“(...) le macchine per ufficio della Olivetti erano vendute a centinaia di migliaia in più di 100 paesi. Spuntando in media un prezzo molto più alto rispetto ai costi di produzione. Da quei ricavi derivavano per la Società di Ivrea utili rilevanti. I quali però non si trasformavano, come invece avviene ai giorni nostri nella maggior parte delle imprese, in larghi dividendi per gli azionisti, né in compensi per i massimi dirigenti pari a tre o quattrocento volte il salario di un operaio, né in spericolate operazioni finanziarie” (Luciano Gallino, dalla prefazione al libriccino che riporta due discorsi di Adriano Olivetti ai lavoratori).I testi contenuti nel volume sono rilasciati con licenza Creative Commons. Un altro mondo è possibile.
e le note vengono aggiornate di quando in quando)
martedì 17 settembre 2013
Appunti piceni - Fermo (2)
“I Sabini proclamavano periodicamente la Primavera sacra (Ver sacrum) affinché le più devastanti sventure non colpissero i loro possedimenti, che rappresentavano gli unici mezzi di sostentamento. In tali occasione i bambini nati la primavera successiva, al compiere dei vent'anni non venivano immolati a una divinità, ma erano costretti dagli anziani a lasciare la propria comunità per cercare nuove terre da conquistare. Secondo la leggenda tale viaggio avveniva con il favore di un animale totemico che guidava i giovani designati verso la meta destinata. Nel caso dei Piceni fu un picchio...”. Le vie cittadine a Fermo hanno pendenze che richiedono garretti da alpino. Ma da questo punto di vista sono attrezzato. Giungo sulla spianata del Girifalco, in cima al colle Sabulo, sotto il vigile sguardo impietrito di San Sabino, che osserva da secoli processioni di cristiani arrancare sulla strada in salita che porta alla Cattedrale. E' questo il punto più alto della città, dove in origine sorgevano anche altri edifici religiosi e civili, successivamente distrutti. Il panorama è a 360 gradi. Si spazia dal mare ai colli, per arrivare fino alle montagne d'Abruzzo. L'ingresso delle Cattedrale è sbarrato. Al lunedì turno di riposo, come il resto dei musei. Il museo diocesano, invece, apre soltanto nei fine settimana. Dovrò rinunciarvi. Dal retro dell'abside prendo la tortuosa via della Rocca, che, dopo avermi offerto un inaspettato scorcio sulla statua di Sisto V che sta sopra l'ingresso al palazzo dei priori, mi conduce ripida in piazza. Mi accompagnano i pianoforti del conservatorio G. B. Pergolesi. Proseguo l'esplorazione del centro storico attraverso vie sinuose che tagliano i pendii del colle fino ad arrivare alla chiesa di S. Francesco e fuori le mura. Per fortuna, dalla Cassa dell'Artista per salire fino in piazza c'è un ascensore, che consente di allentare la morsa ai polpacci. Sotto casa, nei pressi del parcheggio in cui ho lasciato l'auto, c'è la bocciofila Santa Maria, ospitata in un'antica torre di guardia delle mura. Alcuni pensionati sono seduti a giocare alle carte. Di fronte a loro si stende la meraviglia della natura. Alla libreria Ubik trovo un paio di libretti a tema locale. Una volta pagati, noto su uno scaffale un libriccino di cui spunta soltanto la sommità della copertina e leggo: Adriano Olivetti – Ai Lavoratori. Lo afferro, do una rapida occhiata e lo aggiungo al bottino. Risulta pubblicato dalle Edizioni di Comunità. Strano, mi pareva che la casa editrice non esistesse più. Scopro invece che il rinato interesse per il pensiero olivettiano ha portato anche a una ripresa delle pubblicazioni. Il formidabile documentario che Rai5 aveva trasmesso un paio di anni fa proprio il I maggio ha di sicuro contribuito a togliere la polvere depositata nel corso degli anni su quella meravigliosa esperienza imprenditoriale e civile. L'anno scorso, a Ivrea, sono riuscito a trovare una copia de L'ordine politico delle Comunità, edizione 1946, il manifesto politico di Adriano, scritto durante l'esilio svizzero. L'ho pagato un occhio della testa, ma le condizioni del volume sono 'commoventi' (così disse il commesso della libreria). Non l'ho ancora letto.
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