e le note vengono aggiornate di quando in quando)
lunedì 14 marzo 2016
Vedi Napoli e poi... torni! (1)
”Sul mare luccica l'astro d'argento, placida è l'onda...” Napoli mi accoglie con uno dei suoi sorrisi smaglianti. Il b&b di Letizia sta a Santa Lucia, a pochi passi dal mare e non lontano da piazza Plebiscito. Ci si affaccia sul golfo per arrivarci e sullo sfondo troneggia il Vesuvio col suo pennacchio. Scesi per la prima volta così a sud dello stivale nel 1989, e non lo feci con animo grato. La Banca organizzava allora i suoi corsi in cinque sedi: Milano, Genova, Firenze, Roma e Napoli. A me era toccata in sorte quella più disagiata e non l'avevo proprio presa bene. 857 chilometri via treno. Dieci ore di viaggio. Telefonai a Milano non appena seppi la destinazione per chiedere se per caso ci fosse stato un errore. Nessun errore, mi dissero, Napoli è confermata. Come capii presto, la decisione della Banca non era dovuta a un intento vessatorio, né si era trattato di una scelta immotivata. Banali questioni di tornaconto, per via di certe iniziative di formazione finanziate dall'Europa. Il modo in cui ci si rapporta con i luoghi è legato ai propri stati d'animo e il risentimento che mi accompagnò in quel mio primo soggiorno napoletano compromise il mio rapporto con la città. Mi ero portato appresso un senso di ostilità che mi rendeva prevenuto e diffidente. Non riuscii ad apprezzare appieno tutta la bellezza che mi veniva offerta. Dopo qualche lustro le cose sono cambiate. Non soltanto per la città, che ora può vantare una moderna rete metropolitana. E' cambiata la mia disposizione d'animo. E il primo a beneficiarne sono io. Il primo passeggio serale su via Toledo mi dà un esempio dell'autenticità del posto. Fendendo la vociante e distratta folla dello struscio, una teoria di bimbi biancovestiti procede issando sacri vessilli. In coda al corteo la statua della Madonna dell'Arco. Mi dicono che i vessilliferi sono piccoli malati che in questo modo intendono ringraziare il Cielo per l'avvenuta guarigione. Napul'è mille culure...
La Cappella San Severo è un autentico gioiello della Napoli barocca. Tentai di visitarla già durante la mia “prima volta”, ma senza fortuna. Ho rimediato oggi. Risalendo via Toledo si lasciano sulla sinistra i vicoli dei quartieri Spagnoli. In uno di quei bassiandammo a mangiarci una pastasciutta, guidati da un coinquilino pugliese. Stavamo in quattro a “casa Alfieri”, un grande appartamento nei pressi di piazza Garibaldi. La mattina pigliavamo 'o tassì per raggiungere via S. Brigida. Gli autobus non erano molto affidabile e il nostro istruttore al corso era stato perentorio: chi arrivava in ritardo avrebbe pagato il caffè per tutti. Ogni giorno c'era qualcuno che “gentilmente” offriva la pausa caffè di metà mattina a tutti. Si scendeva al bar ,dove già erano istruiti sulla corretta procedura da seguire. Una ventina di caffè venivano versati ancora caldi in un bottiglione che sarebbe risalito in aula corsi, dove avremmo poi spillato il corroborante nettare nei bicchierini di plastica. Superato il sontuoso palazzo della COMIT, ormai in parte trasformato in museo (e parte ceduto alle vetrine commerciali) e il monolite fascistissimo che gli incombe a fianco, ora accomunato dalla medesima appartenenza societaria, poco prima di piazza Dante s'imbocca Spaccanapoli. In una prima botteguccia, stipata all'inverosimile di libri vecchi e nuovi, il titolare s'imbroglia con il resto e rischia di regalarmi i due volumi che scelto per portarmi via: gli do una mano a fare i conti e riesco a pagare il dovuto. ”Tiene tante 'e chelli ccorna, ca si chivesseno taralle nun ne cadesse manco uno nterra!” (Quanno ce vo, ce vo! - Offese, minacce, maledizioni, epiteti e ingiurie della lingua napoletana – ed. Intra Moenia, 2015).
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