Ha da poco terminato il suo lavoro di riordino dei documenti la Commissione Speciale incaricata di ripercorrere le fasi di sviluppo di una Società di Trasformazione Urbana che era nata sotto i migliori auspici e che ora pare avviata verso la liquidazione dopo un quindicennio di sostanziale inerzia (salvo che per i debiti accumulati, che ora qualcuno dovrà pur saldare). La pubblicazione sul sito istituzionale del Comune di Cordenons dei documenti allegati alla Relazione consente finalmente ai cittadini di potersi rendere conto della situazione senza intermediazioni di alcun genere. Atto fondamentale da cui potrebbe partire una qualsiasi analisi dilettantesca è la delibera consiliare numero 56 del 30 giugno 2003 (che si può leggere anche a questo link http://www.cordenonstrasparente.org/mako-delibera-56-2003/), dove si stabilisce ufficialmente la nascita della STU. Nella lunga premessa narrativa alla deliberazione si può, tra l'altro, leggere: ”(...) Ritenuto che il controllo esercitato dagli enti pubblici attraverso la titolarità della maggioranza delle quote azionarie rappresenti una garanzia a tutela degli interessi diffusi che sottostanno alla pianificazione urbanistica (...)”. Tradotto, significa: siccome stiamo mettendo in piedi un progetto faraonico, che impatta notevolmente sul tessuto urbano e sociale, è meglio che il privato (proprietario dell'impianto), abbia una quota di minoranza, in maniera che le decisioni vengano prese dai soci pubblici. Questa lodevole intenzione, solennemente dichiarata nel corpo di una delibera consiliare, viene però immediatamente contraddetta dalle regole che i soci si danno per un corretto funzionamento della STU. I soci che diedero vita alla STU sono: la Provincia di Pordenone (il cui Presidente, all'epoca, era il dott. Elio De Anna), il Comune di Cordenons (Sindaco Del Pup), il Comune di Pordenone (che di lì a poco si sfilerà), l'ATAP (presidente Vagaggini), l'ATER e il socio privato Cantoni S.p.A. Con la medesima delibera che stiamo esaminando, il Consiglio Comunale di Cordenons approvava lo Statuto della STU (che è, in sostanza, il regolamento a cui la società e i terzi debbono far riferimento per capire chi può fare cosa e che si può leggere a questo link http://www.cordenonstrasparente.org/atto-costitutivo-stu-mako-delibera-cc-n-562003-allegato-a/). Ebbene, già in quello schema di Statuto allegato alla delibera numero 56/2003, dopo aver convenuto che era opportuno che il timone della società fosse retto dalla mano pubblica, all'articolo 15 si stabilisce che: ”L'assemblea straordinaria, sia in prima che in seconda convocazione, delibera con il voto favorevole di tanti azionisti che rappresentino almeno il 65% (sessantacinquepercento) del capitale sociale”, Poiché il socio privato risulta detenere poco più del 40% del capitale sociale, è evidente che nessuna fra le decisioni spettanti all'assemblea straordinaria dei soci, può essere presa senza il suo assenso (i soci pubblici sono sotto il 60%...). Di più. All'articolo 26, dove si stabilisce in che modo si possono validamente prendere le decisioni che spettano al Consiglio di Amministrazione della STU, si stabilisce che: ”In deroga a quanto previsto dal precedente comma, è necessaria la presenza e il voto favorevole di almeno 5 consiglieri per la validità delle deliberazioni del Consiglio concernenti:
1. atti aventi ad oggetto operazioni di acquisto o di trasferimento, da parte della STU Makò, di beni immobili e/o di aziende e/o di rami d'azienda e/o partecipazioni sociali per un corrispettivo che ecceda il 20% del patrimonio netto sociale risultante dall'ultimo bilancio approvato;Il significato di questo noioso elenco è probabilmente sfuggito ai consiglieri che nel 2003 hanno votato la delibera n. 56. Esso infatti, malgrado il nobile intento espresso solennemente dai nostri di mantenere saldamente nella mano pubblica le decisioni fondamentali per lo sviluppo socio-economico dell'iniziativa di recupero, di fatto rende il socio privato arbitro di ogni decisione rilevante. Il numero dei consiglieri che siedono nel CdA della STU è pari a 7. Tre di questi fanno riferimento al socio privato. Il socio privato, quindi, oltre a vedersi liquidato con moneta sonante parte del proprio investimento immobiliare (ma questo è argomento che sarà trattato a parte: l'operazione si svolgerà successivamente), nonostante mantenga una partecipazione di minoranza (poco più del 40%) si garantisce la possibilità di aver sempre voce in capitolo sulle sorti della STU. Il Consiglio Comunale ”con voti unanimi favorevoli espressi per alzata di mano dai 22 Consiglieri presenti e votanti,” approva.
2. atti aventi ad oggetto la stipulazione di contratti di finanziamento con terzi finanziatori che comportino l'indebitamento della STU Makò per un importo superiore al 20% del patrimonio netto sociale risultante dall'ultimo bilancio approvato;
3. le prestazioni di garanzie reali e personali per importi superiori al 20% del capitale sociale;
4. i piani pluriennali di indirizzo strategico e/o gestionale della STU Makò, con particolare riferimento agli investimenti e l'adozione di budget annuali della stessa STU Makò;
5. qualsiasi atto in cui controparte della società sia un azionista della società stessa;
6. delega dei poteri ai membri del consiglio di Amministrazione di cui al successivo art. 21;
ecc...”
(continua...)
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