(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

giovedì 17 marzo 2016

Vedi Napoli e poi... torni! (3)


La sera in piazza Plebiscito i ragazzi giocano a pallone. La sontuosità delle architetture e il rigore scenografico degli edifici riacquistano così un sapore più paesano e vissuto. In un qualsiasi anonimo borgo di periferia, se soltanto si pensa di riconsegnare ai cittadini una piazzetta anche molto meno rappresentativa, liberandola dalle auto, il popolo dei suv insorge. Quando diedi un'occhiata al sito internet del b&b che mi ospita, pensai che il suo nome si pronunciasse all'inglese e immaginai improbabili richiami ai supereroi dei cartoni giapponesi degli anni '80. Goldrake e Jeeg, robot d'acciaio, invece, non c'entrano granché.
Al di là dei miti, i concreti elementi storici ed archeologici finora raccolti fanno pensare a coraggiosi naviganti provenienti dall'isola greca di Rodi, che sfuggiti a mille insidie dei mari, finalmente approdarono alle tranquille coste dell'isolotto di Megaris, e cioè Megaride, l'attuale Castel dell'Ovo. Appunto qui fu fondato il primo scalo commerciale, che fu chiamato Partenope per ingraziarsi i favori delle Sirene, semidee marine temute e venerate da tutti i naviganti. Fu così che la cittadina di Partenope si estese dall'isolotto di Megaride fino ad occupare l'intera area del promontorio di Monte Echia, l'odierna Pizzofalcone...
Praticamente, sono ospitato nel nucleo primigenio della città. Seduto in quell'angolo di Parigi che ho scoperto in piazza Bellini il primo giorno che sono arrivato, non immaginavo nemmeno che “Intra moenia” non fosse semplicemente un bistrot letterario. Il locale dà il nome anche a una casa editrice (o forse è il contrario), che produce pubblicazioni di squisito interesse. Una sorta di Colonos napoletana, una nuova Villacaccia ai piedi del Vesuvio. E' da un'agevole guida della città pubblicata da loro che ho tratto queste note storiche. Al tempo della mia “prima volta” sudista la metropolitana ancora non c'era. Oggi invece è una gran comodità, come in ogni metropoli. Le stazioni della metro sono dei piccoli capolavori. Grandi, efficienti, pulite, di recente realizzazione e, soprattutto, artisticamente decorate. L'ingresso di “Toledo” ha le pareti istoriate da mosaici e, via via che si scende sulle scale mobili, si viene avvolti da un mare di tessere nei toni del blu e dell'azzurro, le cui sfumature sono ondulate a evocare le onde del mare. Su una triplice scala mobile che porta finalmente ai treni incombe un pozzo di luce che risale fino in superficie (dalla via ci si può affacciare). Un lungo cono rivestito anch'esso da mosaici policromi che a sera mi dicono produrre un gioco di luci molto suggestivo.. Ma anche in piazza Garibaldi, alla stazione centrale delle ferrovie, l'ingresso della metro accoglie i viaggiatori con un'allegra teoria di chiocciole colorate. E a “Museo” un Ercole colossale ricorda ai viandanti la solennità classica della meta. Il Museo è frequentatissimo anche la sera (chiude alle 19:30). Ci arrivo verso le quattro del pomeriggio e scopro che l'ingresso a quell'ora oggi è gratuito, per via di una mostra temporanea che è stata giustappunto inaugurata. L'imponenza colossale dei marmi della collezione Farnese, la bellezza dei bronzi, gli affreschi pompeiani e i molti mosaici perfettamente conservati non paiono scalfire l'indifferenza sfinita delle torme di infanti deportati in gita scolastica, nel loro incedere intruppato e vociante. L'ora di cena è fugacemente allietata da un emulo di Apicella, che interpreta i classici della tradizione con apprezzata originalità, a cui chiedo 'e spingule francese.
Nu juorno mme ne jètte da la casa,
jènno vennenno spíngule francese
Mme chiamma na figliola: ' Trase, trase,
quanta spíngule daje pe' nu turnese?'
Se ripassa, insisterò con Reginella.

Nessun commento:

Posta un commento

se sei un utente anonimo, ricorda di aggiungere in calce il tuo nome ;-)