(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

lunedì 31 maggio 2010

La Otto (parte quarta)

Alla Otto avevo individuato soltanto due ragazze. Di Mirellina ho già riferito. Oltre a lei, della banda faceva parte anche Maria Grazia. Così, quando sentii il D. chiamare con insistenza (come era solito fare): “Lisa! Lisa! Aho', qualcuno sa 'ndo sta Lisa?” provai a individuare anch'io dove si nascondesse questa terza fanciulla sfuggita al mio sommario censimento. “Lisa! Lisa! Marco Lisa! A Ma'... te possino!” Ecco. L'aveva trovato. E io con lui. Lisa era il Capufficio. “Er roscio maledetto” (come si sarà capito nell'attribuzione dei nickname la fantasia di quegli allegri compari non aveva freni). Marco e Alberto Sordi erano, come direbbe Andrea Camilleri, 'na stampa e 'na figura. Un sosia quasi perfetto, preciso 'ntifico, se si eccettua il colore dei capelli. Come ogni Capufficio che si rispetti, Lisa era fatto oggetto di pressanti attenzioni da parte di tutta la Guarnigione e il suo cognome risuonava ogni giorno ripetutamente tra le mura del Fortino. Il Direttore. Figura mitica, uomo d'altri tempi, cresciuto facendo la gavetta e salendo uno ad uno tutti i gradini che l'avrebbero portato alla cattedra direzionale. Quando voleva ottenere una cosa, riusciva ad essere sempre particolarmente persuasivo.

mercoledì 19 maggio 2010

Anemone e core
(copyright by Natale Sorrentino)


di Scajola/Bertolaso
Casa discografica abusiva “La cricca”

Nuje ca vulimmo case e milioni,
nun ce facimmo mai scupri’?
Cunte ca firme nun ne vonno
‘e chi so’sti cunte, oje ne’!
Pure, tu mme paghi cu ‘n’assegno
pe’ fa’ dispietto a mme…

Tenimmoce accussì Anemone e core
mo c’accattammo pure ‘nata casa,
‘nu trilocal...e ca tu me ristrutturi,
‘o pavo cu te, sempre cu te, senza firma’.

Che ce dicimmo a ffa’ parole avare,
si ‘a casa ma vuoi da’ pe’ quattro lire?
Si smanie pure tu po’ Colosseo
tenimmoce accussì Anemone e core!

Forse sarà ca ‘a casa è doce,
forse sarà ca costa poco…
Vurrìa nun averti cchiù fra i piedi,
chesta è ‘a verità.
Specie si ‘e vvote tu mme chiedi
l’appalto d’a sanità…
St’appartamento a... mme me piace assai,
‘o pavo cu’ te, sempre cu’ te, e tu ‘o ssai.

Che appalti e che contratti vuoi avere,
si ‘o cunto po’ aumentà ch’è ‘nu piacere?
Nuje simmo d’o partito dell’ammore
tenimmoce accussì Anemone ‘e core
tenimmoce accussì Anemone ‘e core…

martedì 18 maggio 2010

La Otto (parte terza)

Antonio era il Capocassiere. L'unico a chiamare per nome il D. e a dargli del tu, forte di una consolidata amicizia maturata nel corso della loro pluriennale colleganza. In rare occasioni non mancava nemmeno di lasciarsi sfuggire al suo indirizzo anche qualche garbato vaff... Esempio di dialogo. Il D.: “Anto', stanotte nun m'è riuscito proprio de pijà sonno. Ieri so' stato da mi' fija, no? Ce semo fatti 'na magnata! Abbacchio c' 'e patate. De notte, però, 'st'impunito nun voleva 'nnà né su né giù... Manco cor bicarbonato!” Governator di tutte le Mazzette, Signore dei flussi monetari, Supremo Quadratore, Gran Sacerdote del Tempio di Cristallo, il Capocassiere celebrava i suoi riti misterici rinchiuso in una teca trasparente a cui i comuni mortali non erano ammessi. Quando gli dissero che arrivavo dal Friuli, Antonio ci tenne a farmi sapere che lui ci aveva fatto il militare, dalle mie parti. “A Casarsa d' 'a Delizzia”, precisò con una punta d'orgoglio. Soffriva di una malattia professionale comune a tutti i cassieri. Una rara forma di daltonismo che consentiva di riconoscere soltanto due colori: il giallo e il verde. In quell'età dell'oro predigitale i Valori potevano transitare dal Tempio di Cristallo soltanto se avevano le carte in regola.

sabato 15 maggio 2010

Guasti educativi e distrazioni immobiliari

Che le nostre università producano dottori mediamente incapaci di esprimersi e di comprendere un corretto italiano lo testimoniano le periodiche verifiche di enti internazionali super partes. Ma fanno fede anche gli esiti deprimenti delle prove scritte per l'iscrizione all'albo degli avvocati, di cui non molto tempo fa han dato conto i giornali. Alcuni di quei neolaureati, da precari sottopagati molto meno di un qualsiasi magazziniere dell'industria del mobile, andranno a trasmettere le loro conoscenze agli studenti delle nostre scuole medie e superiori. Dalle quali non ci si deve poi stupire se uscirà materia grigia informe e agevolmente plasmabile dai variopinti programmi della TV unica. Il cittadino forgiato da questo nostro sistema scolastico scientificamente massacrato nel corso degli anni da una sapiente azione di artiglieria legislativa non potrà che fungere da liscia tavoletta di cera su cui scarabocchiare a piacere.

domenica 9 maggio 2010

La rivoluzione delle banane

Al termine di una due-giorni intensa e faticosissima, il bilancio non può che essere entusiasmante. L'edizione 2010 di VicinoLontano mi ha riservato grandi soddisfazioni. Prima fra tutte, la mia novella perizia topografica: per la prima volta, sono riuscito a percorrere le vie del centro storico di Udine (a piedi) senza bisogno di una tavoletta al 25.000 e, dato assai più significativo, senza perdermi. In questa maratona internazionale ho avuto il piacere di stringere la mano a un premio nobel, conoscere Simone Perotti, incrociare Beppino Englaro alla presentazione del bel libro di Tommaso Cerno, lasciarmi catturare dal fascino discreto di un negozietto di oggettistica per la casa a poche decine di metri dalla chiesa di S. Francesco, dove la simpatica titolare olandese

VicinoLontano 2010

Qualche foto, nonostante le giornate non fossero il massimo...



sabato 8 maggio 2010

La Otto (parte seconda)

Tanto per dare un’idea di cosa fosse quella pittoresca arca di Noè in cui ero finito a lavorare proverò a tracciare un sintetico profilo dei miei colleghi di allora. I Beati Paoli. Due colossi palestrati che penseresti più a loro agio fra i camalli del porto di Genova che non a uno sportello bancario alle prese con versamenti e assegni circolari. Paolo M. aveva un ghigno da pirata, la testa rasata, baffi da cavaliere teutonico, pizzetto biondo e lo sguardo perennemente incazzato che incuteva terrore al solo immaginarlo. Paolo C., invece, era molto più gioviale e rassicurante. Un pacioso cicciobello sorridente, ma altrettanto muscoloso e massiccio. Fra i due stava appollaiata sul suo trespolo da cassiere Mirellina, una Betty-Boop dalla chioma fulva che teneva le gambe accavallate come un diva d’altri tempi. Mirellina era la cocca del D. e quando aveva bisogno di un suo Dar Corso per completare un'operazione, zampettava sulle lastre di marmo del pavimento dall'alto del suo tacco dodici

Le cascate di Salino

“E questa che roba è? No, no, a me non le hanno date. Oddio, ragazzi, aiuto! Qualcuno sa che cazzo sono 'ste SCBT?” Avevo spuntato l'elenco del materiale e preso nota accuratamente della posizione che occorreva assegnare a ogni capo di vestiario nell'armadietto di ordinanza: due maglioni CR, 4 magliette VO, uose, pedule, VIBRAM. Fin dai primi giorni alla SMALP era stato necessario prendere confidenza anche con una delle tante bizzarre manie dei militari, che poi avremmo metabolizzato e fatto nostre: le sigle. Acronimi, oggi diremmo. Ma quello era un tempo pre-digitale, internet non era ancora diventato un fenomeno di massa e gli acronimi si potevano trovare soltanto sulla Settimana Enigmistica. Così “CR” stava per “Collo Rovesciabile” e “VO” per “Verde Oliva”. I VIBRAM erano gli scarponi da montagna, che prendevano il nome dalla ditta costruttrice. Quelli che, usciti di fabbrica di colore marrone, noi avremmo provveduto con marziale inventiva a rendere neri come l'inferno

giovedì 6 maggio 2010

Intercettazioni telefoniche

Alcuni mesi fa un imprenditore del Sud filmò di nascosto i funzionari di una primaria banca nazionale che gli stavano “proponendo” la sottoscrizione di un contratto derivato (uno di quei famigerati ordigni finanziari che anche molti dei comuni della nostra regione hanno tuttora in corpo). L’operazione, a suo dire, fu per lui fonte di elevate perdite, determinando la chiusura dell’attività e il licenziamento dei lavoratori impiegati. La banca è stata citata in giudizio con una richiesta di danni superiore alle centinaia di milioni (di euro). Quando le telefoniste di una altrettanto nota urlatrice televisiva proponevano intrugli atti a scongiurare la malasorte scucendo migliaia di euro a casalinghe credulone e malati terminali

domenica 2 maggio 2010

La Otto (parte prima)

Le scuole si sono appena riaperte e l’autobus è intrappolato nel traffico di via della Conciliazione. Si scorge in lontananza il cupolone di S. Pietro e dall’interno della vettura salgono al cielo invocazioni assai poco rispettose della Sacra Basilica. Basta, ho deciso. Da domani si cambia. Per tutta l’estate sono riuscito ad andare al lavoro prendendo soltanto due autobus. Da via di Ripetta scendo in piazza Sonnino, dove c’è un chiosco sul quale campeggia l’iscrizione “La grattachecca della sora Lella” (cosa che inizialmente mi lascia alquanto perplesso: solo a distanza di tempo ne scoprirò la funzione e il significato). Da lì, altra linea che mi porta fino alla Otto. Però con la riapertura delle scuole un percorso che dura di solito 50 minuti diventa un’avventura ai limiti del possibile. Dovrò servirmi della metro. Prima la Rossa, poi la Blu fino alla Piramide. Da lì, il 318 mi porta a destino. Si sa, gli spostamenti in una grande città richiedono impegno, pianificazione, inventiva… e spesso qualche botta di culo.

Kaddish in morte di Maria

Premessa.

Odio le introduzioni e, da lettore, solitamente le salto a piè pari, ma in questo caso un preambolo si rende necessario. I versi che seguono sono scritti nella lingua dei miei genitori, il friulano di Claut, molto più vicino a Belluno che a Udine, che io, pur non parlandolo, comprendo benissimo. Furono scritti a pochi giorni dalla morte di mia zia, cui ero legatissimo. Si tratta dell'unica cosa che io abbia mai scritto in clautano, ma non ho scelto io la lingua, semmai è stata lei a scegliere me. Non poteva che essere questo il veicolo più adatto per affrontare un vicenda tanto intima e dolorosa. Non ne riporto la traduzione perché non sarebbe comunque sufficiente a comprenderne il significato, dato che questo testo rappresenta il compendio, appunto, di tutta una vita.

sabato 1 maggio 2010

Storie di marketing e VOIP

Fra i tanti che ancora mantengono in casa un telefono fisso, alzi la mano chi riesce a sottrarsi al martellante assedio dei call center. Ho a suo tempo formalmente diffidato l'ex unico operatore nazionale dal contattarmi, revocandogli l'autorizzazione al trattamento dei miei dati personali in qualsivoglia maniera ottenuti e ribadendo per l'ennesima volta che non sono abituato a prendere in considerazione proposte telefoniche. Almeno finché si tratta di affari. Con tutta la dovuta comprensione per i giovani operatori precari, vittime più o meno consapevoli di questa moderna e non meno alienante catena di montaggio, con i quali occasionalmente non manco di trattenermi per cercare di mitigare il loro imbarazzo. Uno degli scorsi sabati, verso ora di pranzo, mi chiama l'incaricata del provider che mi fornisce l'accesso in banda larga alla grande Rete, proponendomi ancora una volta il distacco da Telecom. Siccome, da consumatore non-compulsivo quale sono diventato, ho capito che il servizio offerto in alternativa è il Voip,