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Non c'è che dire. Il contestato decreto sulle intercettazioni, che continua a essere discusso in un clima di sostanziale indifferenza dell'opinione pubblica, malgrado gli allarmati richiami di autorevoli giuristi, magistrati e giornalisti (ma, si sa, costoro sono soltanto dei pericolosi mangiatori di bambini sempre pronti a intralciare la travolgente marcia del manovratore) è un vero e proprio vaso di Pandora. A scoperchiarlo si viene investiti da fragranze che vanno dalla puzza di bruciato al putrescente. L'ennesimo codicillo di cui apprendiamo dalla stampa prevede che nel caso in cui fra gli intercettati vi siano dei religiosi, occorre darne immediato avviso alle Competenti Gerarchie (vescovo, nel caso di sacerdoti, strutture centrali vaticane, nel caso di Eccellenze) pena l'annullamento dell'indagine. Con il pensiero rivolto a uno dei Padri di questa nostra Patria
che andremo, forse, a celebrare solennemente il prossimo anno, non si può evitare di giungere a questa dolente conclusione: qui, più che “libera Chiesa in libero Stato” c'è da aspettarsi che da un giorno all'altro a piantonare gli ingressi delle Prefetture arrivino le guardie svizzere... La Chiesa Cattolica si è dotata nel corso dei secoli di una formidabile ed efficientissima struttura organizzativa, da fare invidia a qualsiasi Stato moderno. Che bisogno c'è di “imbeccare” le Gerarchie ogni qual volta un religioso viene intercettato dalla magistratura? Non prevede forse già il nostro ordinamento giuridico adeguate misure di tutela per l'indagato? Quei famigerati “avvisi” che spesso vengono notificati a mezzo stampa prima che un carabiniere bussi alla porta per darne ufficiale comunicazione non valgono forse a garantire sufficienti possibilità di difesa del destinatario? E nel caso di un eventuale successivo rinvio a giudizio la notizia non giungerebbe comunque alle Sacre Stanze con sorprendente tempestività? Non bastano certo le sconvolgenti rivelazioni su presunte omissioni e “coperture” nei casi di pedofilia, di cui siamo informati con dovizia di particolari in questi giorni a giustificare tanta premurosa sollecitudine. Perché i più maligni, facendo affidamento sulla propria buona memoria, ritornano sotto il ponte dei Frati Neri, in una Londra di alcuni anni fa, dove a causa di un fastidioso nodo scorsoio penzolava un affermato banchiere che pare intrattenesse proficue relazioni con i suoi sacerdotali omologhi Oltretevere.
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