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e le note vengono aggiornate di quando in quando)
lunedì 31 maggio 2010
La Otto (parte quarta)
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mercoledì 19 maggio 2010
Anemone e core
(copyright by Natale Sorrentino)
di Scajola/Bertolaso
Casa discografica abusiva “La cricca”
Nuje ca vulimmo case e milioni,
nun ce facimmo mai scupri’?
Cunte ca firme nun ne vonno
‘e chi so’sti cunte, oje ne’!
Pure, tu mme paghi cu ‘n’assegno
pe’ fa’ dispietto a mme…
Tenimmoce accussì Anemone e core
mo c’accattammo pure ‘nata casa,
‘nu trilocal...e ca tu me ristrutturi,
‘o pavo cu te, sempre cu te, senza firma’.
Che ce dicimmo a ffa’ parole avare,
si ‘a casa ma vuoi da’ pe’ quattro lire?
Si smanie pure tu po’ Colosseo
tenimmoce accussì Anemone e core!
Forse sarà ca ‘a casa è doce,
forse sarà ca costa poco…
Vurrìa nun averti cchiù fra i piedi,
chesta è ‘a verità.
Specie si ‘e vvote tu mme chiedi
l’appalto d’a sanità…
St’appartamento a... mme me piace assai,
‘o pavo cu’ te, sempre cu’ te, e tu ‘o ssai.
Che appalti e che contratti vuoi avere,
si ‘o cunto po’ aumentà ch’è ‘nu piacere?
Nuje simmo d’o partito dell’ammore
tenimmoce accussì Anemone ‘e core
tenimmoce accussì Anemone ‘e core…
martedì 18 maggio 2010
La Otto (parte terza)
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sabato 15 maggio 2010
Guasti educativi e distrazioni immobiliari
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domenica 9 maggio 2010
La rivoluzione delle banane
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sabato 8 maggio 2010
La Otto (parte seconda)
Tanto per dare un’idea di cosa fosse quella pittoresca arca di Noè in cui ero finito a lavorare proverò a tracciare un sintetico profilo dei miei colleghi di allora. I Beati Paoli. Due colossi palestrati che penseresti più a loro agio fra i camalli del porto di Genova che non a uno sportello bancario alle prese con versamenti e assegni circolari. Paolo M. aveva un ghigno da pirata, la testa rasata, baffi da cavaliere teutonico, pizzetto biondo e lo sguardo perennemente incazzato che incuteva terrore al solo immaginarlo. Paolo C., invece, era molto più gioviale e rassicurante. Un pacioso cicciobello sorridente, ma altrettanto muscoloso e massiccio. Fra i due stava appollaiata sul suo trespolo da cassiere Mirellina, una Betty-Boop dalla chioma fulva che teneva le gambe accavallate come un diva d’altri tempi. Mirellina era la cocca del D. e quando aveva bisogno di un suo Dar Corso per completare un'operazione, zampettava sulle lastre di marmo del pavimento dall'alto del suo tacco dodici
Le cascate di Salino
“E questa che roba è? No, no, a me non le hanno date. Oddio, ragazzi, aiuto! Qualcuno sa che cazzo sono 'ste SCBT?” Avevo spuntato l'elenco del materiale e preso nota accuratamente della posizione che occorreva assegnare a ogni capo di vestiario nell'armadietto di ordinanza: due maglioni CR, 4 magliette VO, uose, pedule, VIBRAM. Fin dai primi giorni alla SMALP era stato necessario prendere confidenza anche con una delle tante bizzarre manie dei militari, che poi avremmo metabolizzato e fatto nostre: le sigle. Acronimi, oggi diremmo. Ma quello era un tempo pre-digitale, internet non era ancora diventato un fenomeno di massa e gli acronimi si potevano trovare soltanto sulla Settimana Enigmistica. Così “CR” stava per “Collo Rovesciabile” e “VO” per “Verde Oliva”. I VIBRAM erano gli scarponi da montagna, che prendevano il nome dalla ditta costruttrice. Quelli che, usciti di fabbrica di colore marrone, noi avremmo provveduto con marziale inventiva a rendere neri come l'inferno
giovedì 6 maggio 2010
Intercettazioni telefoniche
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domenica 2 maggio 2010
La Otto (parte prima)
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Kaddish in morte di Maria
Premessa.
Odio le introduzioni e, da lettore, solitamente le salto a piè pari, ma in questo caso un preambolo si rende necessario. I versi che seguono sono scritti nella lingua dei miei genitori, il friulano di Claut, molto più vicino a Belluno che a Udine, che io, pur non parlandolo, comprendo benissimo. Furono scritti a pochi giorni dalla morte di mia zia, cui ero legatissimo. Si tratta dell'unica cosa che io abbia mai scritto in clautano, ma non ho scelto io la lingua, semmai è stata lei a scegliere me. Non poteva che essere questo il veicolo più adatto per affrontare un vicenda tanto intima e dolorosa. Non ne riporto la traduzione perché non sarebbe comunque sufficiente a comprenderne il significato, dato che questo testo rappresenta il compendio, appunto, di tutta una vita.
Odio le introduzioni e, da lettore, solitamente le salto a piè pari, ma in questo caso un preambolo si rende necessario. I versi che seguono sono scritti nella lingua dei miei genitori, il friulano di Claut, molto più vicino a Belluno che a Udine, che io, pur non parlandolo, comprendo benissimo. Furono scritti a pochi giorni dalla morte di mia zia, cui ero legatissimo. Si tratta dell'unica cosa che io abbia mai scritto in clautano, ma non ho scelto io la lingua, semmai è stata lei a scegliere me. Non poteva che essere questo il veicolo più adatto per affrontare un vicenda tanto intima e dolorosa. Non ne riporto la traduzione perché non sarebbe comunque sufficiente a comprenderne il significato, dato che questo testo rappresenta il compendio, appunto, di tutta una vita.
sabato 1 maggio 2010
Storie di marketing e VOIP
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