(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

martedì 10 maggio 2011

Vacanze napoletane.

Genova, Milano, Firenze, Roma, Napoli. Queste erano le sedi dove la COMIT teneva i propri corsi Estero-merci. In quel tempo lavoravo a Modena, dove la nebbia fitta come gelatina rendeva avventurosa e irta di ostacoli la passeggiata notturna necessaria per consumare un pasto caldo. Quel venerdì mattina mi dissero che il successivo lunedì ero atteso in via di S. Brigida numero 16. A Napoli. Per iniziare, appunto, la mia formazione nel comparto estero. Il preavviso con cui graziosamente ci venivano comunicate le nuove destinazioni era il solito. Il povero dott. Quaglini con quel cognome altro non poteva fare che subire a più riprese il mio sarcasmo e anche in quell'occasione telefonai a Milano per capire, provocatoriamente, se ci fosse stato un errore. Caspita! Fra tutte le sedi possibili mi avete assegnato a quella più lontana in assoluto! 857 km via ferrovia, me lo ricordo bene. 10 ore di viaggio. E meno male che c'era il Romulus. Quaglini, ovviamente, fu irremovibile. Nessun Errore. Faccia buon viaggio. Compresi più tardi il motivo della mia assegnazione. L'allora Comunità Europea finanziava dei corsi di formazione a cui però dovevano partecipare una certa percentuale di allievi sotto un determinato limite di età. Io e un altro biondo giovane collega genovese fummo sacrificati sull'altare dei contributi europei. Appena giunto in città, dopo un'interminabile tradotta, arrivai finalmente nell'alberghetto che mi ero scelto in centro. L'hotel si trovava al secondo o al terzo piano del palazzo, non ricordo bene. Carico delle mie valigie mi avviai fiducioso verso l'ascensore, confidando nel suo provvidenziale supporto. No, niente da fare. Premuti più volte e con crescente disappunto i pulsanti dell'elevatore, non fui in grado di suscitarne reazione alcuna. Rassegnato, mi camallai il bagaglio su per le scale. Il giorno successivo, in aula, dopo le immancabili raccomandazioni e le istruzioni di tipo pratico per un conveniente soggiorno in quella incantevole città, l'arcano fu disvelato dal giovane istruttore neopromosso funzionario (“Oggi mamma COMIT t'ha fatto uomo un'altra volta e lo sai perchè? T'ha messo il pipì davanti!” - così, simpaticamente lo apostrofò il suo più anziano collega, Cozzolino). L'unica speranza che gli amministratori condominiali partenopei avevano di recuperare almeno in parte le spese comuni era di far pagare l'uso dell'ascensore. In ogni cabina era quindi presente una scatoletta delle offerte che bisognava adeguatamente foraggiare per convincere l'apparato a mettere da parte la propria ritrosia. “Non dimenticatevi le 100 lire per l'ascensore!”, ci raccomandarono. Da lì in poi furono babà al rum, partite a calcetto, week-end a Capri (che, alla sera, quando l'isola si svuota dal quotidiano pendolarismo turistico, è davvero un incanto), escursioni a Caserta e Pompei (prima dei crolli...) e … interminabili viaggi per portare a casa la biancheria sporca almeno ogni quindici giorni. S. Chiara, i Camaldoli, Castel S. Elmo, lo splendido museo archeologico, Capodimonte. Volevo vedere il Cristo velato, ma la chiesa che lo custodisce era chiusa per restauri. Vabbè, prima o poi ci tornerò, a Napoli, magari dopo che l'ennesimo annunciato miracolo governativo avrà dematerializzato sul serio tutta la monnezza che ne ricopre lo splendore.

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