Odio le introduzioni e, da lettore, solitamente le salto a piè pari, ma in questo caso un preambolo si rende necessario. I versi che seguono sono scritti nella lingua dei miei genitori, il friulano di Claut, molto più vicino a Belluno che a Udine, che io, pur non parlandolo, comprendo benissimo. Furono scritti a pochi giorni dalla morte di mia zia, cui ero legatissimo. Si tratta dell'unica cosa che io abbia mai scritto in clautano, ma non ho scelto io la lingua, semmai è stata lei a scegliere me. Non poteva che essere questo il veicolo più adatto per affrontare un vicenda tanto intima e dolorosa. Non ne riporto la traduzione perché non sarebbe comunque sufficiente a comprenderne il significato, dato che questo testo rappresenta il compendio, appunto, di tutta una vita. La vita che ho trascorso assieme alla zia Maria, sorella di mia madre e madre elettiva, solida colonna, presenza rassicurante, complice, amica, maestra di vita. Una donna forte, che le sue case se le è fatte davvero da sé, nel senso che ha contribuito con le proprie mani a impastare il cemento e a innalzare i muri portanti. Colpita dall'ingiuria del terremoto, che quei muri le fece crollare addosso, minata da altre scosse, che le sconvolsero il fisico nei suoi ultimi quindici anni di vita terrena. Nel mezzo, mille avventure, sempre affrontate con ruggito da leonessa e saggezza da matriarca.
Duta una vita.
Oh, Maria,
Maria del sacramento! e la cialthina,
mudòns, maie, polenta e camions roth,
cambiai c'a s'ciai, canàis da tirà su,
la fam, al taramòt, thìnghere e ciocs.
Barache de legn tal ort, cantinéle,
nailons, ciase c'a cola, bitumiere,
Bandiera Rossa, vin e ostarie.
“Seiso di Claut? La femina di Femene?”
Amor c'a no se dis, ma de chel grant.
In ca e in a su chel paol de legn
par dut al dì suoi du a robà citrato.
Vin e gasosa sula bicicleta,
la botha de la laca in tai morers.
Al masenin sul orle de la capa,
doi-tre giros de roda, udor de lana,
la tàula cui cingoms tacàs par sot.
“Te vegnarà a ciatame – te diseva -
chel dì che sarai vecia e cul baston!”
Vuole de rith par le to mans, Maria,
par fiete smete de tirà su blocs.
“Quel mazzolin di fiori” e doe besteme
par imparà da nof, coma i canàis,
a caminà e parlà (cànes e sècule...).
Valchiria, tal castel de le to ciase.
Cun un pachìn piatà diere la porta,
tacuin e cias e un mel in tal gurmal,
e duc' i to contrath in tala sporta.
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