(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

martedì 20 gennaio 2015

Quo fata trahunt

Passandoci davanti, non si può fare a meno di notare quella scritta stentorea, scolpita nella pietra, che incombe sugli ignari passanti. A chi, come me, digiuno di studi classici, non conosce il latino né la letteratura delle origini, il significato della frase rimane oscuro. Qualche anno fa una persona speciale, un vegliardo che continua con caparbio entusiasmo a recuperare dalla memoria personale e collettiva esperienze e ammaestramenti quanto mai attuali, cedendo alle mie pressanti lusinghe, volle condividere con me una delle sue più recenti fatiche. Ci si riferisce qui alle gioiose fatiche del ricercatore, alle gratificanti stille che imperlano la fronte del divulgatore. Per motivi diversi, all'epoca non riuscii a pubblicare sul mio blog questo suo contributo. Volentieri metto a disposizione dei miei 25 lettori il suo lavoro, che offre preziosi appunti di storia pordenonese e interessantissimi spunti di riflessione per tutti.

Ad Enea che, perdute alcune navi, era indeciso se continuare o no il viaggio che stava compiendo per ordine del Fato. un fanatico urlò:
QUO FATA TRAHUNT RETRAHUNTQUE SEQUAMUR QUICQUID ERIT
Urlò cioè: – Al Fato bisogna obbedire, a tutti i costi!
Enea aveva chinato la testa e alzato le vele.
In quei lontanissimi anni
– stiamo parlando di trentadue secoli fa –
credevano al Fato e ad esso tutti obbedivano.
Domanda. Come mai negli anni trenta del secolo scorso
posero tali parole sul frontone della Casa del Mutilato,
quasi fossero un comandamento anche per noi?
Ma quelle parole erano un comandamento!
Negli anni trenta del secolo scorso in Italia
comandava un Fato (chiamato regime) che aveva eliminato
– ma eliminato nel senso più vero del termine –
opposizioni e libertà e quelle parole ordinavano:
– Dovete obbedire!
E noi obbedimmo, con i risultati che ben conosciamo.
Oggi quelle parole – oramai fuori del tempo –
nulla possono dire e tanto meno qualcosa ordinare
a uomini liberi.
Ridotte, quindi, a mero fregio murale senza significato?
Non proprio: qui è richiamata alla memoria la loro epoca,
– per noi carica di sofferenze, per noi vera malattia –
e quelle parole ora sono un chiaro monito contro ricadute.
Scelte da un regime a propria eterna potenza e gloria,
eccole lì a denunciarne il fallimento, eccole “ordinare”
che avventure simili debbono essere rifiutate “a tutti i costi”. Con buona pace di ogni partito-fato.
Finalmente sono utili: stanno lassù a ricordare a tutti
l’impegno alla libertà.
Alta la fronte, Casa del Mutilato!
Pordenone ti guarda e ascolta.

3 commenti:

  1. Io trovo che questo passo di Virgilio sia straordinario

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  2. Che a qualcuno dei cosiddetti benpensanti non venga in mente di eliminare tale scritta perché ci ricorda il famigerato fascismo che è morto e resterà un brutto ricordo nei libri di storia e solo qualche mente bacata può rimpiangere.Lo stesso discorso vale per l'ideologia comunista .

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