Dalla soffitta delle meraviglie, che custodisce tesori i inimmaginabili accumulati nel corso di più vite, ho tratto un radioregistratore. Sì, proprio di quelli ancora in grado di riprodurre le antiche musicassette. Di quelli che, nel riprodurle, riuscivano accidentalmente a svolgerne il nastro, sfuggito alla custodia plastica come un'interminabile anguilla magnetica. E per riavvolgerlo si usava la penna Bic. Con tanta pazienza. La radio funziona ancora bene. Musicassette a portata di mano non ne ho, ma ne recupererò qualcuna per testarlo. Casualmente la sintonia si è tarata sulle frequenze della radio regionale, che la domenica mattina trasmette ancora "Vita nei campi". La musica della sigla è sempre quella da almeno trent'anni e così i jingle introduttivi delle singole rubriche: allegre marcette e vezzosi valzerini da sagra d'altri tempi, di quelle feste paesane in cui l'orchestra di Secondo Casadei suonava in acustico e le cose conservavano ancora il loro significato più autentico. Non manca il proverbio del giorno e la ricetta di una confettura; si riepilogano i prezzi medi dei cereali e del latte al litro "franco stalla"; si elencano le caratteristiche di una qualche pianta "a foglia imparipennata". Al termine della trasmissione, lustri fa, andava in onda "El Campanon", con le indimenticabili macchiette in dialetto triestino. Ghe iera El noneto, che tacava a contar con voxe squillante: "Co ierimo putei..." ; Sior Bortolo, che contava a Siora Nina maldobrie de tera e de mar: del Capitano Pilepich e l'avvocato Miagostovich, de lussignani e piranesi (e Barba Nane sempre a brontolar, che "i ve cavarà la matricola!", perché, prima de la prima guera, l'Austria iera un paese ordinato e a scola se cantava el Serbidiòla); e po la Debegnac: cossa dirà la Debegnac?
Oggi invece la domenica si va a fare shopping dai cinesi, che lavorano 7x7 e hanno dei drugstore come quelli del Far-West dove trovi di tutto in versione 2.0. Detersivi, cosmetici e profumi; cavi di rete, prolunghe USB, schede di memoria e batterie di ogni foggia; ombrelli col preservativo, levapunti, evidenziatori e grattugie; matasse di lana, catini di Moplen, faretti a led da incasso e mutande istoriate a tappezzare pareti intere. La mia vecchina bianca si aggira tra gli scaffali ricolmi con occhio attento e passo sicuro; disdegna la chincaglieria e punta dritta ai flaconi di detersivo per lavatrice; non si lascia intimorire dai gradini: li affronta con grintosa cautela sia in salita che in discesa, pur di guadagnare il successivo anfratto nella grotta di Alì Babà. Il giovane orientale alla cassa è di poche parole. Osserva l'andirivieni dei clienti, fa le somme e riscuote l'onesta mercede (la domenica si sconta tutto del 20%, annuncia trionfale il fascicolo pubblicitario recapitato a domicilio: chissà se sarà vero...). Terminata la nostra conta e incassato il dovuto (sì, abbiamo anche Bancomat) cede alla cortesia, o forse alla curiosità, e domanda: quanti anni ha la signora? Ottenuta la risposta mostra meraviglia e sentenzia inarcando i sopraccigli: eh, ma è brava!
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