(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

lunedì 31 dicembre 2018

La capsula reniforme

L’hanno chiamata così perché dire “bacinella a forma di fagiolo” pareva brutto. Sembra appartenere a ciascuna delle tante corporazioni in circolazione una divertente autoreferenzialità lessicale che finisce inevitabilmente per guastare il processo comunicativo e pregiudicare la comprensione di chi si trova all’esterno del gruppo. Qualcuno potrebbe sostenere perfino che l’insistito ricorso a un linguaggio settoriale sia funzionale all’autoconservazione del gruppo, intendendo marcare con l’impiego di termini “tecnici” la differenza fra chi sta dentro e chi sta fuori. Se invece si tratta di semplice consuetudine, è evidente che non si ha ben chiara la necessità di farsi comprendere dal proprio interlocutore. Nel 1993 il Dipartimento per la Funzione Pubblica, allora retto dal prof. Sabino Cassese, distribuì a tutte le Amministrazioni Pubbliche una guida, il “Codice di stile delle comunicazioni scritte”, con l’intento di rendere queste più comprensibili ai cittadini.

domenica 30 dicembre 2018

Il comunismo, la rivista e l’OCR

Nel settembre del 1984 stavo per iniziare l’ultimo anno della ragioneria e m’interrogavo sul futuro. Da qualche tempo avevo manifestato uno spiccato interesse per l’informatica, che allora cominciava a uscire dai templi della scienza per diffondersi nella società civile. Proprio in quel periodo a Udine era stato attivato un corso di laurea in scienza dell'informazione, a cui meditavo di iscrivermi una volta archiviata la maturità. Ma c'era il numero chiuso, le immancabili difficoltà logistiche proprie di ogni “fase d’impianto” (scarsità di aule e conseguenti quotidiane peregrinazioni degli iscritti attraverso la città) e poi… Udine era troppo vicina. Avrei potuto fare il pendolare, mentre la mia idea di università includeva allora l’agognato abbandono del paterno ostello (lech lechà...). Non proseguii gli studi in quella direzione, ma l’interesse per i computer rimase intatto. Incuriosito dal fenomeno, iniziai a documentarmi, leggendo le riviste che si potevano trovare in edicola. Puntai naturalmente su quanto di più ostico potesse esserci per un neofita.

sabato 29 dicembre 2018

Marx e il p.c. (seconda parte)

(la prima parte di questo lungo saggio si può leggere cliccando su questo link)

Il popolo sovietico non riuscirebbe quasi a immaginarsi una situazione in cui quasi tutti i libri siano disponibili per prestiti o acquisti, come pure la maggioranza di dischi e film. Il concetto che una società possa mettere a disposizione di tutti più di 100 pubblicazioni sui computer in concorrenza tra di loro, molte delle quali prodotte da imprese indipendenti, terrorizzerebbe i pianificatori sovietici. Eppure questo è il numero delle pubblicazioni disponibili oggi in Inghilterra. Adesso l’Unione Sovietica si trova di fronte al personal computer e avrà problemi ancora più grossi. L'attuale Piano quinquennale parla di un computer in ogni scuola entro il 1990. Per contrasto, l'Inghilterra aveva già almeno un computer in ogni scuola secondaria entro la fine del 1983 e dovrebbe averne uno in ogni scuola entro la fine di quest'anno.

venerdì 28 dicembre 2018

Marx e il p.c. (prima parte)

Il lungo testo che segue, di cui questa è la prima parte, fu pubblicato sul numero di settembre del 1984 della rivista d’informatica ZEROUNO col titolo: “Riuscirà il comunismo a sopravvivere all’informatica?”

Uno spettro si aggira per l'Europa. Già ne aveva parlato il saggista Christopher Evans nel libro Micro - la rivoluzione dei computer scrivendo: «L'assoluta dipendenza della tecnologia dei microprocessori dai metodi di produzione e distribuzione di massa del capitalismo potrebbe essere l’inizio della fine del pensiero marxista». Adesso su questo argomento torna il giornalista Rex Malik, collaboratore di 01 Informatique e del Times con un lungo saggio pubblicato sulla rivista Intermedia di cui ZEROUNO pubblica qui ampi stralci. Il sistema del socialismo reale ha cavalcata con una certa padronanza la rivoluzione industriale; riuscirà a cavalcare anche la tigre elettronica? La risposta di Malik è documentatamente negativa. Vediamo perché.

giovedì 27 dicembre 2018

La discarica del Crovoleit

La seduta consiliare del 29 novembre scorso ha riportato alla ribalta una delle annose vicende che animano da qualche lustro le cronache cittadine. Proveremo qui a inquadrare l’affaire “Discarica” con uno sguardo dall’alto, trascurando i dettagli di un lungo percorso travagliato che ancora non ha visto la fine. Tutto inizia formalmente nell’anno 2000, quando il Consiglio Comunale impegna l’Amministrazione a restituire al Comune di Pordenone i “rifiuti già conferiti nella discarica di Vallenoncello in un futuro impianto di cui il Comune di Cordenons intende dotarsi” (dalla Perizia suppletiva e di variante al progetto definitivo del dott. Fausto Brevi, 23/12/2015). Si tratta di un debito milionario tuttora pendente che le casse comunali non sarebbero in grado di sostenere.

giovedì 20 dicembre 2018

Il re minore

Dominò, dominò, dolce nome di un valzer francese... Inizia così un valse musette che se fosse un vino si potrebbe definire “di pronta beva” (https://www.youtube.com/watch?v=SGM_xYr1ePs). Un ballabile a uso delle orchestrine prêt-à-porter che qualche lustro fa anch’io animavo come solista (che è un modo elegante per dire in italiano one man band) e che avevo inserito fra i “titolari” del mio repertorio. Da qualche giorno ho ripreso a frequentare quotidianamente la pedemontana pordenonese. Oggi per salire sono passato da Sedrano e una volta arrivato alla sinusoide d’asfalto che lambisce i locali in cui era la Trattoria Stella mi è tornato in mente Stefano, il mio amico liutaio e chitarrista di cui ho già parlato qui.

martedì 11 dicembre 2018

Uomini e caporali


"Ho deciso che da ora in poi offriremo una gita di fine naia agli alpini congedanti e voglio affidarne a lei l'organizzazione." Che culo, pensavo, mentre il comandante di battaglione mi esponeva i dettagli di quest'altra ardimentosa missione. Qualche tempo prima aveva deciso di acquistare un acquario per la sala mensa del circolo ufficiali e a me spettò curarne l'allestimento e la successiva gestione. Allo scopo andai a Udine, in via Grazzano, per scegliere i pesci che avrebbero allietato con le loro vivaci livree i nostri pasti, acquisendo nel contempo alcune basilari nozioni di ordinaria manutenzione del nuovo ornamento da salotto appena incorporato dall'esercito.

domenica 9 dicembre 2018

D'Aquila Penne, Ugne di Leonessa

È questo il motto, attribuito a Gabriele D'Annunzio, che compare sullo stemma araldico del Battaglione Alpini "L'Aquila". Questa unità dell’esercito, che ai tempi della leva obbligatoria inquadrava prevalentemente ragazzi abruzzesi, fa parte della Brigata Alpina Julia. Ed è la ragione per cui ne ricordo la divisa (araldicamente parlando).

L'endecasillabo rende però altrettanto bene i tratti salienti del carattere di mia madre, donna determinata e tenace. Fino a quando mio padre ha mantenuto in esercizio la sua attività a lei spettava di seguire tutti gli aspetti burocratico-amministrativi della modesta impresa familiare, come andare in posta a pagare i bollettini, curare i rapporti con la banca e il commercialista, ecc. Tutto questo in aggiunta, beninteso, ai quotidiani impegni casalinghi e materni. Quando frequentavo il Mattiussi per diplomarmi in ragioneria il rientro a casa per il pranzo costituiva l'occasione per aggiornarmi sulle sue avventure mattutine, capaci di riservare sorprese, procurare arrabbiature o impartire lezioni di vita.

venerdì 7 dicembre 2018

Stelle contro Torri, 2-0

Tolmezzo, caserma Del Din, 1987. Esterno giorno. Quando prendevo servizio come Ufficiale di Picchetto della caserma, al cambio della guardia istruivo brevemente i ragazzi con cui avrei condiviso il turno facendo qualche raccomandazione su come intendevo che venissero svolti i rispettivi compiti. Prima di tutto, spiegavo che l’ordine “pett-arm” non esiste e che, anche se si esegue portando al petto il fucile Garand, che va tenuto inclinato in diagonale, il comando da dare è “tracoll-arm” (lo ammetto, sono sempre stato un tantino...puntiglioso, ma i militari con queste cose ci vanno a nozze e io mi ero adeguato allo stile con grande facilità). Ricordavo poi di chiedere un documento d’identità a ciascuna persona in ingresso, militare o civile che fosse, per annotarne estremi sull’apposito registro. Una mattina arriva un’AR dal Comando Brigata con a bordo un colonnello. Si avvicina il capoposto e raccoglie il tesserino del capo macchina. Vedo dalla guardiola che con l’ufficiale seduto al suo fianco c’è qualche difficoltà. Il caporalmaggiore viene a riferirmi.