(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

giovedì 22 luglio 2010

Cronache marchigiane (3)


Appena arrivato a Osimo, qualche giorno fa, Roberto, l'amico spezzino ormai trapiantato quaggiù con la famiglia, m'invitò a cena a Jesi. Per semplificarmi le cose, mi suggerì di prendere l'autostrada, dato che non ero pratico del posto. Siccome però io sono un bastiancontrario, dopo avere consultato una mappa sommaria dei luoghi, mi risolsi a seguire un altro e più diretto itinerario, attraverso strade secondarie che scavalcano le colline qui intorno. Per maggiore tranquillità avevo anche innescato il navigatore interstellare, che se uno proprio non gli si affida anima e corpo riesce a essere un ottimo ausilio per cavarsi d'impaccio nelle situazioni più complicate o in ambienti non conosciuti. E così scollinando mi sono ritrovato immerso nella dolce campagna marchigiana, con i declivi colorati da distese di girasoli. Anche oggi, andando a Jesi, ho rifatto la stessa strada e rivisto i medesimi incantevoli panorami. E mi è risultato evidente che una terra tanto deliziosa altro non può produrre che grandi artisti: pittori, cantanti, musicisti, poeti. Come può uno evitare di raggiungere le più alte vette dell'arte se cresce immerso in paesaggi del genere? Le profondità dello spirito, i segreti dell'anima, la bellezza, la pace, la serenità. Ogni ambiente produce i suoi frutti. Lo avevano capito anche gli Olivetti, padre e figlio, nell'organizzare la loro azienda, splendido e inimitato esempio di azienda efficiente perché attenta alle necessità delle persone. Pagando gli operai qualcosa più del salario tabellare, nel giro di qualche mese la produttività aumentò del 500% (così diceva uno dei dirigenti, intervistato in una bella trasmissione andata in onda su Rai Storia, qualche settimana fa). Certo, non di solo pane vive l'uomo. E infatti all'Olivetti c'erano asili nido per i figli dei dipendenti, ambienti di lavoro luminosi e piacevoli, case vacanze, programmi culturali. Perché, dico io, ci si stupisce se in queste condizioni la produttività aumenta? Non hanno forse provato anche a far ascoltare musica classica alle vacche da latte, ottenendone un aumento di produzione? E come mai un simile caso di successo, che viene studiato nelle università (soprattutto straniere) non viene replicato anche ai giorni nostri? Mah... Comunque, dicevamo di Jesi. Be', mica lo sapevo che l'imperatore Federico II di Svevia fosse nato qui. Gli hanno dedicato una piazza, forse la più bella della città. Il Teatro Pergolesi non è naturalmente visitabile. Peccato. Però mi rifaccio con un piccolo museo dell'arte della stampa, dove trovo Linotype e altri macchinari d'altri tempi, caratteri mobili di piombo e un torchio del Settecento. Ma soprattutto visito lo splendido palazzo settecentesco che ospita la pinacoteca comunale. Hanno appena rifatto il tetto, mi informa uno dei custodi: 1000 mq per 600 mila euro. La lunga galleria degli stucchi è veramente deliziosa. Certo non è monumentale come quella di Venaria, ma nel suo piccolo è un bijou. Ambienti raffinati, incantevoli soffitti istoriati con le vicende di Enea, ospitano opere di Lorenzo Lotto. Di una in particolare, leggo nella bella guida che mi hanno fornito all'ingresso, che il periodo di gestazione fu piuttosto lungo perché i frati committenti si erano impegnati per un importo al di sopra delle loro possibilità e quindi tergiversavano. Il pittore, d'altro canto, se non vedeva le monete non intendeva lavorare e anzi mandò a dire ai fraticelli che gli facessero avere la pecunia, se volevano il loro dipinto. Dare moneta, vedere cammello. Anche nel Cinquecento. Palazzo davvero notevole, che avrebbe bisogno di qualche intervento di restauro, ma si sa che la cultura qui da noi è sempre la cenerentola. Se ci fosse qualche banca di buona volontà che volesse mettersi in mostra contribuendo con pochi spiccioli a rendere un grande servizio alla cultura e alla collettività...

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