(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

sabato 8 maggio 2010

Le cascate di Salino

“E questa che roba è? No, no, a me non le hanno date. Oddio, ragazzi, aiuto! Qualcuno sa che cazzo sono 'ste SCBT?” Avevo spuntato l'elenco del materiale e preso nota accuratamente della posizione che occorreva assegnare a ogni capo di vestiario nell'armadietto di ordinanza: due maglioni CR, 4 magliette VO, uose, pedule, VIBRAM. Fin dai primi giorni alla SMALP era stato necessario prendere confidenza anche con una delle tante bizzarre manie dei militari, che poi avremmo metabolizzato e fatto nostre: le sigle. Acronimi, oggi diremmo. Ma quello era un tempo pre-digitale, internet non era ancora diventato un fenomeno di massa e gli acronimi si potevano trovare soltanto sulla Settimana Enigmistica. Così “CR” stava per “Collo Rovesciabile” e “VO” per “Verde Oliva”. I VIBRAM erano gli scarponi da montagna, che prendevano il nome dalla ditta costruttrice. Quelli che, usciti di fabbrica di colore marrone, noi avremmo provveduto con marziale inventiva a rendere neri come l'inferno a furia di crema da scarpe e pennarelli indelebili. La Scuola Militare Alpina di Aosta formava gli ufficiali di complemento per le truppe alpine. Ossia, quei ragazzi di leva che, dopo un corso della durata di cinque mesi, avrebbero poi adempiuto al proprio sacro dovere indossando nei giorni di festa una fascia azzurra di traverso sul petto e brandendo una sciabola che avrebbe fatto la felicità di ogni ragazzo della via Pal. “Ma dài, l'SCBT è quella che hai addosso!”, mi tranquillizzò un allievo amanuense intento come me a ricopiare lo schema esposto in bacheca. La sigla era pure sbagliata, ma di questo mi sarei accorto soltanto qualche anno più tardi. A voler essere pignoli (come i militari ben sanno fare), si sarebbe dovuto scrivere S.Cbt. Uniforme da servizio e combattimento. La nostra tuta da lavoro, insomma. Solo che invece di essere blu come il Toni degli operai, era verde. Di quel verde oliva di cui ogni oggetto naioso era irrimediabilmente impregnato.

Ci siamo fermati con l'A.R. ai piedi di una cascatella. Ah, l'A.R. è l'Autovettura da Ricognizione. Jeep, direbbero gli yankees. Dopo una giornata frenetica a rischio d'infarto multiplo, questo angolo di paradiso riesce a darmi un attimo di serenità. Siamo a Salino, frazione di Paularo, in una valle incantevole e dimenticata dal furore della vita moderna, fresca e silenziosa. Ci vuole una pausa. E stare a sentire il rumore dell'acqua che cade è proprio un toccasana. Ma ora bisogna ripartire. Io e il conduttore (l'autista) risaliamo in macchina alla volta di Paularo. Mangiafuoco è stato categorico. Mi ha intimato di rimanere a dormire lassù, una volta recuperato il mio uomo. “Ci dovrebbe essere una caserma della Guardia di Finanza. Chieda ospitalità a loro. Avete le armi al seguito, non possiamo correre rischi.” Con la radio che mi ha dato il maresciallo Màrdero non c'è verso di mettersi in comunicazione col Posto Comando di Tolmezzo. Le RV3, se non ci si trova in territorio piatto e completamente privo di ostacoli, funzionano solo nel cortile della caserma, per scherzare fra amici: “Pippo, Pippo, da Paperino, passo!”. Così, ho fatto scorta di gettoni telefonici, e quando trovo una stazione di carabinieri scrocco una chiamata dal loro telefono militare. Esigenze di servizio, perdio! E poi io sono pur sempre un ufficiale. Dello stesso esercito di cui anche loro fanno parte. Poiché nel nostro Paese le consultazioni elettorali sono un evento eccezionale, nel corso dei miei dieci mesi di naia a Tolmezzo avrei avuto la fortuna di fare servizio di ordine pubblico ai seggi soltanto in due occasioni. Ma quella era la mia prima volta. Ero da poco arrivato al Battaglione Alpini d'Arresto Val Tagliamento e per dare supporto alle forze di polizia impiegate ai seggi elettorali, mi furono assegnati una ventina di uomini da distribuire nella valle del But. Zuglio, Paluzza, Cercivento, Ligosullo, Paularo, Dièrico, Salino. Presi confidenza con questi paesini dai nomi esoterici con una ricognizione preventiva e il giorno precedente all'apertura dei seggi iniziai a consegnare a ciascun nucleo di carabinieri l'alpino che gli era toccato come rincalzo. Avevo a disposizione un ACL e un ACM. Percorrere i tornanti che salgono fino a Ligosullo con un ACL non è certo la maniera più agevole e lesta di viaggiare. Ah, gli ACL, alias Auto-Carri Leggeri, erano dei camion, utilizzabili anche per il trasporto del personale dato che nel cassone erano installate delle confortevoli panchine di legno. L'ACM altri non è che un Auto-Carro Medio, più datato e scalcagnato del fratello minore. L'unica avvertenza da osservare quando gli automezzi trasportano uomini è che si deve tenere sollevato il telone (la disposizione fu introdotta all´indomani del tentato golpe Borghese al fine di consentire un più agevole monitoraggio di eventuali spostamenti di truppe). Pur essendo partito di buon'ora da Tolmezzo, mi ritrovai a Paularo verso mezzogiorno, con ancora all´incirca la metà degli uomini da distribuire nelle varie sezioni. Occorreva pensare a come sfamare il reparto e per fortuna ci vennero in soccorso gli operatori della locale casa di riposo, che cuocendo qualche pastasciutta in più mi levarono d´impiccio. Una volta dislocate tutte le mie pedine sulla scacchiera, la parte più complicata dell´incarico era terminata. Almeno così, sbagliandomi di grosso, pensavo io. La fase più ingarbugliata si rivelò infatti il recupero dei fantolini a missione compiuta. Bottin si accorse di non avere più con sé la baionetta quando ormai già lo avevamo riportato a Paluzza, dove avevo il mio posto comando. Per fortuna, la preziosa suppellettile era stata recuperata dai poliziotti in servizio al seggio di Treppo e a me non restò che andarla a recuperare per evitare all'ingenuo soldato qualche mese di carcere militare. A Zuglio le cose stavano andando per le lunghe. I conti non tornavano e un rappresentante di lista impose il riconteggio. Istruii Baradel perché aspettasse in caserma fino a che da Zuglio non avessero dato conferma del fine lavori, dopodiché avrebbe dovuto recuperare il commilitone rientrando con gli altri a Tolmezzo. Nel frattempo io avrei continuato la mia operazione di raccolta zigzagando fra monti e valli carniche. Quando finalmente rientrammo tutti a Tolmezzo era ormai notte fonda. Mangiafuoco, che sovrintendeva alla delicata fase di riconsegna delle pecorelle, mi chiese un aggiornamento della situazione. "Manca solo Salino" risposi "Lo spoglio delle schede ancora non è terminato. Per il resto, tutti presenti".
"Li faccia radunare nel piazzale".
Infastidito per quella che mi sembrava un´inutile perdita di tempo e con addosso la stanchezza di una giornata che era stata pesante per tutti, eseguii. Dopo avere spuntato uno per uno i nomi dal suo tabellone colorato, mentre il prolungarsi della conta incominciava a spazientirmi, il Capitano sentenziò grave: "Ne manca uno".
"Com´è possibile?" feci, allarmato.
Mancava Pavanetto, che era rimasto a Zuglio.
"Baradel! Non le avevo detto di passare a prenderlo prima di rientrare?" inveii.
"Comandi! Me son desmentegà..."
"Va bene, va bene. Ci penso io" intervenne Mangiafuoco "Mandi l´AR di servizio a recuperarlo. Lei vada a Paularo e aspetti che si concluda lo spoglio delle schede. Recuperi il suo uomo e domattina rientrerete in caserma."

Mentre aspetto che gli scrutatori compiano il loro dovere ascolto lo scroscio dell'acqua della cascata, che riesce a darmi un po' di sollievo e allenta la tensione di questa giornata infernale. I carabinieri di Paularo si sono offerti di custodire le nostre armi per la notte e mi hanno detto che possiamo rimanere a dormire nelle scuole elementari (tanto ormai sono le due passate e alle sette di domattina dovremo essere di nuovo in piedi, quindi saremo davvero di poco disturbo). Io non me la sono proprio sentita di andare a rompere le scatole alla caserma dei finanzieri per chiedere asilo. Sono sfinito e non vedo l'ora di togliermi questi maledetti VIBRAM, levarmi il cinturone e stendermi anche solo per poche ore su una branda a riposar le stanche membra. Ossignùr! Il Capitano mi aveva impartito disposizioni precise. L'AR l'abbiamo lasciata nel cortile della scuola. E se me la portano via? E se passa un teppista in vena di mascalzonate e mi sfascia i finestrini? Oppure mi sfonda i fanali? Che gli racconto a Mangiafuoco? Ecco, va a finire che, roso dall'ansia, dormo con un occhio solo e la mattina dopo sono uno zombie.

4 commenti:

  1. ...un alpino?
    non immaginavo lo fossi! ^_^
    Bello il racconto, complimenti.

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  2. e che non ti credessi che è opera di fantasia... pura cronaca vera :-)

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  3. Mangiafuoco arrivava a bordo di una Ford Capri?

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  4. oddio, questo proprio non lo ricordo (e, a dire il vero, una Ford Capri non saprei nemmeno riconoscerla...). Ricordo che al poligono si atteggiava a Rambo brandendo l'MG e gridava: "Questa è la mia arma!" :-)

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