(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

giovedì 25 gennaio 2018

Sindrome da onniscienza telematica

“Vede qui? Poi può controllare su internet: l'angolo fra questo e questo dev'essere di circa 10 gradi – mi dice l'ortopedico indicandomi la radiografia sul grande monitor che gli sta di fronte – Direi che ci siamo.” Dopo aver ricomposto la frattura al polso e ingessato l'arto, si controlla il risultato ai raggi x per verificare la situazione. Mi ha colpito quel richiamo alla possibilità di riscontrare su internet la veridicità delle informazioni che il medico mi stava fornendo, quasi che la sua perizia professionale non fosse sufficientemente garantita dal luogo (un ospedale pubblico) e dal suo ruolo (medico evidentemente abilitato ad esercitare), ma dovesse ricevere una sorta di validazione ulteriore da google. La Gazzetta di Modena di qualche giorno ci informa che un medico del locale pronto soccorso ha denunciato per interruzione di pubblico servizio e minacce il familiare di un paziente (questo il link alla notizia http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2018/01/22/news/modena-familiare-di-un-paziente-denunciato-dal-medico-1.16379438). “Tutto è iniziato durante la visita del paziente, alla quale è stata ammessa la familiare per atto di cortesia. La donna, invece di seguire in silenzio il lavoro del medico, ha iniziato ad appuntare quanto diceva il dottore; sollecitando tutta una serie di esami aggiuntivi, che il dottore non riteneva assolutamente necessari.” Così riporta il quotidiano. Il web è diventato ormai talmente pervasivo, anche per merito degli smartphone, che ce lo rendono disponibile pressoché ovunque e in ogni momento, che ci siamo convinti di poter trovare facilmente e in tempo reale ogni risposta. Google consente l'accesso istantaneo a una quantità di informazioni fino a qualche tempo fa inimmaginabile, che chiunque può fare proprie. Lasciamo da parte per il momento il discorso sulle fake news e sull'attendibilità delle fonti: online si trova di tutto e non è sempre così facile distinguere la verità dalle bufale, in ogni campo. Anche supponendo di avere attinto le nostre informazioni da fonti verificate, occorre tuttavia riconoscere che una frettolosa spigolatura di dati e pareri non ci rende sic et simpliciter degli esperti in materia. Eppure assistiamo quotidianamente a un fenomeno che si ripete da tempo. “L'ha detto la televisione” è stato sostituito da “l'ho visto su internet”. La semplice pubblicazione online, con l'aggravante viralità dei social network, conferisce agli occhi di molti (troppi) a qualsiasi informazione la sacralità del Verbo, svilendo le competenze che un professionista acquisisce a prezzo di studio, pratica ed esperienza concreta sul campo. Per deformazione professionale mi vien da pensare alle facili accuse di usura che vengono lanciate talvolta all'indirizzo delle banche (da qualche tempo sempre più invise al grande pubblico e non sempre a torto). Che un tasso del 20% possa sembrare oggigiorno sproporzionato, scandaloso, irragionevole, è condivisibile. Ma l'usura è fattispecie giuridicamente ben definita e severamente perseguita: se una banca applica quel tasso (nei casi previsti), vuol dire che esso si trova al di sotto della soglia usuraria (che viene periodicamente aggiornata) ed è pertanto legittimo (etica e giustizia sono categorie non necessariamente incluse nel concetto di legittimità). I motori di ricerca forniscono un supporto ineguagliabile alla diffusione delle informazioni e risposte veloci a semplici quesiti, agevolando la risoluzione di problemi elementari. E' facile rintracciare una citazione, il nome di un personaggio famoso che ci sfugge, la traduzione di una massima latina; possiamo leggere le notizie dei quotidiani di tutto il mondo, i pareri dei più autorevoli editorialisti, gli scoop di citizen journalist emergenti, le dichiarazioni di qualunque improvvisato opinionista. Ma la complessità della conoscenza è tutt'altra cosa. Oggi come ieri, malgrado la tecnologia diffusa.

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