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giovedì 16 giugno 2011

Abbiamo vinto puntando su internet.

Il testo che segue è tratto dal Messaggero Veneto del 16 giugno 2011 e mi pare di grande interesse. Lo stimolo ad aggiungerci qualche mia osservazione mi viene dalla solita amica di Facebook pordenonese, che, come la maggior parte dei commentatori, pare non aver colto un aspetto fondamentale emerso dalla recente campagna referendaria e che ben viene descritto nel testo in questione. La vittoria dei sì assume una valenza straordinaria poiché, anche se alcuni fra gli organi istituzionali (!) non hanno acconsentito all'accorpamento con le elezioni amministrative, per palese e del tutto anticostituzionale interesse a ostacolare il raggiungimento del quorum, ottenendo così di vanificare l'intera campagna; malgrado il silenzio prolungato e colpevole dei principali canali della tv pubblica; nonostante la disinformazione diffusa (tanto il TG1 che il TG2 avevano annunciato che si sarebbe votato il 13 e 14 di giugno: semplice sciatteria?); in buona sostanza, a onta dei numerosi tentativi di boicottaggio e degli ostacoli frapposti allo scopo di far naufragare uno dei pochi veri strumenti di democrazia diretta che ci sono rimasti, non soltanto il quorum è stato raggiunto, ma i sì hanno ottenuto percentuali pressoché plebiscitarie. E in virtù di quale meraviglioso incantesimo tutto ciò è stato possibile? Grazie alla Rete. Social network, videospot, blog, mailing-list, il Comitato per l'acqua pubblica ha fatto ricorso agli strumenti telematici esistenti, ottenendo la visibilità necessaria e riuscendo, pur senza dispendio di risorse apprezzabili, a coinvolgere, democraticamente, più della metà degli italiani. Se ci soffermiamo a considerare la facilità di utilizzo degli strumenti in questione, ormai largamente accessibili in tutta la penisola e diffusamente maneggiati da una platea sempre più vasta, la loro sostanziale gratuità, e l'efficacia dimostrata, be' voglio proprio vedere chi ha il coraggio di non gridare al miracolo. E chissà che questo non sia soltanto l'inizio di un progressivo riavvicinamento della gente alla politica con la p maiuscola, l'inizio di un profondo rinnovamento di cui tutti, grazie appunto agli strumenti telematici, possiamo finalmente sentirci veri protagonisti, senza dimenticare però che i problemi vanno poi risolti sul campo, rimboccandosi le maniche e grondando sudore alla maniera antica.

Per capire qualcosa della campagna elettorale che ha portato alla vittoria dei sì ai quattro referendum di domenica e lunedì basta entrare nella sede del Comitato per l'acqua pubblica, in una vecchia scuola del centro di Roma ora dismessa e occupata da diverse organizzazioni no profit. Tavolini su cavalletti, sei o sette computer, qualche telefono, una tv scassata e rigorosamente spenta. «E molto volontariato», spiega Luca Faenzi, un trentenne toscano responsabile della campagna di comunicazione. Trascurati dalle Tv e dai media tradizionali, troppo impegnati a dar voce ai politici professionisti i promotori dei referendum sull'acqua sono partiti per la loro battaglia un anno fa facendo qualche conto preliminare. I più recenti dati Audiweb e Doxa dicono che gli italiani che si collegano alla rete sono ormai circa 34 milioni, tra computer fissi, portatili e telefoni cellulari. L'aumento degli accessi è esponenziale anche se ancora si è ben lontani dalla saturazione della rete. Più di un terzo degli utenti internet ha un' età compresa tra i 25 e i 30 anni e un altro 34 per cento tra i 35 e i 54 anni. Quindi, senza alcuna possibilità di lanciare campagne televisive o tappezzare le città di manifesti, operazioni ben al di là dei mezzi economici del comitato, non c'era che tentare la carta internet. «Abbiamo puntato molto sui social network, in particolare Facebook e Twitter. Su Twitter abbiato toccato punte di ascolto da non credere. Abbiamo lanciato una sezione intitolata “Io ho votato” che domenica scorsa è stata la nona sezione di Twitter più cliccata del mondo», continua Faenzi. Oltre che sui social network la campagna elettorale è passata quasi tutta per un paio di siti web (Acquabenecomune e Referendumacqua) che, come la sponda di un biliardo, hanno smistato i lettori sulle iniziative locali, su manifestazioni e convegni, a Carate Brianza come a Sciacca. Piccole riunioni, proiezioni di film, magari anche in microscopici comuni di cinquecento abitanti. Una azione capillare, più e meglio degli antichi partiti organizzati. La rete e la mobilità dei seicento militanti sparsi in tutta Italia, tanti sono gli attivisti iscritti alla mailing list interna del movimento, hanno moltiplicato i contatti. Un'analisi anche superficiale della capacità di penetrazione di questo genere di campagna rivela dettagli che spiegano molte cose. Se per esempio si inseriscono i termini «acqua pubblica» nella mascherina di ricerca di Youtube, spuntano quasi cinquemila risultati, brevi filmati, molti dei quali realizzati con mezzi artigianali ma anche con grande creatività, spiegazioni e interviste a esperti della questione che hanno contribuito a spiegare e a rendere popolare la causa dell'acqua pubblica. La quantità di materiale di informazione immesso in rete dai referendari che gli elettori, soprattutto quelli più giovani, hanno potuto reperire, è strabiliante. E' difficile dire ora se il salto post televisivo nella comunicazione è stato compiuto anche in Italia (come lo è negli Stati Uniti dove Barack Obama, a colpi di internet finanziava tre anni fa con risultati strepitosi la sua campagna elettorale), e per molte settimane ancora sociologi e analisti si arrovelleranno per inquadrare il fenomeno di comunicazione diffusa e che è alla base del voto referendario e il modello di campagna elettorale. Di sicuro da oggi scatta la corsa dei partiti politici ad imitarlo, ammesso che ne siano capaci.

luigi.irdi@gmail.com

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