e le note vengono aggiornate di quando in quando)
domenica 8 maggio 2016
Vicino/Lontano 2016
Quando arrivo alla stazione ferroviaria di Udine, percorrendo il sottopasso che mi dovrebbe portare sull'altro lato della strada vengo accolto da un cancello che sbarra il passaggio in tutta la sua larghezza. Vi sono appesi due cartelli che indicano gli orari di chiusura della barriera: dalle 19:30 alle 6:00. Come sa chi legge i quotidiani locali, quel sottopasso negli ultimi mesi è stato trasformato in dormitorio di emergenza dai numerosi profughi in arrivo nella città friulana. L'azione oltremodo inefficace delle istituzioni preposte a gestire l'ordine pubblico ha fatto sì che per lungo tempo le vie e i giardini udinesi diventassero un disperato bivacco per questi fuggitivi e il sottopasso della stazione offriva loro un più accogliente riparo notturno nei giorni più freddi o piovosi. Quando la politica rinuncia ad affrontare i problemi, evidentemente si lascia spazio al fai da te. Alessandro Leogrande è giornalista impegnato su tematiche sociali. Con la sua ultima opera “Frontiere” (Feltrinelli ed. 2015) è stato tra i finalisti del Premio Terzani 2016. Stamattina, nell'incantevole cornice di Casa Cavazzini, a Udine, ha relazionato un pubblico numeroso sul tema dell'immigrazione. Assieme a lui, Roberta Carlini, giornalista e scrittrice di temi economici, che inizia sottolineando come sul tema in questione esista una gran discrepanza fra le cifre che misurano il fenomeno e la sua percezione comune. Da più parti si parla a sproposito di “invasione”, mentre i numeri in ballo non sono certamente tali da sostenere una definizione così apocalittica e con motivazioni diverse, da parte di una pluralità di soggetti viene ingigantita una minaccia che nella realtà non esiste. Un primo dato interessante che Leogrande fornisce è che su 350 mila arrivi (tanti sono gli immigrati accolti nel nostro Paese) un terzo è rappresentato da eritrei. Mentre lo sento parlare mi viene in mente che proprio in una passata edizione di Vicino/Lontano avevo assistito alla proiezione della videoinchiesta che Fabrizio Gatti, giornalista dell'Espresso, realizzò sui rapporti fra l'Italia e il dittatore eritreo. Era il 2009 e al governo avevamo ancora un donnaiolo che intorpidisce le coscienze via etere con tutta la sua corte di nani e ballerine. Il video s'intitola “L'amico Isaias” (lo si può vedere a questo link http://www.storiemigranti.org/spip.php?article762). Di quell'inchiesta mi avevano colpito le risposte dell'assessore regionale lombardo alla sicurezza, all'epoca Pier Gianni Prosperini, che nella sua difesa del dittatore eritreo ometteva di chiarire che il servizio militare in quel paese è obbligatorio e a tempo indefinito, a partire dai 18 anni, per uomini e donne che vengono letteralmente utilizzati come schiavi, manodopera a costo zero. Della rilevanza di questi numeri i media nazionali non danno conto, non se ne sente parlare. Forse si tratta di rimozione del colonialismo (l'Eritrea, assieme all'Etiopia, fu colonia italiana in epoca fascista) che si trasforma in rimozione della realtà. Altro dato interessante che Leogrande comunica al proprio uditorio è che l'80% dei migranti in arrivo da noi provengono dalla rotta libica e da quella balcanica. Considerata la situazione dei Paesi di partenza, a queste persone nella normalità dei casi spetta il diritto di asilo. Divengono pertanto inconsistenti, anche alla luce dei dati oggettivi, i sofismi leghisti sull'accoglienza del profughi cosiddetti “politici”, che si vorrebbe distinguere da quelli cosiddetti “economici”. Mentre attendevo che iniziasse la conferenza, all'ingresso di Casa Cavazzini ho avuto uno scambio di battute con uno dei giovani custodi del museo, che non nasconde il suo atteggiamento “dissonante” rispetto ai temi che saranno trattati. Quando poco più tardi esprimerà le sue disinvolte opinioni a due signore che nel frattempo si sono aggiunte al capannello in attesa di entrare, entrambe lo riprenderanno come uno scolaretto, sollecitandolo a informarsi meglio prima di parlare a vanvera. Purtroppo, ho l'impressione che chi partecipa a questi eventi sia già fin troppo informato. Il problema è rappresentato da chi resta fuori.
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