(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 24 gennaio 2016

Terremoti di ieri e di oggi

- Cui isal lui?

- Sono il Sottosegretario Franco Evangelisti. Il Presidente Andreotti si scusa, ma gli impegni di governo non gli consentono di essere qui a ricevervi e ha mandato me in sua vece.

- Eh, po no, po! Che s'al fos almancul un Segretario, alore sì! Ma cun unc c'al sta sot dal Segretario no podin migo fevelà, ve! Us voleit propit fani sintì dei baracâts!

Si svolse più o meno così a palazzo Chigi uno dei colloqui politici previsti in quella giornata di 40 anni fa, quando una folta rappresentanza di terremotati friulani scese a Roma per far valere le proprie ragioni nelle stanze del potere. Erano 50, ben assortiti per fascia d'età e condizione sociale, in maniera di rappresentare un campione adeguato. A parlare con Evangelisti fu pre Duilio Corgnali. Pre Gilberto, pre Toni Beline e ora pre Duilio. La stalla dei Colonos ospita da sempre un selezionato campionario di sedizione ecclesiastica. Sacerdoti anarchici, che prima di essere preti vogliono essere pastori. Non di anime, bensì di cristiani, con le loro gioie e sofferenze quotidiane, con il carico di problemi, difficoltà, ansie, preoccupazioni che ciascuno porta su di sé. La prima delle serate invernali di In File è partita dalla rievocazione del terremoto del 1511, affidata ai ragazzi dell'ISIS Marchetti di Gemona. Non fu soltanto la Crudel zobia grassa a insanguinare quell'anno fatale. A breve distanza dalla carneficina carnascialesca, un altro orcolàt venne a demolire le abitazioni e a falciare migliaia di vite. Ma il filo conduttore della rassegna villacacciana quest'anno è rappresentato dall'altro terremoto, il sisma di cui si celebra il quarantennale. E' toccato a due protagonisti di quei giorni indimenticabili rievocare le loro esperienze nella stalla dei Colonos. L'elemento comune ai due racconti appassionati ascoltati venerdì sera è il protagonismo delle genti friulane, che di fronte alla tragedia non hanno voluto delegare a terzi la rinascita delle proprie comunità. Già nel libro “Pa la sopravivence, no pa l'anarchie” si ritrova questa caratteristica della int. Laura Nicoloso ci informa che a sei giorni dalla terribile scossa del 6 maggio, in quel che restava del proprio borgo la int si era già organizzata e aveva pure l'autorizzazione del sindaco a operare per dare assistenza ai concittadini più deboli, alle persone malate, agli anziani. Pre Duilio, con la sua incalzante oratoria da tribuno del popolo, ci travolge di aneddoti conditi dalla giusta dose di ironia per farci capire che il cosiddetto “modello Friuli” non fu un'idea della politica, ma scaturì dalla ferma presa di posizione della int. Quella gente friulana determinata e operosa che volle rendersi protagonista del proprio futuro, imponendo alle autorità la propria presenza vigile e consapevole. Gente semplice e schietta che non si lascia ubriacare dai paroloni dei tecnici studiâts e degli abili manipolatori politici; che applica il buonsenso alla risoluzione dei problemi e rivendica con forza il proprio diritto all'autodeterminazione. La politica fu costretta dalla efficace capacità persuasiva delle popolazioni locali a cedere la mano e consentire che la int avesse voce in capitolo nelle decisioni che la riguardavano. Il successo di quella formidabile esperienza partecipativa è ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Mentre i militari erano impegnati a raccogliere le cicche nella tendopoli, in attesa che le alte sfere venissero a far visita e farsi rendere gli onori, Laura e pre Duilio lavoravano senza posa per provvedere alle necessità quotidiane dei compaesani. In una regione che ospitava allora un terzo dell'esercito italiano, quando, a una settimana dal sisma, arrivarono i militari a portare soccorso, pre Duilio si era già arrangiato e nel momento in cui gli si presentarono dei soldati sfiniti e affamati, per rifocillarli riuscì finalmente disfarsi di quelle razioni K che non avrebbe altrimenti saputo come utilizzare. In quei giorni col pane si preferiva mangiare il salame, più facilmente deperibile, e conservare il formaggio, che dura di più. Sotto lo sguardo minaccioso di un San Michele di cartone, che pare legno scolpito (opera di un artista britannico sistemata in un angolo della stalla), a Villacaccia la stagione invernale dei Colonos si è inaugurata così con una entusiasmante controstoria del terremoto del 1976, capace di stanare ogni ipocrisia e sbugiardare i vanagloriosi che in occasione delle celebrazioni passeranno a riscuotere le loro briciole di celebrità.

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