(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

giovedì 1 febbraio 2018

Un popolo di estrosi ciarlatani

La mia naia si è svolta per buona parte a Tolmezzo, in una caserma ormai chiusa e abbandonata da tempo dov'era alloggiato un reparto di alpini d'arresto, anch'esso disciolto. Al comando di battaglione il capitano Boiti era l'unica persona normale, assieme ad un anziano maresciallo maggiore che portava su di sè tutta la saggezza derivante dai lunghi anni di servizio. Con Boiti si poteva ragionare, era persona garbata e di buon senso: decisamente fuori posto in quella piccola armata Brancaleone. In quel tempo si andava organizzando in regione il servizio Meteomont, che è quello che monitora le condizioni del tempo in montagna per gestire il pericolo valanghe e prevenire gli incidenti. Dal comando brigata di Udine chiesero che ogni compagnia segnalasse due militari con le seguenti caratteristiche: dovevano essere almeno diplomati, sapere sciare e conoscere bene l'inglese. Fra questi si sarebbe poi selezionato il personale da adibire al servizio. Dopo aver vagliato e rivagliato i curriculum degli 80 alpini della mia compagnia, dissi a Boiti che io con quei requisiti non ne avevo. "Beh, tu segnala quello che hai, basta che mi dài due nomi". Ancora oggi mi sorge il dubbio di essere stato l'unico ingenuo ad avere aderito alla richiesta (gli altri comandanti di compagnia erano ufficiali di lungo corso, mentre a me, in qualità di ufficiale più alto in grado della compagnia e con maggiore anzianità - misurata in settimane - era toccato in sorte il comando della 212 "in sede vacante" più che altro per... logica militare e necessità). Dalle cinque compagnie del battaglione furono scelti proprio i miei due, ai quali dovetti rinunciare intaccando il già scarno e precario organico del reparto.

Governare gli italiani non è difficile, è inutile. La paternità dell'aforisma è incerta, ma la sua validità rimane sempre attuale. L'Italia è allergica alla competitività. Quando si ha a che fare con qualche struttura pubblica, precisione, organizzazione, efficienza, uniformità, rimangono categorie di pensiero che cozzano con l'estro artistico e la fantasia e vengono pertanto escluse dalla pratica quotidiana; da noi trionfano i particolarismi e le eccezioni bizantine, regna sovrano il parassitismo burocratico. L'approccio con il servizio pubblico diventa spesso per ciascuno di noi un'eterna rincorsa alla ricerca del lasciapassare A-38 (chi si ricorda le avventure a fumetti dei simpatici personaggi di Goscinny et Uderzo?). Per garantirci la sopravvivenza ci siamo così dovuti trasformare in maestri insuperabili dell'arte di arrangiarsi.

Se voglio aprire un conto corrente, vado in banca. Posso assicurare che qualunque collega incontriate in filiale, egli sarà in grado, magari non di curare l'apertura, perché le procedure e la normativa sono in giornaliera incessante evoluzione e gli incarichi diventano sempre più specialistici, ma almeno di indicare come fare, cosa serve e a chi rivolgersi per portare a termine l'operazione. Nel mio mondo ideale e immaginario, se voglio inserire una persona in casa di riposo, vado direttamente là e chiedo, così ne approfitto anche per vedere il posto e farmi un'idea. In portineria annaspano e mi mandano in direzione, dove apparendo di dovermi rivolgere agli assistenti sociali. Vado in comune, non c'è, rientra fra un'ora. Telefono, ora proprio non posso, mi spiace, mi scusi, la richiamo io. Eccomi, dica. Eh, ma si deve rivolgere al comune di residenza della persona da inserire in struttura. Che è in ferie. Al suo rientro, in uno dei due giorni a settimana in cui l'assistente sociale riceve, dopo un'oretta di anticamera finalmente ottengo informazioni puntuali: per iniziare l'iter occorre una richiesta che deve compilare il medico di base, poi ci rivediamo per compilare la domanda. Che i mezzi siano scarsi e che si debba combinar le nozze con i fichi secchi non è un problema: ci si farebbe bastare anche il poco che c'è. Qui è proprio questione di organizzazione di base. C'è una tale confusa frammentazione di ruoli e competenze che nessuno pensa nemmeno a coordinare le informazioni. Ognuno fa parte per sè stesso, in una sconclusionata baraonda dove l'abnegazione dei singoli è destinata fatalmente a soccombere di fronte allo stato di generale anarchia. I servizi, malgrado le risorse siano sempre più limitate, ci sono, la buona volontà delle persone tutto sommato non manca, ma il risultato finale è deludente perché non esiste coordinamento. E a farne le spese sono gli utenti. Però siamo tutti tanto simpatici.

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