Mercoledì, 13 aprile – Prima giornata.![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2dLxi0zYzxWBfKjeX9YvQMjLs4ZA1yGdfMgFLWW1tNr02GdfBwC6xvequiHVljG_9omSJneKy0UtL7Ptw0omoPkhvXkKgSq0AWZKvmRV4vcxO8o1T8WB2_MTkd1LGoRkRpApNmocyQ9A/s200/vetrata.jpg)
Federica è di Venezia. Si riconosce dall'accento. Studia però a Torino, non sotto, ma di fronte alla Mole, così dice. Da grande vuol fare l'inviata di guerra. Con la... benedizione di mamma e papà, dato che è figlia unica. Siamo i primi a entrare in Sala dei Notari. Il tempo di raccontarmi quanto poco stimolante sia l'ambiente universitario torinese e quanto poco raccomandabili gli Erasmus party che si organizzano ai Murazzi. Si proietta un docu-film che ha per tema la manipolazione mediatica. Narra della vicenda del piccolo Mohammed, palestinese ammazzato nel corso della seconda Intifada di fronte alle telecamere di France 2.
C'è chi sostiene sia tutta un montatura e che in realtà il ragazzino non sia nemmeno morto. Si tirano in ballo esperti balistici, medici legali, si dice che sia nota a tutti l'esistenza di una Pallywood dedita alla controinformazione a vantaggio della causa palestinese. Certo è che foto e filmati possono essere agevolmente ritoccati con strumenti domestici alla portata di chiunque. Mi ci diverto anch'io, di tanto in tanto. Sotto una vetrata liberty che illumina la sala, nella sede di Unicredit si parla di citizen journalism, giornalismo partecipativo per immagini. Davvero intrigante. Dovrò compulsare il sito di youreporter. Pranzo leggero da Joyce, il solito irish pub in cui mi sfamo velocemente e approfitto per leggere, scrivere, postare su FB. Di fronte alle poste oggi c'era un mercatino. Come prima incombenza della giornata proprio lì dietro ero andato all'URP per una visura catastale. In periodo di 730 fa sempre comodo... Non ho resistito e da una giovane artigiana giapponese ho acquistato una graziosa borsetta da kimono fatta a mano, in previsione di futuri cadeau. Il menu del pomeriggio comprende una sosta al teatro del Pavone, dov'è allestito anche il bookshop del festival, di cui approfitto per i primi due volumi (devo riuscire a trattenermi, perché poi il viaggio è lungo e rischio di camallarmi pesi capaci di schiantare il proverbiale sherpa nepalese). Qui si proietta un bel documentario catanese che affronta il tema delle “invasioni barbariche”, lo “tsunami umano”, insomma, si parla di immigrazione per bocca dei diretti interessati. Di corsa ancora sotto la vetrata liberty che abbellisce il salone bancario della mattina per un
panel (come lo chiamano qui) su copyleft e creative commons. Si dibatte di tutela del diritto d'autore, scrittura collettiva, licenze non commerciali. C'è pure un rappresentante della SIAE. Altra corsa in Sala dei Notari. Due anni fa fu la mia prima volta all'IJF. Il lunedì della partenza mi ero svegliato presto, avevo finito di preparare i bagagli e, in attesa che arrivasse il proprietario del mini hotel in cui ero alloggiato per preparare le colazioni avevo acceso la TV. I notiziari straordinari riferivano di un terremoto che durante la notte aveva devastato L'Aquila e l'Abruzzo. Stasera Giuseppe Caporale, di Repubblica, presenta il suo docu-film “Colpa nostra”, che mi accorgerò poi di avere già visto, forse a Cinemazero. Spunta il pluriministro Remo Gaspari, democristiano di lungo corso, con le sue 10 legislature e due TIR di documenti di archivio, donati alla croce rossa al momento di andare in pensione. Di sicuro consistente, l'obolo ricavato dal macero di tutta quella carta. Finisco la giornata in una taverna greca che mantiene meno di quel che sembra promettere. Feta al forno, olive, origano e cipolle. Servizi igienici irrimediabilmente
out.
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