Storie di carta stampata
Luciano De Crescenzo definiva “libridine” quella sorta di passione feticista che pervade alcuni estimatori di libri. Il piacere che si prova carezzando il dorso di una rilegatura eseguita a regola d'arte, l'ebbrezza suscitata dall'odore delle pagine, queste sono soltanto alcune fra le perversioni del libridinoso. Umberto Eco, invece, che non nasconde la propria inclinazione a frequentare le botteghe antiquarie di mezz'Europa a caccia di cinquecentine, preferisce definirsi bibliofilo. Ecco, malgrado i natali piemontesi, sento che il mio rapporto con i libri è molto più vicino all'ironia partenopea che allo snobismo sabaudo.
1. Fu probabilmente durante una delle edizioni di Umbria Libri, a Perugia, che venni a conoscere la Lega di Cultura di Piàdena. Sulle sedie sistemate per il pubblico nella Sala Cannoniera all'interno della Rocca Paolina, erano distribuiti alcuni fogli fotocopiati che dovevano servire a presentare il gruppo musicale “I giorni cantati”, una diretta filiazione del sodalizio padano. Quelle fotocopie riproducevano alcune pagine di una rivista, Il Nuovo Canzoniere Italiano, pubblicato nel 1976 dalle Edizioni Bella Ciao, dov'era riportata la cronaca dei fatti di Spoleto (1964). Leggere quelle poche pagine fu per me l'occasione per scoprire la storia di un'Italia sconosciuta, ricca di contrasti sociali e prevaricazioni. Qualche anno più tardi, a Gorizia, in occasione dell'annuale festival di storia, su una delle bancarelle che affollano la manifestazione scorsi alcuni numeri del Canzoniere, e fra questi proprio quello che riportava lo stralcio dal diario di Giuseppe Morandi. Conservo con cura quelle pagine ingiallite e macchiate dal tempo, che una rilegatura precaria non mantiene ormai più salde, come fossero un ex voto, un tributo riconoscente per avermi aperto gli occhi su uno spicchio inedito di realtà.
2. Per garantire l'integrità di un documento, in questi tempi di elettronica e bit si ricorre alla firma digitale, impiegando complesse funzioni di cifratura che soltanto la potenza di calcolo dei computer rende praticabili con relativa semplicità. Ma anche in epoca pre-digitale era fortemente sentita l'esigenza di rendere immodificabile un documento di particolare importanza, ad esempio atti giuridici. Fu così che presso gli studi dei notai si ricorreva alla marmorizzazione, che è una tecnica decorativa che imita una superficie di marmo, appunto. Applicata sui tre lati non rilegati delle pagine di un libro (i legatori li chiamano tagli), oltre al gradevole effetto decorativo questa tecnica consente di accorgersi a prima vista se dal libro viene poi elminata anche una sola pagina. Devo queste notizie a un giovane artigiano perugino (di origini calabresi, se non ricordo male), incontrato a Spilimbergo in occasione della festa della Macia qualche tempo fa. Il Mastro rilegatore esponeva sul suo banchetto alcuni pregevoli oggetti frutto della sua arte: quaderni per appunti con pagine di carta pregiata custodite da copertine in cuoio decorate a punzone; vecchi libri salvati dalla discarica e impreziositi da raffinate rilegature in pelle. Da lui acquistai un'edizione del Decameron coi tagli marmorizzati, con una copertina provocante: ogni volta che si prende in mano il volume non si può fare a meno di carezzarlo per apprezzarne il calore e la morbidezza esteriore.
3. E' merito di Laura Curino e del suo spettacolo visto al Deposito Giordani qualche lustro fa se ho saputo dell'esistenza di un altro Olivetti, l'ingegner Camillo, il fondatore della I.C.O., da cui poi si sviluppò quel miracolo imprenditoriale attorno al quale oggi ancora si ragiona. La sapiente narrazione dell'artista, un successivo documentario visto in televisione, qualche notizia raccolta in rete e sui giornali mi hanno talmente suggestionato da spingermi a visitare i luoghi dove si è sviluppata questa meravigliosa storia italiana. Durante il mio primo soggiorno a Ivrea ho percorso a piedi quasi tutta via Jervis, seguendo i pannelli informativi del museo a cielo aperto dell'architettura moderna, per vedere gli edifici e conoscere le storie. Massimo e Antonella gestiscono il b&b che mi ha ospitato. La madre di Antonella, come la maggior parte della gente di Ivrea e del Canavese, lavorava all'Olivetti. Massimo stava per laurearsi in filosofia con una tesi sull'ingegner Adriano. Mi mostrano alcuni libri, uno è stato pubblicato per i primi 50 anni della “fabbrica” ed è stato donato a tutti i dipendenti. Antonella mi dice che è stato ristampato in anastatica e lo posso trovare in una libreria del centro. Lo prendo senz'altro. Ma assieme a questo volume, nella intrigante Libreria Cossavella scorgo un'edizione 1946 de L'ordine politico delle comunità, il manifesto di questo inconsueto “imprenditore socialista”, scritto durante gli ultimi anni di guerra, mentre Adriano Olivetti si trovava esule in Svizzera. Il commesso della libreria dice che il volume è in condizioni commoventi. Sarà per questo che mi costa un occhio della testa.
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