(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

sabato 24 gennaio 2015

DNA Alpino memories

Nell'agosto del 2006 mi trovavo a Ferrara per seguire i Buskers, quando ricevetti la telefonata di Filippo, che mi disse di far parte di un neo costituito comitato di redazione impegnato a realizzare di un libro e mi chiese se lo autorizzavo a pubblicare il mio pezzo. "Scusa, ma di cosa stiamo parlando?" replicai piuttosto confuso. "Ok", disse lui, "facciamo finta che tu non sappia niente". E mi spiegò per filo e per segno. Mi ero completamente scordato che alcuni mesi prima Gianmario, uno dei miei compagni di corso alla Scuola Militare Alpina di Aosta, mi aveva segnalato che un gruppo di volenterosi ex-allievi aveva intenzione di pubblicare un'antologia di racconti con tema il nostro periodo di naia. "Se vuoi contribuire anche tu, manda pure a me." E così feci. Nell'autunno di quell'anno fu organizzata in grande spolvero la presentazione ufficiale del libro, nei locali di Palazzo Marino, a Milano. Lì ebbi l'occasione di scoprire l'esistenza dei Ragazzi di Aosta '41, un manipolo di arzilli vegliardi, chi reduce dalla campagna di Russia, chi reduce dalla Grecia, che manifestavano una grinta da far invidia a qualunque giovane virgulto. In un anonimo albergo milanese trascorsi allora una notte insonne, a causa dell'incontenibile eccitazione, e maturai l'idea di organizzare una presentazione del libro anche a Cordenons. Le cose funzionavano così: una settantina di ex-allievi della SMALP avevano scritto dei pezzi in cui illustravano la propria esperienza militare durante il servizio di leva; un comitato di redazione (anch'esso composto da ex-allievi) aveva amalgamato il tutto; altri volenterosi si sarebbero occupati della distribuzione, attraverso presentazioni che ognuno organizzava nella propria città. Tutto a titolo di volontariato entusiasta. I proventi delle vendite sarebbero andati a finanziare il restauro del Rifugio Contrin, uno dei rifugi storici del CAI. Fu così che, rientrato a casa, iniziai a lavorare a questo ambizioso progetto. Sì, perché volevo fare le cose in grande. La sala che avevo in mente era l'auditorium del Centro Culturale Aldo Moro, 440 posti che bisognava riempire. Presi contatto con la Sezione ANA di Pordenone e con l'UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo), per ottenere la loro collaborazione; chiesi la sala al Comune, precisando che il progetto era a budget zero: soldi non ce n'erano. Per cui, se non fosse stato disponibile l'auditorium, gli Alpini già mi avevano proposto un'altra soluzione. Da come lo ricordavo io, questo gioiello di Centro Culturale, che ho visto nascere dalle finestre del laboratorio di disegno delle scuole medie e che ci viene invidiato da molti, era la sede ideale. Ricordavo di avere a suo tempo assistito in auditorium a proiezione di film, tra cui una splendida rassegna su Bruno Bozzetto. Quindi un proiettore doveva esserci. E a me serviva. In particolare, ricordavo che la struttura disponeva di un bar, e trattandosi di kermesse alpina, ognuno può facilmente comprendere quanto questo dettaglio possa non essere insignificante. Nell'incontro che ebbi con l'allora Assessore alla cultura, sul finire dell'anno ricevetti qualche delusione. Per la sala, sì, se ne poteva parlare; il proiettore c'è, sicuro, ma è rotto da tempo immemore. Il bar non c'è più. Evidentemente, quella che io ricordavo come una struttura appetibile era stata nel frattempo abbandonata a sé stessa e ora bisognava metterci mano. La nuova giunta si era insediata da qualche mese e le cose da fare erano tante. Senza perdermi troppo d'animo proseguii nel mio lavoro, che mi avrebbe impegnato per i mesi successivi. Il D-day era fissato per il 10 di marzo 2007. C'era da prendere contatti con il coro, fissare il programma della serata, trovare un ospite "speciale" (sembrava inizialmente che potesse intervenire Bruno Pizzul, ma precedenti impegni di lavoro non resero possibile la sua presenza), ecc. ecc. Quell'esperienza mi consentì di conoscere persone e realtà locali stupende. A San Vito al Tagliamento opera il Comitato per il Libro Parlato, che è un'associazione di volontariato i cui "donatori di voce" si prestano a registrare su supporto magnetico testi di ogni genere a vantaggio di persone non vedenti (fanno molto di più, ma per approfondire basta andarsi a vedere il loro sito). Un donatore del Libro Parlato si offrì successivamente di riversare su mp3 l'intero testo del libro (352 pagine, non proprio un bigino...): conservo ancora con grata riconoscenza il CD. La presidente dell'associazione si mise a disposizione con l'entusiasmo di una ragazzina per procurarmi i lettori a cui sarebbero stati affidati alcuni brani tratti dal libro che dovevano intervallare le relazioni degli ospiti. Il direttore del coro ANA di Roma (che sarebbe poi venuto a Cordenons il 10 marzo) mi trasmise via mail lo spartito di una canta alpina da lui musicata su testo di un autore locale (che era anche il testimonial migliore che potessi sperare di avere per quella serata, ragazzo di Aosta '41, reduce dai campi di internamento nazisti). La direttrice del coro ANA di Cordovado si fece in quattro per far provare il pezzo ai suoi coristi senza sfigurare di fronte al collega romano e offrì al pubblico uno spettacolo emozionante. Il conduttore a cui avevo affidato la serata, mio antico sodale e complice in orchestrine sgangherate ad assetto molto variabile, gestì il palco con maestria e professionalità. La collaborazione da parte dell'ANA, a livello di Sezione e di Gruppo locale, si rivelò piuttosto deludente. La sera prima del giorno fatidico il Capo Gruppo locale mi chiamò per informarmi che sarebbe intervenuta una loro delegazione, ma senza cappello alpino. Soltanto chi ha fatto la naia fra le nostre montagne può comprendere il significato di questo gesto. In tutte le altre presentazioni organizzate nel resto d'Italia, i Gruppi ANA locali sono intervenuti sfoggiando con la consueta fierezza il loro copricapo. A Cordenons no. Il Gruppo ANA di Fossalta di Portogruaro mi chiese qualche mese dopo di replicare anche da loro la presentazione di DNA Alpino e lì le cose funzionarono in maniera alquanto diversa: si occuparono loro di tutto. A me fu sufficiente portare i relatori e le copie del libro da distribuire agli intervenuti. Malgrado la scarsa pubblicità fatta dall'ANA alla presentazione di Cordenons (successivamente, online, raccolsi lamentele di iscritti che dicevano di non essere stati informati dell'evento), l'azione di marketing parallela, attraverso distribuzione di pieghevoli, mailing, comunicati stampa alle testate locali, che offrirono generosa copertura all'evento, consentì di portare in sala il 10 di marzo almeno 150 persone, che acquistarono 70 copie del libro. Per me, una delusione. Per gli altri colleghi del comitato di redazione, un successo. In ogni caso, quella faticosa esperienza, come dicevo, mi consentì di conoscere persone meravigliose e di stabilire legami di amicizia che durano tutt'ora, e il bilancio finale, pertanto, non può che essere di grande soddisfazione.

2 commenti:

  1. Ma perchè la sezione ANA di Cordenons si comportò in modo così scorretto?

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  2. Mi sono interrogato anch'io sui possibili motivi per cui, tanto dalla Sezione di Pordenone (che raggruppava, all'epoca 7.500 iscritti in Provincia), quanto dal locale Gruppo, dopo l'iniziale disponibilità, ci sia stato prima un "intiepidimento", per arrivare poi a quello che mi pare possa essere definito, senza che nessuno si offenda, un vero e proprio sgarbo, che non ha trovato eguali in tutte le altre presentazioni del libro svoltesi in Italia.

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