(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

venerdì 2 gennaio 2015

La via alta (seconda parte)

Proseguo con la pubblicazione del mini-saggio datato 2005 e dedicato a quel tratto di ferrovia del Lombardo-Veneto che più da vicino interessa la città di Pordenone (chi fosse interessato, può leggere qui la prima parte), ricordando la bibliografia che viene riportata in calce, nell'originale. A testimonianza della serietà e del rigore con cui l'articolo è stato scritto.

- Candiani V. "Pordenone - Ricordi cronistorici. 1902
- Benedetti A. "Storia di Pordenone" Ed. Il Noncello, 1964
- Mio L. "Quel treno per Pordenone", rivista La Loggia, Nuova serie, anno 2, n. 1 e 2
- Documenti della Collezione Sagard, Pordenone.

I casi della vita sono davvero imprevedibili. Avevo probabilmente letto a suo a tempo questo saggio, magari velocemente, ma di certo non ricordavo il curioso episodio che vi viene citato, e che mi pare di assoluta attualità. Si potrebbe quasi dire che si tratta di un fenomeno di xenofobia intestina, una nemesi preventiva, leghismo fratricida. Tanto per ribadire che, nel corso della storia, certi fenomeni sono ricorrenti.
Nihil sub sole novum.
Curiosamente della delegazione pordenonese che incontrò l'ing. Negrelli, faceva parte anche il direttore generale del cotonificio di Torre, Giovanni Davide Schnell Griot, persona che nel prosieguo delle trattative si rivelò molto utile per la sua amicizia e comunanza di affari, maturate nell'ambiente della borghesia imprenditoriale triestina, dalla quale entrambi provenivano, con l'allora ministro del Commercio austriaco, barone Carl Ludwig Bruck, al quale Negrelli faceva capo. Bisognava comunque fare presto, perché la linea da Venezia fino a Treviso era già stata completata ed inaugurata ufficialmente nell'ottobre di quello stesso anno. Un importante asso nella manica dei propugnatori della cosiddetta Via alta fu tuttavia determinato dal caso. Nel 1851 un'alluvione di eccezionale portata (la più disastrosa da un quarto di secolo a questa parte), colpì la bassa pianura veneta e friulana, provocando gravi danni a campagne ed abitati. Dopo la visita di una delegazione mista a Vienna l'11 febbraio 1852, per incontrare il nuovo ministro del Commercio, Andrea Baumgartner, succeduto a Bruck, e dopo un sopralluogo di tecnici, nel mese di luglio, con un decreto dell'imperatore Francesco Giuseppe, venne decisa la costruzione della ferrovia da Treviso per Sacile e il Tagliamento. Fu quindi scelta la Via alta. La ferrovia era prevista a due binari, fatta eccezione per gli attraversamenti dei ponti sul Piave e sul tagliamento, su un solo binario, con uno stanziamento di 5.300.000 fiorini. Completati i progetti esecutivi e i rilievi da parte di squadre di tecnici, vennero avviate le pratiche di esproprio dei terreni con procedure il più possibile semplici e veloci, per evitare lungaggini e contenzioso; nei comuni compresi nel tracciato, apposite missioni procedevano alle valutazioni dei terreni che sarebbero stati attraversati dalla ferrovia e lo notificavano ai proprietari, che erano poi invitati a comparire, per concordare l'entità dell'indennizzo. Gli espropri cominciarono nell'autunno del 1852 e proseguirono fino a tutto il 1853 mentre nei tratti dove le procedure erano state completate, venivano avviati i lavori, appaltati ad importanti ditte. In un documentato studio sulla ferrovia a Pordenone, pubblicato sulla rivista della Propordenone La Loggia, il professor Luigi Mio ricorda un curioso episodio che può, a nostro avviso, offrire motivi di riflessione anche per quanto riguarda vicende di attualità. La costruzione di questa imponente opera richiese, naturalmente, l'impiego di un considerevole numero di operai, ai quali era affidato, in mancanza di attrezzature tecniche idonee, la maggior parte del lavoro. Moltissimi erano i lavoratori che venivano da altre zone, in particolare lombardi. Come faceva rilevare nel febbraio 1854 in un suo esposto alle superiori autorità il delegato provinciale di Treviso, riferendosi alla tratta da Conegliano a Sacile, sulla quale era impiegato un migliaio di lavoratori, questa situazione creava malumori fra la popolazione, che attribuiva a quei forestieri non solo di togliere il pane di bocca ai locali, ma anche di essere responsabili di furti e di altre ribalderie, anche se spesso quelle accuse, precisava, servivano a coprire malefatte locali. Preoccupato per il mantenimento della pubblica quiete e paventando disordini, il delegato chiedeva non solo che si imponesse agli appaltatori di assumere preferibilmente braccianti del paese e di sostituire con essi i lombardi che se ne fossero andati, ma nientemeno che il rinforzo di una compagnia di soldati, non ritenendo che la decina di gendarmi cui era affidata la sorveglianza, fossero sufficienti. Fortunatamente senza ottenere soddisfazione. Come la pensassero al proposito le superiori autorità è dimostrato dalla risposta che lo stesso ing. Negrelli diede in un'altra circostanza. Precisando che in lavori a spese dello Stato tutti i sudditi del Lombardo Veneto godevano di eguali diritti, Negrelli scriveva al ricorrente che "se gli operai lombardi abbandonando il luogo natale e la famiglia, vennero a procacciarsi un pane nella provincia di Treviso, anche gli abitanti di questa potranno fare lo stesso con perfetta reciprocanza". e l'occasione gli poteva essere offerta dal prossimo avvio dei lavori delle nuove ferrovie da Coccaglio e Bergamo e da Verona a Bolzano. La ferrovia da Treviso a Pordenone venne completata nel marzo 1855, con la prima, positiva corsa di prova il 28 e i collaudi dell'11 e 12 aprile. Anche questi tutti positivi. Anzi la commissione fu particolarmente soddisfatta del tronco Sacile-Pordenone, con un apprezzamento particolare per il ponte in pietra, ad un solo arco, sul fiume Livenza. Aperto, per il momento solo al traffico passeggeri, il percorso da Venezia a Pordenone il 1° maggio 1855 (il giorno successivo, cioè, all'inaugurazione ufficiale), i lavori proseguirono verso Udine, secondo il tracciato definitivamente deciso nel novembre 1852, che escludeva, almeno per il momento, l'arrivo della ferrovia a S. Vito al Tagliamento, come avevano sperato le popolazioni locali.

(continua...)

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