(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

mercoledì 23 marzo 2011

Ciminiere e soprusi

Dirce Rossi possedeva la tenacia ostinata delle donne friulane, tanto più fiere e combattive quanto più si sale di quota. E su di lei la prossimità dei rilievi montani non mancò di esercitare una generosa influenza. Quando nel 1971 il camino del cementificio di Travesio si mise a distribuire tutt'attorno abbondanti nevicate di polveri, arrivando a rendere l'aria irrespirabile e pietrificando le vigne, la gente di Lestans cominciò ad agitarsi. Il bar della Dirce divenne allora la sede di un comitato di lotta, che impegnandosi in ogni genere di confronto (inclusa la contrapposizione con celerini dalla dialettica piuttosto... ruvida), ottenne finalmente ragione in tribunale. L'epica avventura di questi agguerriti paesani è ben descritta in un volume pubblicato da una piccola casa editrice naoniana e presentato nel corso di una delle passate edizioni di Pordenonelegge. A quarant'anni di distanza da quegli avvenimenti, e a non molti chilometri da Lestans, un altro cementificio con le sue minacciose ciminiere pare voler mettere alla prova la caparbietà della nostra gente. Sì, perché quando leggi sui giornali che vicino a casa tua vogliono bruciare rifiuti e scopri che da quei quotidiani falò insieme alle festose scintille possono liberarsi porcherie di ogni genere, pericolose per il solo fatto di respirare, qualche dubbio ti viene. E se gli amministratori a cui hai affidato la cura del bene comune invece di accogliere la tua preoccupazione e rispondere alle domande, ti sbattono la porta in faccia, allora anche i meno apprensivi cominciano a interrogarsi. Si informano. Alzano la voce per farsi sentire. Anche i paesani di Lestans erano stati paternamente rassicurati sull'efficienza dei filtri, sul rigore dei controlli, sulla sicurezza assoluta che l'impiego delle tecnologie più avanzate garantiva. Poi le vacche iniziarono a rifiutare il foraggio e le galline (dall'intuito notoriamente meno brillante) furono invece costrette a morire. “Ci devono dire quello che sta succedendo nel nostro territorio”, chiedono a Fanna e nei comuni circostanti cittadini organizzati nell'ennesimo comitato, reso necessario dalla troppa riluttanza al confronto e alla trasparenza dimostrata da taluni politici. Perché la gente di casa nostra ancora una volta pare poco propensa a farsi passare sopra la testa decisioni che avranno conseguenze importanti sulla propria vita. L'arroganza già sperimentata verso gli abitanti di Erto e Longarone ai tempi della tragedia della diga e riproposta qualche anno dopo a Lestans, da queste parti pare proprio non essere una carta vincente. La storia dovrebbe insegnarlo, ma la tentazione di provarci è lo stesso, forse, troppo forte. Quant chi ti torni a iodi tra chei poi/Fana, io ti vuei ben pi di me mâri – scriveva nel secolo scorso il poeta Vittorio Cadel. L'amore per la propria terra qui è rimasto inalterato, ma, soprattutto, è ancora più che mai diffuso e vitale lo spirito ribelle della Dirce e il senso di responsabilità di uomini e donne assai poco inclini a digerire in silenzio i soprusi.

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