(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

venerdì 15 aprile 2011

Perugia IJF 2011 (4)

Giovedì, 14 aprile 2011 – I Cantapassione umbri.

La giornata è decisamente una di quelle in cui i programmi vanno a farsi friggere. Ma la circostanza non per forza dev'essere negativa. Dopo pranzo inizia a piovigginare. Faccio un rapido sopralluogo nelle viscere murate della Rocca Paolina per dare un'occhiata alle mostre che custodisce e raggiungo la sede del panel che ho selezionato dal programma. Sala già strapiena, non c'è verso di entrare. Per fortuna c'è un portico che ripara dalla pioggia. Leggo il giornale in attesa che arrivi il momento per un appuntamento extra-festivaliero scovato durante la veloce pianificazione domestica del soggiorno. Nella Sala delle adunanze dell'università, l'aula riservata alle lauree, questa sera è previsto un incontro-concerto. Passioni: canti tradizionali della settimana santa. Sul sito che avevo consultato io era indicato un indirizzo sbagliato. Avevo chiesto già ieri sera, dal Greco, indicazioni per raggiungere un'inesistente piazza Manzoni. Per fortuna, stamane ho trovato una persona che ha intuito l'equivoco e mi ha indirizzato in piazza Morlacchi, dove sorge Palazzo Manzoni, sede della facoltà di lettere. Malgrado il consistente ritardo con cui iniziano le esecuzioni e un'apparente assenza di coordinamento della serata (cui partecipano solo tre gruppi musicali, perché I Cantori della Val Topina non sono riusciti a venire...), l'apertura è da pelle d'oca: una giovane cantante, con l'energia vocale di una mondina e la tecnica raffinata dallo studio, zittisce a cappella il brusio. Seguono una serie di brani in cui si alternano gli ensamble convenuti. Il fascino sublime del canto popolare qui in Umbria lo hanno ormai metabolizzato: gli etnomusicologi studiano e catalogano da anni i contributi di centinaia di “informatori”, depositano le registrazioni sonore in archivi ordinati e preziosi. Dalle nostre parti ci si deve affidare alla buona volontà dei Belumàt. Quella che avevo erroneamente immaginato come un'esibizione accademica accompagnata da noiosi commenti professorali, dura oltre due ore e mezza. Ho registrato quasi tutto col mio voicerecorder. Una volta rientrato a casa vedrò come mixare e rielaborare il materiale, saccheggiando immagini dalla Rete. Lo strabordante concerto scombussola il mio programma serale, che prevedeva dopo cena la visione del primo della serie di documentari di guerra (fxtv.it) che il Festival propone. Ormai non c'è più tempo per mangiare decentemente, se voglio andare in Sala dei Notari. Scelgo di concedermi una cena rilassata alla Lanterna, che trovo deserta, proprio come piace a me. Mi siedo al solito tavolo, ordino sempre la stessa insalata con scaglie di grana e tartufo e, dato che oggi il tempo è più autunnale che primaverile, mi risolvo a sorbire una minestra (in brodo, preciserebbero a Ravenna). Mi arriva una teglia ricolma di zuppa di farro fumante. In attesa che scenda la temperatura, approfitto per qualche post su FB. E' tempo di crisi anche qui. Lo scorso anno c'era la voce calda di Nicola Arigliano a far da sottofondo e per companatico deliziosi panini istoriati di spezie, tiepidi e profumati. Stasera si ascolta la radio e il cestello si accontenta di offrirmi tre fette del pur eccellente pane sciapo.




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