(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 26 maggio 2013

Se soltanto ci sforzassimo di comprendere...

Serata densa di emozioni, quella che si è svolta lunedì, 20 maggio 2013, in Biblioteca a Pordenone. Giacomo Deperu e i suoi ospiti parlavano di famiglie omogenitoriali, presentando i manifesti della campagna antiomofobia che anche quest'anno già tanto hanno fatto discutere. Spesso a sproposito. I due protagonisti, Stefano e Yvette, ritratti nei manifesti assieme ai rispettivi figli, erano in sala per testimoniare come la vita reale, quella di tutti i giorni, sfugga sovente agli schemi preordinati e alle gabbie ideologiche costruite dagli uomini, per seguire sentieri magari imprevedibili, lungo percorsi con cui siamo chiamati a confrontarci. Le due storie di vita vera che stanno dietro a quei manifesti hanno una carica di umanità capace di scuotere anche gli animi più aridi. E varrebbe la pena conoscerle, prima di lanciarsi in polemiche fondate sull'equivoco. Le avevo lette sulla stampa di qualche giorno fa, prima di risentirle dalla viva voce dei diretti interessati. Sul Messaggero Veneto di domenica, 19 maggio, si legge:

“Mio papà è gay”, recita lo slogan del manifesto.
Io rispondo “chissenefrega!”.


A parlare è il presidente della Provincia di Pordenone. Ecco, non è proprio questa la predisposizione all'ascolto che ci si aspetta di trovare in un politico al quale viene affidata, pro tempore, la gestione della cosa pubblica. A un uomo delle Istituzioni si chiede piuttosto la curiosità di conoscere, lo sforzo di comprendere, l'impegno di trovare soluzioni condivise per il bene comune.

Ancora, nel medesimo articolo:

Una cosa è l'omofobia, che va condannata sempre e comunque come ogni forma di discriminazione. Altra cosa sono i matrimoni gay o le adozioni da parte di omosessuali.

E qui secondo me sta l'equivoco.
Le storie di Stefano e Yvette nulla hanno a che fare con questi argomenti. Durante la serata ho seguito con interesse l'esposizione della psicologa seduta al tavolo dei relatori e ho capito che esistono le famiglie omogenitoriali 'pianificate' (si tratta di coppie omosessuali che, riconosciuta la propria forte vocazione genitoriale, decidono di avere dei figli). Il fenomeno, pur essendo in rapida crescita, è del tutto recente poiché reso possibile soltanto dagli sviluppi delle tecniche di fecondazione che si sono avuti negli ultimi anni. Lascerei per un momento da parte questo tipo di famiglia omogenitoriale, per provare a ragionare su quelle situazioni che sono invece di gran lunga più diffuse.

Dando per scontato che l'omosessualità non è una malattia, non è una devianza, non è un disturbo della personalità, non è una scelta (anche se di questo molti, disinformati o male informati, non sono ancora del tutto convinti), capita che in una normalissima famiglia 'naturale' (uomo+donna), uno dei due genitori, spesso dopo un lungo e travagliato percorso interiore, arrivi a riconoscere e accettare la propria omosessualità. Nel frattempo, dalla relazione possono essere nati dei figli. A questo punto quali soluzioni ci propone la politica? Chissenefrega? Facciamo finta che il problema non esista? Scegliamo la posizione dello struzzo? A ben guardare, si scopre che simili situazioni non hanno riflessi soltanto sulla sfera privata.

Queste sono le storie di vita reale delle famiglie ritratte in quei manifesti, che tutti dovrebbero conoscere prima di pronunciarsi.

Il dialogo, lo sforzo di comprendere, prima di giudicare, sono sempre assai utili per trovare soluzioni vere a problemi reali, lasciando da parte preconcetti, paure e posizioni di principio. L'incontro di lunedì sera, in Biblioteca, è stata una di quelle formidabili occasioni che ciascuno di noi ha per aggiungere qualche altro mattoncino alla propria umanità.

Grazie a Giacomo, Stefano, Yvette e ai loro figli, al pubblico che ha voluto essere presente nonostante la grandine, perché ci hanno aiutato in questo sforzo!

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