(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

martedì 8 dicembre 2015

L'incantesimo dei manoscritti

Queste carte, probabilmente avvolte in rotoli, abbandonarono Gerusalemme nel 1187. L'anno in cui Salah ad-Din la riconquistò all'Islam, concedendo ai cristiani di portarsi in salvo, assieme ai loro arredi. Senza trarre vendetta, lui, principe curdo sunnita, il difensore della vera fede, per il massacro che qualche anno prima quegli stessi cristiani avevano compiuto nella Città Santa, passando a fil di spada in prevalenza vecchi, donne e bambini. (…) L'alito del deserto ha il sapore della sabbia. La puoi avvertire nella saliva, lungo le aride piste della fuga. Mani tremanti hanno affidato questo tesoro al basto di un asino. Assieme ad altri manoscritti, vasellame, ampolle di olio consacrato, qualche reliquia. I profughi sono tutti uguali, nei loro stracci grigi. Anonimi. Prendono quello che possono, oggi come allora. Il poco che gli resta, cui non sanno rinunciare. Lasciano tutto il superfluo. Vita e nome. Si accalcano nella fiumana di vie senza luce, spinti dai molti che tentano di scappare fra scale di pietra e ritorti sentieri. Belare di capre, pianti di madri, urla impietose di soldati che menano alla cieca colpi di nerbo di bue per poter passare per primi. C'è chi singhiozza tendendo una mano. Inascoltato.

Le carte a cui si fa riferimento nel testo appartengono a un manoscritto del secolo XII, noto con il nome di Bibbia Bizantina. “Uno dei codici più preziosi, belli e misteriosi dell'intera raccolta di Guarnerio”. Floramo è un alchimista narrativo. Distilla le parole nei suoi alambicchi ricavandone racconti magici e avvolgenti, di quelli che una volta aperto il libro alla prima pagina ti ammaliano, costringendoti a proseguire fino a quando gli occhi arrossati e lacrimanti impongono una sosta. San Daniele è incastonato fra i colli del Friuli centrale, là dove suona il furlan da la koiné, terra di delizie profumate che ammorbidiscono il palato e custode di antichi scrigni. Non soltanto la chiesa del Pellegrino, istoriata con affreschi di un fascino che commuove e tale da guadagnarle l'appellativo di “Cappella Sistina del Friuli”. Di fianco al Duomo, ombreggiata dal suo campanile, si trova ancora oggi la Biblioteca Guarneriana Antica, che tra qualche mese celebrerà il suo 550esimo compleanno. Il 10 ottobre 1466 Guarnerio d'Artegna, morendo, lasciava tutti i suoi 173 manoscritti alla Comunità cittadina di San Daniele, sancendo di fatto la nascita della Biblioteca pubblica a lui poi dedicata. La più antica del Friuli e una delle prime istituzioni di pubblica lettura in Italia. Il benemerito umanista, di natali pordenonesi, ebbe in dono da Antonio Panciera di Zoppola, cardinale di Santa Romana Chiesa e suo mentore, alcuni preziosi codici che divennero il primo nucleo della propria Libraria. Da quel germe, e per acquisizioni successive che andarono ben oltre la vita di Guarnerio, si è formato quel tesoro che oggi noi possiamo ammirare.

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