli autogrill, aggiunsi che “se per una donna si scavalcan le montagne, spesso per un libro vale la pena di fare di più”. Assieme al giovane autore della pubblicazione è presente un anziano ingegnere, testimone e protagonista per ragioni anagrafiche di un episodio che desta viva curiosità nel pur scarso pubblico presente. Si parla di una partita di calcio cosacchi-partigiani finita in un colossale parapiglia, che si giocò ad Ampezzo nel 1944 e di cui egli fu arbitro. Ma non solo. Nel momento dedicato alle domande del pubblico interviene un altro protagonista dello storico incontro, che ci informa di avervi preso parte in qualità di raccattapalle e fornisce altre gustose indicazioni sull'insolita disfida. Peccato soltanto per l'infelicissima collocazione di questo interessante appuntamento. Con tutto il traffico che ci scorre accanto e un concerto multiplo di campanili che annuncia ripetutamente il mezzodì. Dopo un ottimo pasto, consumato in una graziosissima Taverna Longobarda del centro storico (servizi igienici inappellabilmente out), approfitto del pomeriggio libero per visitare il famoso Tempietto. In attesa che giunga l'orario di apertura approfitto per un imperdibile pellegrinaggio al Ponte del Diavolo e une curte cjaminade ju pe rive de bruscjandule, che scende fino al fiume. Entrato nel convento di S. Maria in Valle, do un'occhiata al refettorio delle Orsoline, passeggio un po' nel chiostro (deserta oasi di serenità) ed entro finalmente nel Tempietto Longobardo. Me ne sto per un pezzo incantato ad ammirare gli stucchi di fattura bizantina ben conservati, in piedi sotto a un Cristo Pantocrator affrescato sul soffitto e poi esco sul belvedere che sovrasta il Natisone. Graziosa la piccola vigna delle monache, con serra per le piante aromatiche dalle vetrate che si sollevano con contrappeso. Acquisto il catalogo della mostra di arte sacra, mi fiondo all'ufficio turistico per fare incetta di materiale utile a una successiva e più approfondita visita (senza contare il Mittelfest), acquisto una bella guida illustrata aggiornata di recente e poi di nuovo verso casa. Dopo aver rianimato il prezioso congegno satellitare che mi consentirà di attraversare incolume la giungla udinese.

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