(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

mercoledì 17 luglio 2013

Ferrara memories.

La prima volta arrivai al Festival Buskers di Ferrara nel 2003. Fu una decisione dell'ultimo momento: se trovo posto, prendo un paio di giorni di ferie e ci vado. Trovai una suite da 80mq in piazza Duomo, al costo di una dignitosa camera d'albergo (l'hotel era aperto da poco, ancora privo di bar per le colazioni, ed era in fase promozionale). Stavo proprio nell'occhio del ciclone: di notte, fino alle tre non c'era verso di dormire, a causa degli irriducibili che si trattenevano in piazza ben oltre la fine dei concerti. Alle sei passavano quelli della nettezza urbana a ripristinare la percorribilità delle vie. Tanto per dire che la mia idea di vacanza non coincide necessariamente col riposo: la posizione della camera dal punto di vista logistico era indovinata e la vista sulla città invidiabile. Arrivai un mercoledì, verso le cinque della sera, quando il centro cittadino iniziava la sua metamorfosi. Poi fu un'esplosione di musica e stupore. Ci tornai ogni anno, fino credo al 2007, trattenendomi ogni volta per l'intera durata del festival. Quel che segue è un breve diario dell'edizione 2006.

Martedì, 22 agosto

Urge fissare le impressioni di questo secondo giorno del mio periodo ferrarese, intenso e proficuo come non immaginavo. Oggi mi sono svegliato presto e sono tornato a Palazzo Schifanoia per vedere se erano terminati i lavori di restauro dello splendido ciclo di affreschi che ricordavo dal mio primo viaggio a Ferrara, nel 2003. Ho trovato delle custodi ciarliere, con cui mi sono trattenuto prima, durante e dopo la visita. Una di loro mi ha raccomandato di vedere gli affreschi di un convento di clausura fino al quale mi ero avventurato senza esito anche l'anno scorso. Arrivato sul posto, viene ad aprirmi una suora che poi mi farà da guida nella breve visita. Mi invita ad andare avanti mentre lei finisce di litigare con una consorella che, com'è ovvio, non vedo. Io intanto proseguo nella visita e ritornato al punto di partenza sento la religiosa che mi cerca preoccupata: “Ma dove sarà andato?” Quando mi trova ricominciamo la visita, questa volta, però, con aggiunta di spiegazioni, sollevamento di tende, aperture di grate e graticci. Mi pare di indovinare un suono familiare nella voce della gracile e anziana suorina, curva per il peso degli anni, e le chiedo di dov'è. “Io? Sono friulana, carnica”. Al mio sorriso, che scatta automatico, le si illumina il viso: “Mandi! Ma anche lei, allora! Mi pareve...” E così si informa, vuole sapere se vicino a Pordenone c'è un convento di benedettine e io rispondo che, per quel che ne so, ci dovrebbe essere un convento di clausura dalle parti di Poffabro o Frisanco. So che ce n'è un altro a S. Vito al Tagliamento. E poi le dico dell'abbazia di Sesto al Reghena. “Quella però è vuota”.

Mercoledì, 23 agosto

Pare proprio che il tempo si sia dilatato. Questa è soltanto la seconda giornata piena che passo qui, eppure l'impressione è che l'esperienza sia iniziata molto prima. Mattinata dedicata ai sopralluoghi. In primis mi sono fatto tutto Corso Ercole, fin sotto le mura. Sono arrivato alla porta degli angeli, che se non sbaglio è quella citata da Bassani, il posto dove si sarebbe trovato il giardino dei Finzi Contini. Sono andato poi a mangiarmi un'altra ottima insalata in un bar che è una piccola meraviglia. Si chiama Un piccolo particolare e oggi ho scoperto che mette a disposizione dei propri clienti un collegamento a internet del tutto gratuito. Se ci vai col tuo portatile puoi usufruire del loro hot spot wireless, altrimenti c'è una postazione, equipaggiata con Red Hat e Firefox liberamente disponibile.

Giovedì, 24 agosto

Prosegue l'esplorazione. Oggi ho sondato la parte sud della città. Volevo andare alla darsena e ho ripercorso la suggestiva Via delle Volte. La lenta camminata mi ha portato fino a un battello ormeggiato a riva, nel quale è stato ricavato un pub. Sulla strada del ritorno, dopo aver letto sulla guida ai musei e ai monumenti della città che a Palazzo Paradiso c'è da vedere un teatro anatomico del '700, mi decido a entrare in biblioteca. Una cortese signora dall'accento straniero (sembra russo) mi avverte però che il teatro non è visitabile. In compenso, nel cortile del palazzo, sono sistemati dei mobili da giardino, sedie, panchine, tavoli e ombrelloni, a disposizione dei visitatori. Dopo aver affidato in custodia alla caucasica matrona il mio zainetto rosso, mi siedo a leggere le Repubblica. Incredibile! C'è anche un bar, e i servizi igienici sono, ancora una volta, puliti, ordinati, forniti di tutto il necessario, come ieri al Parco Massari. Beati ferraresi, hanno proprio una città a misura d'uomo e di turista, aperta e disponibile. Nella bottega di libri usati che sta di fronte alla biblioteca e che ben conosco perché ci vengo ogni anno a fare un giro, trovo una minuta raccolta di poesie di Caproni e un decantato romanzo “chicano”. La signora alla cassa, al momento di pagare, dice che mi offre il caffè e mi regala Caproni (1 euro). In attesa di pranzare mi avventuro pigramente lungo la via Del giuoco del pallone (in centro storico le vie hanno dei nomi fascinosi e musicali che ricordano il passato medievale e rinascimentale).

Venerdì, 25 agosto

Continuo la mia lenta esplorazione di questa città che ormai comincio a credere non finirà mai di stupirmi. Quante soluzioni per mangiare, bene, a poco prezzo, un prezzo onesto, almeno, e per alloggiare in maniera confortevole! Quanta disponibilità! Bravi! Bravi, i ferraresi! Ieri sera mi sono imbattuto nel giovane contadino bielorusso suonatore di bayan, che ascoltai per la prima volta sotto la loggia del duomo di Conegliano. In realtà, si tratta di un concertista di vaglia, diplomato in conservatorio, un virtuoso preciso e appassionato, ma ha i tipici tratti, la solidità e l'umile semplicità del contadino caucasico, ed è per questo che lo chiamo così. Gli ho chiesto di farci ascoltare qualcosa per bayan ma mi ha risposto di essere troppo stanco. Assieme alla famiglia è qui da due giorni ma gli alberghi sono al completo e loro devono dormire in auto. La sera prima, invece, durante il mio pigro vagabondaggio, sono ritornato al mercatino etnico, dove sono stato attirato da un insieme di canne d'organo dai colori sgargianti che sputavano fumo. Le canne d'organo altro non erano che incensieri, ottenuti da canne di bambù, decorati con mascheroni a rilievo e pitturati coi colori dell'arcobaleno. Ne ho preso uno. Stamattina al Castello ho visitato la mostra del locale fotoclub: una serie di scatti che hanno fissato alcuni momenti della passata edizione del festival. Splendide foto! Mi sono messo sui banchi dell'infopoint del festival, ancora spogli e deserti, a leggere il giornale e poi, in attesa di pranzo, mi sono diretto verso Corso Giovecca. Ecco pronta, ancora una volta, la sorpresa, casuale, improvvisa e bellissima. Nella rotonda in cui lo scorso anno ci eravamo riparati dal temporale, con Sergio e Rosanna, ascoltando il luciferino Tupahn, quest'anno si sono acquartierati quelli del Grande Cappello. E qui i Pappazum, una esplosiva brass band piemontese, dà fiato alle trombe per un inatteso concerto aperitivo di raccolta fondi. Divertentissimi, simpatici e bravi musicisti. Poi si aggiungono Lele Ukulele e il suo compare, che si esibiscono in acustico per gli sparsi spettatori in una serie di cammei gustosissimi.

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