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giovedì 21 gennaio 2016

Che macello!

Il Regolamento per la disciplina delle adunanze comunali (che si trova a questo link Regolamento Adunanze ), all'art. 24, stabilisce che: "Il Consigliere parla dal proprio banco, rivolgendo la parola all’intero Consiglio, anche quando si tratta di rispondere ad argomentazioni di un singolo Consigliere." Non tutti i nostri pubblici amministratori sembrano aver compreso il senso della disposizione regolamentare, alla quale raramente si attengono. Ci si rivolge al Consiglio, non al pubblico presente in sala. E' avvilente vedere la Sala Consiliare trasformata in un teatro d'avanspettacolo per l'ennesima volta. Vi sono uomini politici che hanno bisogno della claque per sostenere l'insostenibile e alimentare adeguatamente il proprio ego. I guasti del ventennio berlusconiano sono talmente profondi da avere inciso in maniera significativa nella dialettica politica, elevando la propaganda a metodo persuasivo istituzionale. Era già successo qualche tempo fa, certo con assai minore impatto scenico, quand'era in discussione il Giovane Vicesindaco (si veda, sempre in questo blog, il resoconto di quella seduta Prosit). Gli applausi del folto pubblico presente erano risuonati nell'Aula. E così è successo anche mercoledì 20 gennaio, quando il Consiglio Comunale è stato chiamato a discutere un Ordine del giorno presentato dal consigliere Biason, col quale si chiedeva semplicemente di verificare l'alienabilità del Macello. Di quella proposta, nel corso della serata non si è parlato, dato che l'interesse principale era di alzare l'ennesima cortina fumogena, addossare le responsabilità a qualcun altro, ingraziarsi gli allevatori e gli elettori più distratti, in vista della prossima competizione elettorale. Sugli spalti erano convenuti all'incirca in 150 (i numeri che si son letti sulla stampa sembrano frutto di emotività), ma la petizione indirizzata al Comune per scongiurare la chiusura del Macello pare riporti le firme di oltre un migliaio di persone (a testimonianza del rilievo che il servizio ha assunto nel corso degli anni per l'intera area provinciale). L'argomento su cui si doveva concentrare l'attenzione dei pubblici amministratori, nel corso della discussione in Consiglio, ma, soprattutto, negli ultimi 5 anni di deludente gestione amministrativa, non è certo la valenza del servizio e nemmeno la capacità imprenditoriale dell'attuale concessionario, abbondantemente provate nei fatti. Esaminando la cronistoria della vicenda Macello, riportata in una dettagliata relazione dell'avvocato amministrativista triestino a cui si è dovuti ricorrere per districare la matassa (la relazione si può leggere a questo link Macello), si ha l'impressione che vi sia stata, nel corso degli anni, un'impressionante serie di leggerezze, errori, sbadataggini e sottovalutazioni, frutto verosimile di mera sciatteria. Niente di grave, quindi. Se non fosse, che oggi, a distanza di qualche lustro dalla genesi della questione, si è costretti a rivolgersi prima a un avvocato, per cercare di far ordine fra le carte (che emergono a spizzichi e bocconi), e poi a un perito, per fare i conti. Il tutto, a carico dei contribuenti cordenonesi. Si potrebbe concludere che la gestione amministrativa della "pratica" non pare proprio seguita con la necessaria diligenza. Se si fosse tenuto conto ordinatamente, annotandole anche soltanto su un semplice brogliaccio, delle spese sostenute dal concessionario nel corso degli anni, forse oggi non si dovrebbe ricorrere a una perizia. O, comunque, il lavoro di ricostruzione contabile sarebbe vieppiù facilitato. Se il fascicolo relativo al Macello fosse stato tenuto con la cura necessaria, ordinando tutti i documenti come si fa normalmente in uno qualunque degli uffici esterni al mondo dei pubblici servizi, forse non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere all'aiuto di un avvocato per ricostruire un quadro attendibile e chiaro. E, magari, si sarebbe riusciti a consegnare a quel professionista in un sol blocco, fin dal principio, tutta la documentazione pertinente. Invece le cose come sappiamo sono andate in maniera diversa. Nel corso della discussione in Aula si sono sentite molte posizioni condivisibili, altrettante polemiche sterili e qualche rigurgito di arroganza. Nessuna soluzione. Per chi è abituato a valutare l'operato altrui sulla base dei risultati concreti, risulta difficile non essere d'accordo con la lapidaria conclusione del consigliere Sorrentino: il problema non è stato risolto. Appena insediata la nuova maggioranza, in seguito alle elezioni amministrative del 2011, uno dei primi argomenti portati all'attenzione del Consiglio Comunale fu proprio la sorte della convenzione con l'attuale concessionario del servizio, che era di prossima scadenza. Già allora l'approccio dell'Amministrazione risultava in tutta evidenza fumoso, dilatorio e inconcludente. I 5 anni trascorsi hanno potuto soltanto confermare l'impressione iniziale. Le chiacchiere stanno a zero. I risultati pure. Chi sostiene che questi sono strumentali attacchi politici in funzione della prossima campagna elettorale, si sbaglia di grosso. Si leggano le carte, si partecipi alle sedute del Consiglio Comunale, si leggano i giornali. E poi ciascuno tragga le proprie conclusioni. L'evidenza dei risultati rimane sovrana. Malgrado il tempo trascorso, nonostante le infinite e inconcludenti discussioni, ad onta delle spese sostenute e da sostenersi per consulenze e perizie, siamo ancora al punto morto inferiore. Allo stesso punto da cui, cinque anni fa, eravamo partiti. Al di là delle responsabilità personali, sulle quali evidentemente ciascuno dice la sua, a livello politico la situazione non presenta margini d'interpretazione. La responsabilità collettiva dei deludenti risultati conseguiti è di chi ha avuto il mandato elettorale per occuparsi di risolvere i problemi della comunità e ha incontestabilmente fallito.

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