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dal Messaggero Veneto di mercoledì, 22 giugno 2011
Caro Ministro Brunetta, è l”Italia peggiore” che le scrive. L’Italia dei precari. L’Italia che ha 20, 30, 40 anni e vive quotidianamente l’orizzonte della precarietà. Spesso da molti anni, da quando è entrata nel mondo del lavoro. O semplicemente da ieri, nel caso dei più giovani, quando la precarietà è ormai diventata l’unica certezza del presente. Come lei saprà sicuramente, infatti, un giovane che si affacci oggi per la prima volta sul mercato del lavoro ha il 55% di probabilità di vedersi offrire soltanto un lavoro in qualche modo precario (Istat, 2011). D’altra parte, come ha fatto notare recentemente il Direttore Generale della Banca d’Italia Saccomanni, “alla precarietà delle condizioni occupazionali si accompagna un progressivo peggioramento di quelle economiche. In termini reali, i salari di ingresso dei giovani sul mercato del lavoro sono fermi da oltre un decennio al di sotto dei livelli degli anni Ottanta, senza che nel frattempo siano migliorati gli itinerari retributivi nel corso della carriera lavorativa.” (Santa Margherita Ligure, 11 giugno 2011). Sì, signor Ministro ha ragione, siamo l’Italia peggiore. Perché siamo “figli” dell’Italia peggiore. Siamo “figli” dell’Italia che ha partorito tutta questa precarietà spacciandola per una necessità o meglio per un’opportunità. Siamo “figli” dei governi che hanno creduto all’idea di sacrificare ogni cosa al mercato, sperando in una crescita continua del Pil. “Figli” di una politica che ha deciso di sacrificare i diritti del lavoro e le garanzie sociali conquistate dalle generazioni precedenti. “Figli” di un sacrificio invocato come unico meccanismo utile per aumentare la ricchezza disponibile per tutti, ma che alla fine ha portato solamente ad una diminuzione dei redditi e delle opportunità per le giovani generazioni. Siamo “figli” di quest’Italia, peggiore. Un’Italia che ha illuso i padri e i figli, promettendo maggiori possibilità sulla strada della competizione e della crescita infinita. Soprattutto per coloro che si fossero maggiormente impegnati nell’aumentare le proprie conoscenze e la propria professionalità.Ma la realtà quotidiana ha svelato l’inganno. Oggi 30% è il numero di giovani famiglie in possesso di un reddito sufficiente per accedere all'acquisto di una casa (Abi 2010). Tra i 25 e i 34 anni quasi 1 lavoratore su 4 ha un contratto atipico (Cgia, 2011). Il 60% dei giovani dopo un anno di lavoro rimane precario ed il 20% diventa disoccupato (Istat, 2010). 827 euro è il salario medio che ricevono i neo-laureati (Bachelor, 2010). Di più. Molti di noi, con un “contratto atipico”, lavorano 8 ore, come i colleghi con “contratto normale”, ma prendono 600 euro al mese e non hanno nessuna garanzia in caso di malattia e di gravidanza. Molti altri, invece, spesso fanno 2, 3 lavori, magari in nero, per avere un reddito di 900-1000 euro al mese e permettersi di pagare il mutuo della casa, le rate della macchina o mandare il figlio all’asilo nido. Sì, perché molti di noi non si arrendono, si danno da fare, fanno dei figli. Vogliono vivere. Vogliono vivere in un’Italia migliore. Anche per questo certamente, nelle ultime elezioni, il governo di cui lei fa parte, non ha trovato la fiducia che cercava. Perché il suo governo, come tanti altri, è il “padre” di quest’Italia peggiore. Ma da questa situazione noi usciremo, signor Ministro, non si preoccupi, perché così non si può andare avanti. Ne va della tenuta economica e sociale del nostro Paese. Ne va del futuro dell’Italia e dei nostri figli. L’ho vista smarrito, l’altro giorno, Signor Ministro, forse anche un po’ impaurito. Perché? Certo, forse lei ed il Governo non siete interessati a questa realtà, forse avete altre cose che vi preoccupano. Non importa, signor Ministro, lei continui pure a considerarci solo come la peggiore Italia. Noi, stanchi e indignati di tutto questo, costruiremo un futuro ed un’Italia migliore. I miei più cordiali saluti.
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