Il gesto di Pietro Micca ha quindi minor valore ed importanza, ora che il suo sacrificio pare non abbia salvato l'intera fortezza? Un atto di eroismo possiede una vera bellezza intrinseca, brilla di luce propria, quali che siano i risultati concreti che ne derivano. Quale importanza può avere per Pietro Micca conoscere che al di là della porta della galleria alta stanno per irrompere cento nemici oppure solo dieci? Può egli con certezza sapere se i Francesi saranno fermati più oltre? Egli sa che deve compiere il proprio Dovere, che la responsabilità del brillamento della mina è affidata a lui, ed agisce di conseguenza. Per lui la “salvezza di Torino” è costituita da quella mina: come ogni umile soldato che non può divergere dal suo compito, né alterarlo, concentra in esso tutte le sue energie e volontà e, pur consapevole del gravissimo rischio, fa generoso olocausto della vita.Spogliato dall'enfasi retorica propria dell'ambiente militare e coerente con l'epoca storica in cui fu scritto (sempre il 1961), questo brano rivela tuttavia alcune semplici e fondamentali verità, su cui anche oggi non è superfluo soffermarsi a riflettere.
e le note vengono aggiornate di quando in quando)
mercoledì 24 febbraio 2016
Turin, ma belle - (Tre)
Al rientro da Pinerolo c'era una visita guidata inconsueta e stimolante ad aspettare me e Franca. In via Guicciardini (zona Cernaia, dove si avvicendano da decenni stuoli di allievi carabinieri), sorge il museo dedicato a Pietro Micca. Guide volontarie, dall'encomiabile disponibilità e preparazione, accompagnano i viaggiatori curiosi in un breve tour sotterraneo, attraverso i cunicoli che furono scavati all'inizio del 1700 per difendere la città dall'assedio delle truppe gallo-ispaniche (così scrivono gli storici). Quello che poteva scambiarsi per un eccentrico passatempo, si rivela ben presto un'occasione formidabile per acquisire notizie per me inedite sulla mia città. Non sapevo, ad esempio, devo ammetterlo, che il nucleo storico di Torino, il cosiddetto “quadrilatero”, l'insediamento primigenio, dai legionari di Cesare in giù, si collocasse in una ristretta area adiacente all'odierna piazza Castello. Palazzo Madama costituiva una delle porte del quadrilatero, con delle maniche (oramai non più esistenti) che tagliavano a metà la piazza. L'odierno Palazzo Reale altro non era che la sede vescovile, occupata prima dal Duca di Savoia, che la trasformò nella propria residenza, e poi dai sovrani dei regni successivi. La vera scala di Pietro Micca, la scala di collegamento dei due tunnel di contromina scavati dai genieri sabaudi per contrastare l'azione degli assedianti, fu portata alla luce soltanto nel 1961 (nel museo si trova esposta una foto dell'inaugurazione, alla presenza di un giovane Giulio Andreotti, allora ministro della difesa). Prima di allora, erroneamente, si pensava che la scala fatta saltare in aria dall'eroico minatore fosse un'altra. La battaglia di Torino in realtà fu combattuta e vinta fuori dalle mura della città, quando le truppe del principe Eugenio arrivarono in soccorso e sconfissero gli assedianti. Anche se, per amor di verità, non si può attribuire a Pietro Micca il merito di aver deciso le sorti della battaglia di quel 7 settembre 1706, non per questo il suo gesto risulta meno eroico. Nel piccolo bookshop del museo di via Guicciardini si vende una guidina da 5 euro, a cura di Guido Amoretti, l'ufficiale a cui dobbiamo la scoperta della scala e che divenne il deus ex machina dell'esposizione, che pare assai istruttiva:
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