E Radetzky disse: "Scelgo la Via alta"
Se la popolazione di Pordenone, a mezzogiorno del 30 aprile 1855 poté accorrere festante alla stazione ferroviaria che odorava ancora di fresche vernici, ad accogliere il primo treno che, impavesato e carico di illustri personaggi dell'Imperial regio governo arrivava da Venezia, lo dovette all'impegno costante ed assiduo, quasi al limite della cocciutaggine, profuso da alcuni anni da pubblici amministratori, veneti e friulani, per sostenere la scelta della cosiddetta variante alta della linea ferroviaria Veneto-Illirica che l'Austria si apprestava a realizzare, per raccordare la ferrovia Ferdinandea che da Milano raggiungeva Venezia, con la strada ferrata che da Trieste, passando per Lubiana e Graz, arrivava a Vienna, collegando le fertili pianure italiane e l'Adriatico con il cuore dell'Impero asburgico. Era il 1849 quando, sconfitto il Piemonte in quella che la nostra storiografia chiamò poi la prima guerra di indipendenza e spenti nel sangue i focolai rivoluzionari che, se avevano scaldato il cuore e spesso armato il braccio di tanti giovani in tutta l'Europa, avevano gettato nel panico regnanti e patriziato, al punto da indurli a una spietata e feroce quanto ottusa repressione, nel regno Lombardo Veneto, costituito dopo che la pace di Vienna (1814-1815) aveva assegnato all'Austria Lombardia, Veneto e Friuli, venne ripreso il grande progetto di una rete ferroviaria che, sulla scorta di quanto stava avvenendo un po' dappertutto nel Vecchio e nel Nuovo continente, prometteva sviluppo e progresso. La Imperial regia privilegiata Strada ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta come, nello stile dell'epoca, pomposamente si chiamava la ferrovia da Milano a Venezia, era stata cominciata nel 1835 e quindi era ormai quasi completata (cosa che avvenne nel 1852) e sul Semmering, fra Stiria e Bassa Austria, si stavano mettendo le paline per il traforo progettato da Carlo Ghega: era giunti il momento di completare la rete, con un raccordo attraverso le province orientali. Era, appunto, la ferrovia Veneto-Illirica. I percorsi ipotizzati erano due: il primo da Mestre passava per Treviso e da qui proseguiva per Sacile, Pordenone, Casarsa, Codroipo (il proseguimento per Udine rimase in forse fino al 1852) ed era detto Via alta o Superiore; il secondo da Treviso deviava per Oderzo, Motta di Livenza, quindi S. Vito al Tagliamento, Codroipo (con un ulteriore ipotesi di variante per Portogruaro e Latisana), ed era detto Via bassa. A questo punto era evidente che la scelta di questo o quel percorso non poteva essere indolore per le popolazioni delle zone che sarebbero rimaste escluse. Il primo a farsi avanti, nel 1849, con un esposto articolato che rilevava i molti vantaggi di una scelta della linea alta, fu il podestà di Conegliano, nob. Francesco Concini. Anche perché aveva saputo che nella zona di Oderzo erano comparsi degli ingegneri ferroviari per fare rilevazioni. Due suoi delegati andarono a Verona, dove presentarono ed illustrarono il documento all'ing. Luigi Negrelli di mondelba, da poco nominato a capo della Direzione superiore delle pubbliche costruzioni, che aveva competenza, fra l'altro, anche sulle nascenti ferrovie. Negrelli, uno dei massimi esperti in Europa nella costruzione delle strade ferrate ma da anni universalmente conosciuto e stimato quale progettista del Canale di Suez, era allora sulla cinquantina. Dopo averli cortesemente ascoltati, con i delegati veneti si tenne sul vago, pur apprezzando, disse, il fatto che le locali amministrazioni si interessassero alla realizzazione delle grandi infrastrutture pubbliche, esortandoli comunque a farsi parte diligente presso le amministrazioni di tutti i comuni interessati per raccogliere le adesioni alla richiesta (più popolazioni supplici, aveva detto, avrebbero favorevolmente impressionato l'Imperatore) e, nel contempo, per assicurare che si sarebbero spesi presso i privati per superare eventuali posizioni contrarie e contenerne nel ragionevole le richieste di indennizzi. Nel lungo discorso di Negrelli spuntò anche l'ineresse militare, strategico dell'opera. Vanno bene le prospettive di sviluppo dell'economia e del maggiore benessere delle popolazioni delle zone attraversate, disse l'alto funzionario, ma la decisione finale non può che essere condizionata al parere favorevole delle massime autorità militari. In altri termini, anche se formalmente l'ultima e definitiva parola era dell'Imperatore Francesco Giuseppe, molto importante sarebbe stato ciò che sul tracciato avrebbe detto, consultandosi con i suoi generali, il Governatore generale (quello che sui nostri libri di storia è indicato come Viceré) del Lombardo Veneto, il vecchio (allora aveva 83 anni) feldmaresciallo Johann Joseph Franz Karl Radetzky, conte di Radetz, che aveva sconfitto Carlo Alberto nella "fatal" battaglia di Novara, costringendolo all'esilio. Il discorso, a questo punto, merita una breve digressione. E' fuor di dubbio che nel valutare l'opportunità della realizzazione delle grandi opere dell'ingegno umano, nel passato, ma anche ai giorni nostri, una parte consistente l'abbiano considerazioni di carattere militar-strategico. Il tracciato delle strade, la costruzione di ponti e viadotti, la stessa ubicazione dei centri abitati è stata sempre condizionata anche da valutazioni di ordine militare. Un esempio: lo scartamento, cioè la distanza fra i due binari, è stata differenziata rispetto al resto dei Paesi europeri da Russia e Finlandia e da Spagna e Portogallo, soprattutto per evitare, in caso di guerra, l'ingresso di materiale rotabile del nemico. Anche le cosiddette servitù militari (e che sono state modificate nell'ultimo decennio proprio per il cambiamento della situazione strategica) che hanno afflitto per decenni le regioni italiane di nord est, impedendo persino che si cambiassero le colture agricole o che, nei vecchi edifici, si aprissero finestre con un dato orientamento, hanno sempre subordinato al parere favorevole degli alti comandi militari l'apertura di nuove strade (autostrade comprese), la costruzione di bacini idroelettrici in montagna, pesrino la conservazione dei binari di linee ferroviarie dismesse perché non ritenute più utili, come è accaduto per i binari da Pordenone alla Comina, primo tratto della mai realizzata ferrovia per Aviano, intoccabili per oltre mezzo secolo. E' per questo motivo, che affincandosi all'iniziativa del Concini - aderendo al suo invito, una delegazione pordenonese il 21 novembre 1849 aveva partecipato, insieme a quelle di altri centri interessati, ad una riunione svoltasi a Serravalle, oggi Vittorio Veneto - il comune di Pordenone in una memoria presentata allo stesso Negrelli il 20 febbraio 1850, sottolineava, insieme a valutazioni di ordine economico (le industrie tessili già fiorenti nel territorio), demografico (un bacino di oltre 300 mila abitanti, rispetto ai poco più di 100 mila della bassa), sociale (un'economia basata su opifici e commerci, più che su grandi proprietà terriere), anche quelle di carattere militare (una maggiore sicurezza strategica assicurata dal tracciato sotto la linea pedemontana, mentre la bassa, con le sue spiagge, poteva essere soggetta a sbarchi di eserciti ostili). comprese le vaste e incolte praterie dell'alto pordenonese, ideali per l'addestramento di truppe e l'insediamento di guarnigioni.
(continua...)
e le note vengono aggiornate di quando in quando)
domenica 28 dicembre 2014
La via alta (prima parte)
Era da un po' che avevo in animo di pubblicare questo documento, sollecitato dai post di un vecchio amico che di recente ha scoperto il piacere della condivisione online tramite i social network. Nel maggio del 2005, la rivista "Eventi" - Periodico di cultura, storia, politica e attualità - pubblicò uno dei suoi numeri monografici interamente dedicato allo sviluppo dei collegamenti ferroviari nel pordenonese. Ricorreva quell'anno il 150° anniversario dell'inaugurazione della linea ferroviaria che il Governo del Lombardo Veneto aveva voluto per completare la rete dell'Imperial regia privilegiata Strada ferrata Ferdinandea. Il pezzo che riporto tratta della scelta che si rese necessaria all'epoca fra i due tracciati opzionali proposti dagli ingegneri. Lo ritengo un documento di storia locale particolarmente interessante e per questo lo condivido volentieri.
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