e le note vengono aggiornate di quando in quando)
martedì 12 novembre 2013
Il paese degli allocchi
Leggo sul Messaggero Veneto il contributo di Luigi Campello sulla crisi del manifatturiero, che sollecita qualche riflessione. L'idea che un più intenso sviluppo di turismo e agroalimentare sia una delle strade da percorrere come alternativa a una produzione industriale non più competitiva mi trova del tutto d'accordo. Non saremo forse in grado di assorbire tutti i lavoratori impiegati in un settore ormai agonizzante e, di sicuro, i tempi per la riconversione non sono conciliabili con l’urgenza delle crisi diventate oggi di drammatica evidenza. Questi non paiono però motivi sufficienti per negare adeguate risorse e migliore attenzione alle possibili risposte. Il disinteresse che la politica dimostra da anni verso uno sviluppo strategico delle risorse culturali, artistiche, paesaggistiche, e perfino una dissennata avversità qui e là rivolta in tale direzione (si pensi alla vicenda della Film Commission), acuiscono le responsabilità di una dirigenza evidentemente miope. Sul passo di Monte Croce Carnico vi è un’opera difensiva approntata sfruttando i camminamenti della I Guerra Mondiale, mantenuta in esercizio fino al 1992 e ora ripristinata grazie al lavoro volontario di alcuni appassionati nella sostanziale indifferenza delle istituzioni. Quando viene aperta al pubblico (una o due volte l’anno, dato che ci si deve arrangiare) la curiosità e l’interesse per un pezzo di storia i cui ricordi sono ancora vivi richiamano numerosi visitatori. Ma quella che potrebbe essere l’opportunità per intercettare un proficuo flusso turistico e generare qualche ritorno economico (forse modesto ma non certo trascurabile, se si considerassero visite guidate, pubblicazioni, ecc.) viene sprecata. Ed è soltanto uno dei tanti esempi di possibili micro-soluzioni diffuse sul territorio. Tempo fa, per tentare una difesa d’ufficio dello stato desolante che affligge la circolazione dei treni lungo le poco appetibili linee locali, un incauto e alto dirigente invitò a tener conto che le ferrovie sono pur sempre un sistema industriale complesso. Non è che anche il nostro Paese sia troppo complicato per le capacità di chi lo sta gestendo?
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