S’intitola significativamente “Silenzio di Stato”. E’ un dossier prodotto nell’aprile del 2013 da Diritto di Sapere (questo il link: http://www.dirittodisapere.it/progetto/) e Access-Info Europe (https://www.access-info.org/) e riepiloga i risultati del primo studio di monitoraggio sull'accesso all'informazione della Pubblica Amministrazione in Italia (il documento si può trovare su www.cordenonstrasparente.org). Per quella che è la mia pluriennale esperienza nei rapporti con gli uffici pubblici di ogni livello, i risultati di questo progetto, per quanto disarmanti, non sono una sorpresa. Ho sperimentato più volte quanto accade nel 70% dei casi (secondo i risultati del monitoraggio), ossia, la mancanza di risposte da parte della Pubblica Amministrazione interpellata. Che quando ci si rivolge a un ufficio pubblico non si ottenga soddisfazione 7 volte su dieci è già di per sé un dato inaccettabile. Diventa decisamente intollerabile che oltre la metà di quel risultato (65%) sia formato da risposte non date. Ci troviamo di fronte a quello che viene definito “silenzio amministrativo”, ossia indifferenza, un muro di gomma. La normativa che disciplina il diritto di accesso in Italia è certamente figlia di un ambiente “burocentrico”, nel quale le enunciazioni dei diritti valgono più della possibilità che un cittadino riesca poi effettivamente ad esercitarli. Lo si comprende anche dal tipico formalismo che ci affligge e che risulta sconosciuto agli standard internazionali. A ostacolare il libero accesso alle informazioni da parte dei cittadini, vi è però anche una forma mentis del burocrate medio, sovente arroccato su posizioni difensive e più preoccupato di garantire il formale rispetto della normativa, anziché di realizzarne concretamente i principi ispiratori. Lo scorso anno fece scalpore la notizia del preside del liceo Stellini, di Udine (cfr. Adnkronos), che, appellandosi proprio alle norme sull’accesso amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241), negò ai genitori di un ragazzo morto prematuramente la copia del suo tema di maturità, affermando che “le motivazioni affettive non sono giuridicamente rilevanti”. Il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni nel garantire il diritto di accesso alle informazioni da parte dei cittadini può essere "reattivo", nel momento in cui l'ufficio pubblico viene chiamato a dare una risposta, ma sempre più ci si attende che gli uffici anticipino, in maniera "proattiva", il bisogno di trasparenza, mettendo a disposizione informazioni complete e aggiornate attraverso i rispettivi siti istituzionali. Da questo punto di vista, possiamo affermare che Cordenons non si discosta dalla media. Ancora oggi, sfogliando il sito istituzionale del Comune, si scopre che fra gli allegati alla delibera n. 9 del 17 febbraio 2016 il documento di maggiore interesse, ossia il testo integrale della relazione finale della commissione che ha ricostruito le vicende amministrative della Stu Makò, non è visualizzabile. “Per eccessiva dimensione”, si legge come motivazione dell’errore che compare al posto del file. Ma fino a qualche mese fa la situazione era ancora peggiore. Gli allegati alle delibere del Consiglio Comunale non venivano infatti pubblicati online, impedendo di fatto a chi non vi avesse partecipato di documentarsi sui lavori dell’assise. Proposi allora, agli inizi del 2015, di realizzare un sito dove rendere disponibili alla cittadinanza i documenti fantasma di maggiore interesse, partendo da un’altra relazione disastrosa, quella sulla palestra di Villa d’Arco. Grazie alla collaborazione di alcuni amici nacque così Cordenons trasparente (www.cordenonstrasparente.org). L’accoglienza del pubblico fu calorosa. Non altrettanto si può dire delle reazioni registrate nelle stanze del potere. Quel che segue è il testo di un articolo del Gazzettino, pubblicato il 10 febbraio 2015:
Documenti su internet Caccia alle talpe comunali“Fuga di notizie”, “carte riservate”. Documenti già esaminati nel corso di sedute pubbliche del Consiglio Comunale, il cui contenuto chiunque potrebbe conoscere semplicemente seguendone la discussione, vengono trattati come segreti da custodire e i loro divulgatori come colpevoli di atti eversivi. L’unica conseguenza scaturita dalla nascita di Cordenons trasparente fu una più diffusa accessibilità degli atti comunali: dopo un po’ finalmente divennero infatti disponibili anche sul sito del Comune gli allegati mancanti. Ma l’atteggiamento ostile dell’Amministrazione verso ogni forma di partecipazione si era manifestato anche in altri atti: l’eliminazione del notiziario periodico che arrivava a casa, con il pretesto del suo costo elevato; l’abolizione delle assemblee di quartiere; la modifica del Regolamento per le adunanze del Consiglio Comunale con l’isitituzione del preventivo placet da parte del Presidente del Consiglio per poter fotografare o videoriprendere i lavori (giustificato da un’inesistente necessità di tutelare la privacy dei consiglieri). Lo stesso linguaggio usato nella comunicazione da parte di molti uffici pubblici (e il nostro Comune non ne va esente) venne anni addietro definito “respingente” in un prezioso manuale dell’ex ministro per la Funzione Pubblica Sabino Cassese. Tutto ciò contrasta con l’idea che ho delle istituzioni e contribuisce ad allontanarne sempre più i cittadini; dimostra che ci sono formazioni politiche per le quali la “libertà” è soltanto un vessillo da sventolare davanti al naso dei più creduloni e che c’è ancora molto lavoro da fare per rendere il Comune una “casa di vetro” aperta e dialogante.
L'operazione trasparenza rischia di finire nella zona grigia dei regolamenti comunali. È online solo da pochi giorni, il nuovo portale www.cordenonstrasparente.org, ma la voce, nelle stanze del municipio, si è sparsa in fretta. Il sito internet, creato da un gruppo di cittadini cordenonesi con lo scopo di raggruppare gli atti consiliari (ordini del giorno, delibere, interrogazioni) prima e meglio rispetto a quanto riesce a fare il sito istituzionale del Comune, è così finito nel mirino proprio dell'ente che voleva rendere trasparente. Gli autori del portale, in poche parole, sono ora accusati di essere i responsabili di una "Wikileaks" in salsa cordenonese. Cambiano i temi (non si parla di segreti internazionali ma di asfaltature e perizie tecniche; non c'entra un genio dello spionaggio informatico, bensì dei semplici cittadini), ma il cruccio è lo stesso: la fuga di notizie e la pubblicazione di carte considerate ancora riservate. Il sito, infatti, raccoglie documenti protocollati dagli uffici comunali, con l'intento di renderli fruibili alla popolazione che si collega via internet. Ma l'operazione, secondo il Comune, non sarebbe così trasparente come l'obiettivo finale che si prefigge. «Si parla di ordini del giorno e di documenti - spiega l'amministrazione - la cui pubblicazione non è ancora autorizzata. Esiste qualcuno, quindi, che dall'interno del consiglio comunale passa gli atti all'esterno prima che sia possibile farlo». Una o più "talpe", interne: è questo il timore di uffici e amministrazione. «Chi vuole vedere certi documenti - prosegue il Comune - deve effettuare la normale richiesta di accesso agli atti, invece all'interno del sito si trovano ordini del giorno la cui pubblicazione non è mai stata autorizzata. Il regolamento delle adunanze parla chiaro». «È necessario che l'assessore all'informatica (Loris Zancai in Mucignat ndr) intervenga», aggiunge il presidente del consiglio comunale, Riccardo Del Pup, che ha poi difeso i dipendenti comunali. Cosa rischiano gli ideatori del nuovo sito? Al momento il quadro normativo non è chiaro e non lo sono nemmeno le reali responsabilità di chi ha caricato gli oltre 100 documenti comunali. Il Comune, però, annuncia controlli e azioni di autotutela.
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