(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

mercoledì 1 ottobre 2014

Fu nel mese di Ravador...

Il testo che segue è tratto da un numero della rivista “Ce fastu?”, pubblicata dalla Società Filologica Friulana. Risale al 1995. L'ho trovato interessante fin dalla prima volta che l'ho letto e per questo ne ripropongo un estratto significativo. Per quella che è la mia esperienza, in questa nostra società sempre più individualista e virtualizzata, forse Facebook in qualche modo riesce a sopperire alla mancanza di solidarietà collettiva propria della civiltà contadina e, in genere, delle comunità marginali.

La sera del 10 gennaio 1593, lungo la strada, sicuramente deserta, che dal piccolo villaggio di ovasta conduceva al paese di Ovaro, si muoveva Leonardo Guartano, impegnato a raggiungere, con probabile sentimento d'urgenza, il Signore Spettabile Leonardo Deciani, uno dei giudici nominati per quell'anno a comporre il Tribunale della Terra di Tolmezzo e momentaneamente ospite in Ovaro. Giunto, intorno all'ora prima della notte, nella “stupha” di Ser Mattia de Gonano, là dove si trovava il magistrato, Leonardo Guartano ebbe modo di spiegare il motivo di quel frettoloso tragitto serale:
”Io son mandato dal Commun, et homini della mia villa per denunciare a Vostra Signoria come in essa nostra Villa è seguito un nefando et inaudito caso...”
Iniziava così la vicenda processuale di Maria, figlia di Pietro Marcuz, “juvenis mediocris statura, pannis villicis, ex aspectu annorum viginti quinque...”, sulla quale si erano in quei giorni concentrati gli sguardi attenti, acuti, indagatori della comunità di villaggio a cui apparteneva. Ed il Guartano così proseguì la sua denuncia, motivata dal fatto che
”Maria, fiola di Piero Marcuz, pur di detta Villa, li passati giorni fusse discoperta et tenuta per gravida respetto al gran ventre che si vedeva esser in lei, et per qualche giorno habbia fento et simulato d'esser stata amalata, senza lasciarse visitare; hoggi, uscita di casa, apparso quasi a tutti del gonfiato ventre che in lei si vedeva, fusse in un subito sparso et semato, il che portava non poco meraviglia a tutti che havevano visto et vedevano, onde quasi tutte le donne della nostra Villa, per chiarirse di tal fatto, gli hanno posto mano sopra, et a viva forza hanno voluto vedere et conoscere se fusse occorso qualche sinistro inconveniente, il che per fare buttarono essa Maria a terra et li levarono dal seno le mamelle, dalle quali fatto prova et esperienza, trovarono che da quelle usciva latte in gran quantità, qual latte dimostrava a fatto che era stata pregna et gravida, et doveva haver partorito con qualche sinistro modo, qual finalmente Maria, dimandata per qual causa havesse latte in tanta quantità, et s'haveva partorito, rispose esser vero, dippoi haver perseverato in qualche negativa, haver partorito una putta; dimandata da esse donne dove si ritrovava tal creatura et mentre quella partoritte s'era viva o morta, quale li rispose che non sapeva di ciò darli conto, per il dolore che haveva, ma che dovessero andare nella tal stalla ad uso d'armente, che ivi la trovasimo sotto il Presepio, quo habito responso, si driciorno a quel verso, et cercato con qualche diligentia in una stala del sopra detto Piero Marcuzzo Padre, fu trovata una putta morta, posta sotto detto Presepio, involta in un panno di griso negro, con vederse esser sta coperta apostamente di molto sporchezio di detta stala, qual poi creatura, levata di esso loco, fu portata in casa di Piero sudetto suo Padre, dove hora si trova”.
L'esposto, circostanziato e dettagliato, presentato dal Guartano, spinse il giudice a predisporre un immediato sopralluogo: assistito dal suo cancelliere, raggiunse, in Ovasta, la casa di Pietro Marcuz, dove esaminò, “in angulo Camerae cubicularis”, il corpo senza vita della neonata e dove visitò scrupolosamente la stalla in cui il cadaverino era stato occultato. Esaurita questa prima ed importante fase dell'inchiesta, il magistrato si dispose a raccogliere le deposizioni delle sei donne che, nel caso in questione, si presentavano come le uniche testimoni della vicenda. Disse Simona, moglie di Sebastiano Picotti:
”questa mattina, avanti messa, viense in casa mia Maria retenta et me rese un pan et all'hora m'accorse che haveva fatto qualche disordine, per non si discoprir gravida, et così, andate noi donne in Piaza il dippoi desinare, et ragionando una con l'altra di tal gravidanza, sopra viense detta Maria con reprenderne tutte di quello che raggionavimo del fatto suo, mentendoci tutte per la gola: noi finalmente tutte se risolvessimo di chiarirse, poiche non volse lasciarse vedere le mamelle amorevolmente, anci con lo cortello si fece contra noi et specialmente contra me, le quali poi abbraciatola et buttata in Terra a viva forza, li cavassimo le tette dal seno, et trovassemo che da quelle usciva latte in abondanza, la qual cosa denotò a fatto che haveva partorito...”
E così si espresse Menia, moglie di Filippo Cimatori:
”hoggi in Piaza se mormorava che Maria, fiola di Piero Marcuz di questa Vila, havesse partorito, per molti segni che si vedeva in lei, il che havendo io inteso, andai subito a trovarla, et fermata avanti la Casa del Padre, la chiamai fuori con dirli che dovesse venir in Piaza, perche molti raggionavano del fatto suo...”
Ulteriori dettagli vennero forniti da Valentina, moglie di Giovanni Flumiani:
”li fu detto che era sta deliberato di vedere in qual stato si ritrovava, qual Maria, con qualche villania ne respondeva con dirne che non havevamo ad impaciarse di fatti suoi, et meno di manegiar le sue mamelle, se non in quanto che Piero suo Padre havesse così volesto...”
Anche Iacoma, figlia del quondam Sebastiano de Rudiella, confermò il carattere drammatico dei fatti accaduti nel villaggio:
”Sabato sera viense da me una puttina intorno anni otto, figliola di Cichino de Rudiella, et me disse simil parole: Anna Jacoma, Maria di Piero Marcuz ha fatto un putto, et così si dice per tutta la Villa; et io non credendo, volse hoggi insieme con altre donne chiarirme, et così dippoi desinare, essendo venuta in piaza, li fu detto da tutte noi che si diceva publicamente, che era stata gravida, et haveva partorito, et se così non era che poteva lasciar vedere s'haveva latte, o no, nelle mamelle, ma lei subito cominciò a dire di non voler lascirse vedere se suo Padre non glilo comandava...”
Emerge con evidenza, dalla lettura di queste deposizioni, l'alto grado di controllo esercitato dall'ambiente sul singolo, un controllo che si rendeva possibile grazie alla solida rete di relazioni sociali ed ai vincoli stretti che legavano i componenti delle comunità di villaggio collocate in aree geografiche marginali. La diffusa precarietà economica ed esistenziale rafforzava la solidarietà collettiva e creava quel complesso rapporto tra vicini che dava a tali comunità caratteristiche di elevata “connessione interna”. L'esigenza di salvaguardare il bene comune, di sorvegliare lo svolgersi dei lavori agricoli, di tutelare l'integrità dei possedimenti collettivi, boschi, pascoli e prati, la volontà di dare scansione regolare agli impegni e agli obblighi civici che soli potevano garantire l'identità dei villaggi, avevano consentito, ed anzi rafforzato, un riconoscimento pubblico alla delazione, come gesto utile ed indispensabile al mantenimento dei patti fra le famiglie, e alla condanna di tutte quelle infrazioni, trasgressioni, insubordinazioni che minacciavano di indebolire gli organismi comunitari. [...]

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