(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

domenica 10 settembre 2017

Giustina Caffettiera

Era il dicembre del 1989 e la filiale COMIT di Udine mi ebbe in dote per i soliti due/tre mesi di addestramento/sfruttamento. I "carichi DC", ossia il personale nomade a carico della Direzione Centrale della Banca, il cui costo non gravava sul bilancio delle filiali, erano tradizionalmente più disponibili, mediamente più preparati e di gran lunga più motivati dei colleghi "stanziali". Insomma, un corpo d'élite, selezionato e monitorato con l'attenzione che merita una classe dirigente in formazione. Si approssimava il Natale, e con le festività anche il tempo dei regali. In piazza San Giacomo mi concessi il mio primo e unico capo Missoni, un gilettino di lana che a quasi trent'anni di distanza fa ancora la sua splendida figura (e meno male, considerato l'investimento...). A mia madre decisi di regalare un servizio da caffè da sei e per completare il set aggiunsi la caffettiera. Un po' sovradimensionata per quello che era il consumo familiare, in effetti, e forse anche un po' troppo pesante. Così la caffettiera non venne mai utilizzata e dopo qualche anno mi fu resa, "che a te può sempre servire". Inutile dire che anche per le esigenze di un single poco incline a dar ricevimenti una moka da quattro è fin troppa grazia. Così Giustina è rimasta a riposo fino ad oggi, non deposta "in alto, sulla cappa del camino" come il macinino di Moliendo café, ma custodita sul ripiano di una credenza a casa mia. Dopo che qualche giorno fa la mia vecchina bianca ha fatto fuori la sua, scordandosi di metterci l'acqua (prima volta nella vita), Giustina è finalmente entrata in campo dopo tanta panchina e ci fornisce ogni giorno il suo bollente nettare bruno.

Nel tempo in cui frequentavo le medie, giunse come supplente di italiano uno stravagante professore partenopeo, in quei giorni parecchio raffreddato. Per tenere a bada la masnada di piccole canaglie che gli era stata affidata, quel figlio del Sud minacciava con sguardo truce i più riottosi di bersagliarli con i fazzolettini di carta (previamente appallottolati) che il forte raffreddore lo costringeva a usare in gran quantità. Sarà stato per l'eccesso di starnuti, o per la confusione provocata da quella doppia dozzina di diavoli scatenati, fatto sta che il partenopeo sbagliava di continuo il nome di una nostra compagna di classe, che egli si ostinava ad appellare "Giustina", quando alla creatura era invece stato imposto il ben più melodico e armonioso "Cristina". Fra gli sghignazzi provocati dal reiterato equivoco, Cristina mi confessò che quell'appellativo le richiamava alla mente una caffettiera. Giustina Caffettiera, appunto. E giù a ridere come forsennati. Il trascorrere del tempo ci ha portati a seguire ciascuno il proprio imprevedibile percorso, vivendo esperienze diverse, in luoghi distanti, perseguendo ciascuno i propri obiettivi, coltivando interessi e relazioni diverse, per poi riscoprire a distanza di tempo impegni comuni e luoghi condivisi. Tout se tient, in un eterno girotondo di richiami che affiorano spontanei quando dentro finalmente cessa ogni remitur (dal triestino di Livio Cecchelin) e, archiviate le infinite quotidiane magiche sciocchezze, il silenzio si spande d'intorno.

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