e le note vengono aggiornate di quando in quando)
mercoledì 22 ottobre 2014
Spendinreviù
Ce lo stanno ripetendo da anni: i soldi non ci sono, bisogna tagliare, tirare la cinghia, sopportare qualche sacrificio. E io, solito rompitasche mugugnatore, che da anni mi vado sempre più convincendo che invece di quattrini ce ne sono parecchi, però vengono dispersi in mille rivoli, e finiscono sprecati come l'acqua delle condotte pugliesi. In Friuli Venezia Giulia, per esempio. Dove sono vigenti norme regionali di antico impianto con le quali si accorda una doverosa tutela al patrimonio storico-artistico locale. “Ad integrazione della tutela esercitata dallo Stato, a norma dell' articolo 9 della Costituzione e delle vigenti leggi sulla protezione delle cose d'interesse storico - artistico e delle bellezze naturali l' Amministrazione regionale è autorizzata: (…) a promuovere ed effettuare il restauro del medesimo patrimonio”, così principia la Legge regionale 21 luglio 1971 , n. 27 al suo articolo 1. Precisando peraltro che “I proprietari dei beni mobili di valore artistico, storico o culturale, già catalogati ed inventariati, hanno titolo a fruire del beneficio del restauro dei medesimi a cura e spese della Regione”. La Legge regionale 23 novembre 1981 , n. 77, poi, all'articolo 14 stabilisce che “L' Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi annui costanti, per un periodo non superiore ai 20 anni, fino alla misura del 7% della spesa riconosciuta ammissibile, a favore dei proprietari di immobili che presentino notevole valore artistico, storico o culturale per il restauro e la sistemazione degli immobili stessi”. Capita così che un privato cittadino proprietario di un edificio catalogato come abitazione rurale di costruzione ottocentesca si veda concedere 500 mila euro a ristoro delle spese necessarie a rifare la copertura e la facciata dell'immobile in questione. Al vederlo, a me il manufatto pare più somigliante a un palazzo gentilizio, sia pur di nobiltà rustica e paesana. Siccome però a catalogare il nostro patrimonio culturale ci pensano fior di professionisti, adusi ad attenersi a rigorosi criteri scientifici, la mia impressione può esser derubricata a ingenuo svarione, e pazienza. Premesso che il contributo concesso è da ritenersi assolutamente legittimo, in quanto erogato sulla base di precise norme vigenti, e che il proprietario dell'immobile bene ha fatto ad avvalersene, l'episodio però mi stimola alcune riflessioni. Punto primo, la questione del tirare la cinghia. Che i quattrini non ci siano è evidentemente una balla, visto che la nostra regione può destinare una parte delle proprie risorse a finanziare leggi volte alla tutela del patrimonio culturale (per rimanere sul tema, ché se volessimo addentrarci nel campo dei contributi ad associazioni della più varia natura si aprirebbe un ragionamento infinito...). E siccome spetta alla Politica decidere le priorità di investimento, risulta altrettanto evidente che o la storia delle famiglie che non arrivano alla quarta settimana è una montatura (almeno nei termini catastrofici in cui ci viene periodicamente somministrata), oppure di quei cittadini alla politica poco ne cale. Non più di quanto le importi il ripristino del tetto di un edificio. Con questo non voglio di certo negare (proprio io!) che sia una necessità strategica destinare risorse qualificate alla valorizzazione delle nostre ricchezze culturali, storiche, artistiche, architettoniche, ecc. Mi sorge però spontanea una seconda perplessità, a questo proposito. Se il privato proprietario dell'immobile in questione è riuscito (in maniera del tutto lecita, beninteso) a ottenere un così cospicuo contributo, o a quel capitolo di spesa sono state assegnate risorse importanti, oppure ben pochi altri soggetti, pubblici o privati, hanno concorso all'assegnazione dei fondi disponibili. E' ben vero che l'onere a carico della regione, in questo caso, viene ripartito in 20 annualità, e dunque il carico sui singoli bilanci si riduce a un ventesimo della somma deliberata, però pensando ai crolli di Pompei o alle precarie condizioni in cui versa il museo archeologico di Aquileia, tanto per fare soltanto due riferimenti a caso, non riesco ancora a capacitarmi di come possa esserci tanta incoerenza. Mi si dirà che nell'un caso, Pompei, e nell'altro, Aquileia, la competenza è statale, e la nostra regione nulla c'entra. D'accordo. Ma lo sconcerto nel registrare il disordine e la conseguente precaria tenuta del sistema-paese non si riduce. E' del tutto evidente che il problema non è la mancanza di risorse finanziarie, ma la loro allocazione. Che le finalità sottese alle norme qui citate siano irreprensibili, non è tema di discussione. Sulle modalità pratiche con cui, in aderenza alle medesime norme, vengono distribuiti i quattrini, le perplessità rimangono. Anche perché, nel caso specifico, l'edificio è di proprietà privata e adibito a civile abitazione del proprietario e della di lui famiglia. In casi del genere, magari, la normativa potrebbe subordinare la concessione di contributi così importanti alla cessione della proprietà del bene restaurato. Anche della sola nuda proprietà, mantenendo l'usufrutto vitalizio a favore degli occupanti (e non degli eredi, ad esempio). Nei giorni a venire, quando alle prime luci dell'alba andrò in edicola ad acquistare il giornale, attorniato dal gelido buio dell'inverno, guardando le tristi sagome dei lampioni, sonnecchianti a causa spending review, non potrò fare a meno di pensare a un mio più fortunato concittadino, che per ristrutturare casa deve soltanto bussare alla porta di un ente pubblico e passare in cassa a ritirare i quattrini derivanti dalle trattenute mensili sul mio stipendio.
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