(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

venerdì 16 novembre 2012

Appunti albesi (1)

Giovedì, 15 novembre 2012.

La strada che porta alla cascina di Amabile si snoda come una biscia salendo sui colli che stanno a sud del centro cittadino. Il paesaggio è affrescato dai caldi colori autunnali, il fondo stradale è malconcio, il ciglio spesso precario, malgrado qualche improvvisato medicamento. Ho percorso cinquecento chilometri attraversando tutta la pianura padana fino ad arrivare ad Alba, capitale delle Langhe, terra di tartufi, rossi grintosi che reclamano cacciagione, eretici e partigiani. Superato qualche tornante, l'ultimo tratto di carrareccia fende un vigneto e mi porta al piazzale della cascina, dove sta la chiesetta che funge da sala per le colazioni del B&B. Il traffico per entrare in città si è rivelato un ostacolo imprevisto. Sono i turisti, mi spiega Amabile, la fortunata ospite che mi accoglie nel suo rifugio d'eccezione. Un milione di presenze nel mese di ottobre, azzarda. Altro che manifatturiero. Il turismo si conferma una risorsa a prova di delocalizzazione, immune da ogni possibile contraffazione made in china. Bisognerebbe che ce ne convincessimo, una buona volta. Appena il tempo di disfare i bagagli e ripercorro il sentiero asfaltato che mi riporta in città. Al solito, l'ufficio turistico si presenta inadeguato. Ampi locali, sì. In posizione centralissima e prestigiosa, di fianco al Duomo. Faccio notare che la pianta della città che distribuiscono è capovolta. Nelle mappe in genere il nord sta in alto. E se non è così, viene indicato. Ok, è una convenzione, ma io con quella pianta lì non mi ci raccapezzo. La ragazza che sta al bancone sorride e non capisce. Fa niente. Scendendo il corso principale, affollato di botteghe ricolme di ghiottonerie locali, mi fermo a una libreria. La ragazza che mi accoglie è di Treviso. Io sto un po' più in là, la informo. Mi procuro una mappa dettagliata delle Langhe e un compendio di storia e cultura locali. La ragazza di Treviso mi elenca almeno una quindicina di locali in cui cenare entro le mura e inizia a citarmene anche qualcuno nei dintorni. Si sorprende di trovarmi topograficamente preparato. Tutto merito della mia rapida ricognizione serale. Mi accontento di qualche fetta di lingua impreziosita da salse rosso-verdi, una scodella di minestrone fumante che ben s'intona con questa serata autunnale, dove affogo dei gustosi crostini. Nel cestino del pane, in Piemonte, non può mancare un mazzo di ottimi grissini stirati a mano. Un calice di Dolcetto facilita l'ambientamento e la torta di nocciole conclude il mio semplice pasto. Si corre in S. Domenico, ad ascoltare i cori.

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