(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 4 aprile 2010

o tempora, o mores!

L'offerta culturale e d'intrattenimento in provincia di Pordenone e dintorni nel corso degli ultimi anni è visibilmente aumentata e si può dire che sia ormai in grado di soddisfare anche i palati più fini ed esigenti. Quel che è peggiorato nel tempo, con pari progressione, è la qualità del pubblico. Dalla cantata barocca alla milonga porteña, dallo standard jazz alla ballata di De Andrè, non c'è genere musicale che si sottragga al sottofondo di vuoto cicaleccio prodotto da platinate matrone nordestine, intercalato dai borborigmi baritonali dei loro accompagnatori. Nel variegato panorama dei disturbatori di sala, si possono individuare alcune tipologie ricorrenti.
Primo fra tutti il temibile “portatore insano di cellulare”.
Vittima di un digital divide generazionale, il nostro disturbatore non solo non è in grado di disattivare l'inutilissimo scampanìo conseguente a ogni pigiatura di tasti, men che mai si ricorda di spegnere la sua infernale appendice prima dell'inizio dello spettacolo e nemmeno di attivare il vibracall.
I più sfrontati non si fanno scrupoli a utilizzarlo anche a scena aperta, comodamente seduti al proprio posto. E se l'azzimato uomo d'affari dovesse avere assoluta necessità di contattare il proprio broker per vendere sulla borsa di Chicago un'importante partita di succo d'arancia prima che il prezzo crolli, tenuto conto della differenza di fuso orario, si potrebbe anche chiudere un occhio; salvo poi scoprire che la telefonata serve invece a mettere a punto i dettagli per la consueta gita della domenica al più vicino centro commerciale.
Nel corso della presentazione di un libro a cui ho recentemente partecipato, un giovinastro seduto due o tre file dietro la mia, forse infastidito dall'appassionata oratoria del relatore di turno, ha dovuto alzare la voce per farsi capire mentre prenotava un tavolo al ristorante per sé e per la sciagurata che gli avrebbe tenuto compagnia.
Vi è poi la “scartocciatrice di caramelle” (giacché in questa categoria il genere femminile pare prevalere in larga misura), che non riesce a starsene poco più di un'ora senza succhiare o mordicchiare bonbon di ogni consistenza e sapore. I quali vengono per l'appunto scartati, solitamente nel bel mezzo della scena più intensa del film, con scientifica e studiata lentezza, al fine di prolungare il più possibile il fastidioso sfrigolìo.
E arriviamo al capitolo “creature innocenti”, soggetti di entrambi i sessi, in età prepuberale e talvolta prescolare, che vengono costretti dai rispettivi genitori a sorbirsi conferenze del genere “Industria tessile e lotte operaie nella Pordenone del XIX secolo” (dopo avere manifestato tutta la propria insofferenza con una serie interminabile di sbuffi e di lamenti, ho visto bimbetti che dal primo ordine di palchi minacciavano di gettarsi sulla platea sottostante per porre fine allo strazio).
A poco varrebbe raccomandare alle nominate creature di non gridare e non utilizzare il sedile della poltrona come fosse un'altalena; tanto meno tentare di convincerli che, malgrado l'evidente etimologia, i corridoi di una sala teatrale non sono fatti per rincorrersi (specie una volta che si sia aperto il sipario).
Verrà il giorno in cui il santo protettore degli artisti, accantonata ogni residua misericordia, scaglierà i suoi dardi su quei miseri mortali. Incenerendoli.
Nel frattempo, si potrebbe sempre istituire un “certificato di buona condotta teatrale”, con foto di riconoscimento e regole analoghe alla patente a punti, da esibirsi obbligatoriamente al botteghino prima di acquistare il biglietto e trasformare le maschere in inflessibili ausiliari del bon-ton assembleare.

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