(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 28 luglio 2013

Canavese reloaded - Tre


“Bene, Maurizio. E ora si va alla bersagliera, ok?”. Facile a dirsi. I bagagli ci appesantiscono. Però dalla Charlie Bravo alla stazione ferroviaria c'è un pezzetto di strada e rischiamo di perdere il treno. Charlie Bravo è la caserma Cesare Battisti di Aosta, dove io e Maurizio stiamo frequentando il corso AUC (Allievi Ufficiali di Complemento, retaggio del tempo in cui il servizio militare era obbligatorio). Le festività natalizie sono alle porte e ci spetta la “ministeriale”, alcuni giorni di licenza che consentono finalmente anche a noi che proveniamo dalle remote lande nordestine di rientrare a casa. Malgrado l'energia dei vent'anni e la tempra del duro addestramento a cui siamo sottoposti da qualche mese, la nostra corsa verso la stazione si rivela affannosa e siamo ben presto costretti a rallentare per riprendere fiato. Non possiamo perdere il treno: salterebbero tutte le coincidenze. Il primo cambio lo abbiamo a Chivasso, da dove si prosegue per Torino. Poi Milano, e infine Mestre. Maurizio mi accompagna fino a Treviso, poi ci saluteremo. Mentre col cuore in gola alterniamo tratti di corsa a rapide camminate miste a bestemmie rivolte ai nostri amorevoli addestratori che non ci hanno consentito di uscire prima di caserma, ci si affianca una Cinquecento. La signora alla guida ha intuito dai nostri bagagli dove siamo diretti e si offre di darci un passaggio. “A che ora avete il treno?”. Ormai manca poco. Stipate rapidamente le valigie sul cinquino, saltiamo a bordo e la nostra benefattrice parte sgommando, ansiosa di portare a termine con successo la sua buona azione. Una volta arrivati in stazione non abbiamo il tempo di ringraziarla a dovere, ma in questi casi sono gli sguardi a comunicare meglio: noi intuiamo la sua soddisfazione e lei la nostra riconoscenza. Il mio viaggio di rientro, al termine della breve licenza, non fu meno travagliato. Già a Mestre la maniglia della vecchia valigia di cuoio che aveva già accompagnato ben più avventurose emigrazioni familiari cede. Io non mi sento molto bene. Arrivato a Chivasso, sul trenino che risale la valle non ci sono posti liberi in seconda classe, ma siccome non mi reggo in piedi passo in prima e pago al bigliettaio la differenza di prezzo. Scoprirò alcuni giorni dopo, dall'esito degli esami che arriva dall'ospedale civile di Aosta, di avere un focolaio di broncopolmonite. Trascorro due settimane a letto, ricoverato nell'infermeria della caserma, preoccupato di vanificare improvvisamente tutto il lavoro già fatto. Il programma del corso è intenso e ammette soltanto un ristretto numero di assenze, oltre il quale si è automaticamente fuori. In infermeria c'è un telefono a gettoni, così riesco a chiamare più volte a casa simulando normalità. Per fortuna riesco a rimettermi prima del gong.

“Traià, traià, traià, la raspa del Paranà, traià, traià, traià, è l'ultima novità”. La suoneria del cellulare insiste sul ritornello, ma il suo anziano proprietario, impegnato a risolvere i cruciverba della Settimana Enigmistica, non mostra di aver fretta di rispondere. Saggezza senile. Nel trenino che sale verso Aosta non ci sono più gli scomodissimi sedili di legno. E' un avveniristico Minuetto con aria condizionata e display che informano i passeggeri sulla velocità di crociera, temperatura esterna e interna. Passa lungo ponti di ferro che scavalcano la Dora, si insinua nelle viscere della terra con lunghi tunnel già dalla partenza, passando sotto Ivrea, e poi penetrando il massiccio roccioso su cui poggia il Forte di Bard. L'unica differenza, da quando hanno elettrificato il tratto Ivrea-Chivasso, è che ora chi da Torino vuole andare ad Aosta ha un cambio in più, a Ivrea, da dove si prosegue col diesel. Innovazioni vantaggiose. Donnas, Verres, Montjovet, Châtillon, Chambave, Nus, Quart. Sonorità che richiamano alla mente antichi druidi e foreste magiche. Ad attendere il trenino oggi però ci sono signore islamiche velate. Ad Aosta, piazza Chanoux ha sempre un forte impatto scenografico. Crestani resiste eroicamente, preziosa oasi di dolce ristoro, la Standa si è trasformata in Oviesse, la Testafochi pare in abbandono. Verso il fondo di via Lexert, quando sto per arrivare in Charlie Bravo quasi non la riconosco, tant'è fasciata di impalcature. Diciotto milioni di euro per ristrutturare la caserma e l'eliporto di Pollein, dice il cartello di cantiere. Un tempo ci avrebbero pensato gli AUC.

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