Il lungo testo che segue, di cui questa è la prima parte, fu pubblicato sul numero di settembre del 1984 della rivista d’informatica ZEROUNO col titolo: “Riuscirà il comunismo a sopravvivere all’informatica?”
Uno spettro si aggira per l'Europa. Già ne aveva parlato il saggista Christopher Evans nel libro Micro - la rivoluzione dei computer scrivendo: «L'assoluta dipendenza della tecnologia dei microprocessori dai metodi di produzione e distribuzione di massa del capitalismo potrebbe essere l’inizio della fine del pensiero marxista». Adesso su questo argomento torna il giornalista Rex Malik, collaboratore di 01 Informatique e del Times con un lungo saggio pubblicato sulla rivista Intermedia di cui ZEROUNO pubblica qui ampi stralci. Il sistema del socialismo reale ha cavalcata con una certa padronanza la rivoluzione industriale; riuscirà a cavalcare anche la tigre elettronica? La risposta di Malik è documentatamente negativa. Vediamo perché.
L'avvento della tecnologia informatica digitale a basso costo rappresenta una sfida fondamentale alla sopravvivenza del sistema sovietico. L'Urss e i Paesi satelliti non possono sopravvivere all’introduzione su larga scala della tecnologia informatica continuando a rimanere lo stesso sistema che si è venuto formando, nel caso dell'Urss, negli ultimi 70 anni.
La ragione principale è questa: l'infrastruttura che sarebbe necessaria all'Urss per permetterle di cogliere i benefici dell'informatica è assente e non può essere creata senza una massiccia ristrutturazione amministrativa che, dal punto ideologico e politico, sarebbe più che difficile.
In una recente trasmissione da Mosca, il commentatore sovietico Boris Belitsky ha detto che i computer della quinta generazione che l'Unione Sovietica si appresta a creare «racchiudono in sé la summa della più preziosa tecnologia delle industrie edp di molti Paesi, che è stata criticamente revisionata dai progettisti di computer dei Paesi socialisti». In parole povere, ancora una volta l’Unione Sovietica si appresta a copiare e seguire una traccia lasciata da altri.
Il 29 marzo, i sovietici hanno annunciato che «a Mosca è entrato in servizio un sistema centralizzato di accesso automatico alle reti di computer e alle banche di dati straniere». Vale la pena di notare quell'aggettivo: «centralizzato».
Una settimana dopo, alla televisione sovietica, il presidente del dipartimento siberiano dell'Accademia delle Scienze dell'Urss ha criticato l'incompatibilità di due sistemi in diverse zone dell'Unione Sovietica; entrambi i sistemi erano stati costruiti pressoché nello stesso tempo per svolgere compiti similari. Chiunque si aspetterebbe che fosse proprio una pianificazione centralizzata a eliminare ogni incompatibilità di questo tipo.
Nel corso dello scorso anno alcuni membri anziani del partito e accademici di nome hanno reso insolite dichiarazioni pubbliche da cui risulta evidente come queste persone si rendano conto che l'era dei computer porta con sé la necessità di cambiamenti. Vediamo alcune di queste dichiarazioni:
- L'elettronica trasforma la natura del lavoro.
- L'impiego della tecnologia computerizzata potrebbe alleggerire del 50% la forza lavoro produttiva e aumentare la produzione di 2,5 volte.
- La maggior parte della popolazione dell'Urss dovrebbe imparare a gestire la tecnologia dei computer.
Ciò che non viene messo in discussione è la capacità finale del blocco sovietico di produrre, se decidesse di farlo, la tecnologia appropriata. Il blocco sovietico va però a rimorchio, non è un leader e le ragioni del suo ritardo sono sia ideologiche sia strutturali.
Ma perché la sfida dovrebbe prendere nel blocco sovietico forme diverse che altrove? Cosa c'è di fondo, nella tecnologia, che rappresenta una minaccia alla perpetuazione del sistema ideologico organizzato da Lenin e dai suoi eredi? Bisogna risalire un po' indietro. Il progresso dell'Europa occidentale è stato il prodotto di due insiemi di fattori, uno dei quali è servito da propulsore all’altro. Il primo è stato un atteggiamento mentale, un prodotto dell'evoluzione di religione, filosofia, clima e lingua che ha creato una struttura tale da rendere possibili i cambiamenti. Il secondo è stato il suo prodotto: la rivoluzione industriale.
Ora noi stiamo assistendo ad un passaggio in senso inverso, comunque il primo insieme di caratteristiche permette di assicurare che se qualcuno può far evolvere questa nuova rivoluzione verso un ordine relativamente positivo, questo qualcuno sono le nazioni dell'Europa occidentale, perché la forma mentale creatasi attraverso la lunga catena evolutiva dell'Europa è essenzialmente una forma di adattamento.
Il blocco sovietico, invece, così come è attualmente costituito non può gestire questa transizione, almeno non in modo pacifico. E se non lo fa in modo pacifico? Una ripetizione delle convulsioni sociali del 1848 è ancora possibile, ma mentre l'Europa occidentale potrebbe sopravvivere, il blocco sovietico con tutta probabilità no. La sfida che si oppone al blocco sovietico è fondamentale ed è provocata dalla tecnologia informatica, dalle sue necessità, dalle sue applicazioni e da tutto ciò che ne consegue. L'espandersi della tecnologia informatica è ostile alla continuazione della società industriale. Ecco il problema. E il sistema sovietico ha soprattutto, al suo centro, la società industriale.
Prima di procedere oltre, permettetemi di rendere ossequio all'anno di George Orwell, il 1984. E opportuno farlo perché in Occidente la tecnologia informatica è vista da molti come una tecnologia orwelliana. Queste persone sottolineano il potere che la nuova tecnologia dà agli operatori nel caso che questi ultimi decidessero di servirsene a scopo di controllo sociale, e la capacità che essa dà ai governanti di mantenere la sorveglianza sui governati a un livello molto più stretto di quanto sia mai stato possibile in precedenza. Da questo non consegue certo che la repressione e il controllo sociale non possano avvenire nella società di massa senza l'ausilio del computer. L’Urss, tra le altre nazioni, ci è riuscita brillantemente in passato, molto tempo prima che entrasse in azione il primo computer. E vero che così non si può essere sempre efficienti e precisi al cento per cento, ma è anche vero che la capricciosità può essere uno strumento di terrore altrettanto efficace, e operare con altrettanto successo anche se non con altrettanta raffinatezza. A volte può risultare più economico.
E possibile uno scenario in cui la tecnica informatica nel blocco sovietico venga utilizzata in primo luogo come strumento di controllo, nel senso di controllo di polizia. Ma se serve solo a questo, vuol dire che il sistema ha essenzialmente rinunciato alla corsa economica. E questo non può farlo. Il blocco è una entità politica la cui giustificazione ideologica è economica e competitiva. Rinunciare a questa corsa sarebbe impensabile.
E importante rendersi conto che la sfida cui si trova ora di fronte il blocco sovietico non è sul momento di importanza drammatica. Il declino sarà, invece, graduale e i processi mediante i quali avverrà sono affini all'erosione. E questo, a sua volta, potrebbe portare a passi politici dalle conseguenze fatali per il blocco sovietico e per noi stessi. Concesso che, a quanto sembra, riusciremo a districarci tra l'escalation delle armi nucleari mantenendo la pace, si potrebbe però vedere sorgere una situazione in cui il sistema sovietico viene relegato a potenza economica di serie B, ridotto a fornitore di materie prime. Qualunque sia l'opinione che si può avere sull'Urss, è chiaro che questo è un postulato che né i suoi abitanti né tanto meno i suoi leader sarebbero disposti ad accettare. Da qui un conflitto mondiale.
Rimane tuttavia evidente che la tecnologia informatica inciderà più a fondo e avrà effetti più decisivi sulle società libere che per tradizione godono di una libertà pressoché totale di indagine, libertà di scegliere la direzione in cui la curiosità intellettuale ci può portare, libertà individuale di acquisire quelle doti specialistiche che gli individui stessi giudicano importanti. Essa potrà fiorire meglio in quelle società in cui, come ha detto John Milton più di tre secoli fa, c'è un «mercato aperto delle idee».
Ci potranno essere atteggiamenti molto diversi nei confronti dell'applicazione della tecnologia informatica. Ma abbiamo abbastanza esperienza
sul comportamento umano da ricavarne qualche indicazione sugli orientamenti principali. Che possono essere così brevemente riassunti. Quegli individui che hanno o possono ottenere l'accesso alla tecnologia vogliono che sia essa a fare il lavoro di routine più duro, noioso e poco gratificante.
Il modo in cui l'informatica si sta ora sviluppando è ostile al mantenimento della struttura del blocco sovietico perché la tecnologia non è neutrale. Le conseguenze possono sembrare sorprendenti. Ci troviamo diretti verso una situazione altamente esplosiva. La via che abbiamo scelto pone il leviatano sovietico di fronte a scelte molto severe cui, nonostante i tentativi, non potrà sfuggire. In un ambiente basato sul mercato, in cui le decisioni sugli investimenti e sugli affari sono prese dal basso in alto (nel senso più ampio) e gli individui, anche se non danno il via a un processo, hanno pur sempre la facoltà di respingerlo, si può dire che il sistema, per quanto imperfetto, ha abbastanza plasticità da riplasmarsi man mano che avvengono i cambiamenti. In questo caso un fattore chiave è l'ampiezza con cui la società genera nuova ricchezza e offre i meccanismi per distribuirla.
Nessun adattamento di questo genere è invece possibile in una economia dall'alto in basso senza il consenso di coloro che si trovano al vertice. Ora ci sono buone ragioni per ritenere che questo sostegno sarà difficile da ottenere, e tanto meno in tempi brevi, a meno che il blocco sovietico venga a trovarsi di fronte a quel tipo di convulsione sociale sperimentata dalla Cina dopo la rivoluzione culturale, la morte di Mao Tse-Tung e l’ascesa di Deng Xiaoping. E anche in questo caso, i cambiamenti sarebbero lenti e poco organici.
La scelta è fondamentale: respingere il nuovo modello oppure adattarsi e smettere di essere marxisti-leninisti alla sovietica. Se la scelta sarà la prima, si andrà incontro alla possibile erosione della posizione economica del Comecon; infatti anche se le sue risorse continueranno a crescere, esse non cresceranno ad un ritmo commisurato a quello delle società industrializzate politicamente competitive. L'effetto di tutto questo, a sua volta, potrà alterare all'estero la bilancia a sfavore del comunismo sovietico che non costituirà più un modello per gli altri. Un modello che sarà sempre più visto come un esperimento interessante, anche se costoso, ma fallito.
Il concetto che sta al cuore del comunismo è che esso alla fine riuscirà a fornire una vita migliore di quella offerta da altri sistemi. Questo concetto può ancora essere difeso, anche se il sistema deve trovare altre scuse per giustificare il fatto che ciò non sia ancora avvenuto, ma questo dogma verrà sempre più considerato un’illusione. E il popolo sovietico potrebbe alla fine scoprire ciò che ufficialmente non gli è stato ancora permesso di scoprire, cioè che i suoi progressi, là dove sono paragonabili a quelli altrui, sono stati acquistati a un prezzo molto più alto di quello che hanno dovuto pagare gli altri.
Ironia vuole che la dipendenza su vasta scala del sistema sovietico dai progressi tecnologici dell'Europa, degli Stati Uniti e del Giappone, implica che c'è un gruppo sempre maggiore di individui che, in un modo o nell'altro, ha accesso al materiale straniero. Ingegneri elettronici, specialisti di software, professionisti delle telecomunicazioni, tecnici di controllo dei processi, chimici di ogni genere... tutti questi devono avere accesso alla letteratura occidentale se vogliono mantenersi al passo.
All'interno, tuttavia, la rete delle telecomunicazioni e la tecnologia dei data base sono ancora ai primordi. Le ricerche di routine effettuate da accademici e scienziati europei e nordamericani impiegando reti di telecomunicazioni a scambi di pacchetti non sono affatto di routine nell’Unione Sovietica. Qualche rete però esiste. Il Comitato statale per la scienza e la tecnologia si serve del Viniti per la tecnologia generale e del Patent per i brevetti. Questi sistemi sembrano funzionare moderatamente bene, anche se in modo passivo, e con condizioni d'accesso comprensibilmente severe. Un altro network chiamato Academnet è previsto operativo nel corso del prossimo anno. L'esperienza però ci insegna che il processo di interconnessione degli istituti di ricerca e di penetrazione nella comunità addetta alle ricerche presenta una lunga curva per l'apprendimento necessario.
Per esaminare quello che si potrebbe brevemente definire il caso del «comunismo faccia a faccia con il computer», dobbiamo prendere brevemente in considerazione alcuni aspetti cruciali delle società che si stanno sviluppando nei Paesi dell'Oecd in cui la tecnica informatica è diventata endemica e intrinseca.
Non c’è accordo su alcun particolare quando si parla delle trasformazioni che la tecnologia informatica potrà portare. Perché ci sono numerose scuole di pensiero e gran parte di ciò che si scrive viene sovraccaricato di tante chiacchiere non riguardo ciò che si potrebbe fare, ma ciò che si dovrebbe fare.
Le parole chiave sono informazioni e gestione elettronica e dobbiamo disgiungere il più possibile l'una dall'altra. Cominciamo ora per prima cosa a considerare le informazioni. Io non intendo propugnare il concetto che l’ informazione serve a ribaltare gli utilizzi dell'energia e delle macchine, ma piuttosto che ha la sua funzione all'interno dell'equazione fondamentale che esprime ciò che è indispensabile a una società moderna per funzionare. Questo può voler dire una grossa correzione del modo di concepire l’economia al suo livello strutturale più fondamentale.
E non significa solo una correzione radicale al nostro modo di pensare, ma anche al nostro modo di agire. L’evoluzione del lavoro nel corso del 20° secolo è stata rivolta a un impiego sempre minore della forza umana/muscolare e all'utilizzo sempre più intenso delle conoscenze scientifiche. Le conoscenze sono fondate sulle informazioni trasmissibili che, a loro volta, sono basate sui dati.
Come si pone allora il blocco sovietico nei confronti di queste tendenze? Non mi sorprende che non siano accessibili cifre significative in proposito. Tuttavia possiamo fare alcune valutazioni ponderate, specialmente nei riguardi dell’Urss. All'inizio degli Anni Ottanta l'Urss ha una popolazione superiore di circa il 20% a quella degli Stati Uniti e un prodotto nazionale lordo inferiore alla metà. Tuttavia:
- L'Urss impiega, all'incirca, il doppio degli individui degli Stati Uniti nell'industria manifatturiera.
- Nell'industria manifatturiera più di metà della forza di lavoro dipendente è impiegata per lavori fisici non specializzati o semispecializzati, in confronto al 10-20% dei Paesi dell’Oecd:
- Probabilmente negli Stati Uniti il numero di addetti all’informazione nel campo dei servizi finanziari, assicurativi e commerciali è quindici volte superiore a quello dell’Urss.
- Il rapporto delle installazioni di mainframe è probabilmente nell'ordine di 15-20 a 1 a favore degli Stati Uniti. Ma questa cifra non dice tutto. I sistemi americani (e lo stesso vale per gli altri Paesi dell'Oecd) in termini di potenza dell'hardware sono molto più grandi e vengono di solito impiegati in modo diverso. E naturalmente, grazie agli sviluppi nel campo del software e delle telecomunicazioni, sono ora di tipo diverso.
- Quando si considerano i minicomputer, le differenze tra i Paesi dell' Oecd e l'Unione Sovietica si accrescono. E si accrescono ancora di più quando si arriva ai terminali; sono immense nei word processor; e coi microcomputer le differenze diventano addirittura astronomiche. Attualmente si valuta che nei Paesi dell'Oecd siano stati installati da 15 a 20 milioni di microcomputer (con un tasso di incremento annuo del 30%) contro neanche i 150-200.000 dell'Unione Sovietica.
In generale, ci troviamo di fronte a una differenza di tecnologia tra Est e Ovest di circa un ordine di grandezza.
Ora se si accetta che esista una correlazione tra informazioni significative applicate in modo significativo e il tasso di crescita e il tasso di trasformazione (che, detto così, appare del tutto ovvia) si può pensare che esse siano l'indicatore critico del processo che trasforma una società industriale in una società informatica.
Il problema cui si trova di fronte il blocco sovietico quando cerca di operare questa transizione da una società all’altra è quello di affrontare una struttura socio economica in evoluzione essenzialmente estranea. Tra tutti i problemi, quello centrale è legato all’informazione. La sua esistenza, la sua validità, la valutazione dei suoi obiettivi, chi vi ha accesso e come viene impiegata, sono tutti elementi che svolgono un ruolo di importanza critica nel processo di sviluppo e di transizione.
In Occidente c’è un mercato aperto delle idee, un crescente accumulo di informazioni che assicura che ogni anno ci sia sostanzialmente un maggior numero di dati da gestire, maggiori complessità da risolvere, e una crescente entropia delle informazioni. Le trasformazioni, il progresso, o come si voglia chiamarlo, richiedono che questa entropia venga ridotta. E la tecnologia digitale dell'informazione è il nostro strumento fondamentale per farlo, se non l'unico. Il computer fa diminuire l'entropia dei dati mentre un governo efficiente ha per compito la riduzione dell’entropia sociale. E questo che, come hanno avvertito i Paesi dell’Oecd, si trova al cuore della tecnologia dell'informazione, il che non significa naturalmente che i risultati siano sempre graditi.
Fortunatamente di rado c'è un'obiezione diffusa alla manipolazione di dati e alla creazione di informazioni e conoscenze. Quest’opera è aiutata dal fatto che quasi tutti i dati reali sorgono a livello individuale e d'impresa, indipendentemente dall'autorità di governo. Il risultato è che la misurazione della prestazione autentica è un'attività di routine condotta a molti livelli attraverso la società. Quest'opera, invece, non è affatto di routine nel blocco sovietico.
Si può costruire un grafico con due variabili. Una rappresentata dalla penetrazione della tecnica informatica nei processi amministrativi, sia del governo che dell'industria; l'altra dal grado in cui dati e informazioni sono a disposizione della società. Naturalmente in nessun luogo si avrebbe un grado di diffusione sufficiente, ma il grafico dimostrerebbe che maggiori sono la penetrazione del computer, e il volume di informazioni condiviso attraverso tutti gli strati della società, maggiore è il livello di crescita e di prosperità; e naturalmente vale l'inverso.
Non è un caso che se si volessero confrontare questi due fattori con gli stadi dello sviluppo industriale e il tasso di crescita, risalterebbe ancora di più questa correlazione. L’Urss (dove la penetrazione del computer nelle imprese operative è probabilmente al livello più basso di tutti i maggiori Paesi industrializzati e la diffusione delle informazioni è minima) si trova a una estremità del grafico. Il Giappone, in cui la situazione è esattamente l'inverso, si trova a quella opposta.
Il caso del Giappone è particolarmente interessante, perché illustra il potere aggiuntivo conferito dal libero accesso alle informazioni e dalle appropriate abitudini sociali. Il sistema giapponese fondato sul consenso, che tiene informati tutti coloro che hanno bisogno di sapere e ricerca sempre ciò che si potrebbe definire un accordo democratico sul modo in cui procedere, può imporre inizialmente un costo molto alto sui «costi generali dell'informazione», ma alla fine ripaga con ampiezza.
Vale qui la pena di ricordare le differenze chiave esistenti tra i due tipi di approccio. Il blocco sovietico è fondato su un errore. Questo errore non è necessariamente quello cui di solito pensano gli occidentali: cioè che il blocco sovietico cerca di controllare l'economia e che l’economia non possa venire controllata al livello di cui avrebbe necessità il blocco sovietico se vuole anche crescere ed espandersi. Infatti sebbene nessuno finora sia riuscito a dimostrare la possibilità per una economia controllata di avere successo e una rapida crescita, non si può in effetti neanche escluderla. Potrebbe anche darsi che, alla lunga, la tecnica digitale lo renda possibile, anche se io sospetto che ciò possa verificarsi solo se le motivazioni economiche sono state radicalmente ridotte di importanza nella vita delle persone.
No, l'errore non è una questione di troppa pianificazione. L'errore è molto più profondo. E il fatto che la pianificazione sia legata a una specifica ideologia. Anzi, tutto è legato all’ideologia e l'ideologia è ostile ai cambiamenti. L'ideologia proclama la rivoluzione assoluta ma nello stesso tempo esclude e impedisce l'evoluzione quotidiana. Essa ama i grandi gesti ed è impaziente coi piccoli passi, i raggruppamenti confusi, che circondano l'innovazione.
L’errore è questo: lo Stato è ideologia trascritta in campo amministrativo e nessuno può ufficialmente cambiare l'amministrazione senza alterare l'ideologia. Il risultato è lo statalismo, l'ossidazione e l'incapacità di rispondere al ritmo che il mutamento imporrebbe.
Tre sono gli elementi di primaria importanza che nel sistema sovietico cospirano a fare della transizione verso una società basata sull’informazione un problema di orrenda complessità e grandezza:
1) I collegamenti tra l'ideologia e il meccanismo amministrativo. Questo elemento è il più appariscente di tutti.
2) I collegamenti tra l'ideologia e gli individui. La carriera nel sistema sovietico dipende in gran parte dall'appartenenza al partito e dal successo che si ha all'interno di esso e solo in subordine dalle capacità pratiche.
3) Il collegamento tra ideologia e dati. La disponibilità delle informazioni e i flussi di comunicazione non sono sufficienti a permettere a una economia industriale del 20° secolo di operare in modo efficiente se si giudica l'efficienza in termini di confronto col resto del mondo industrializzato. Ogni passo fatto dal blocco sovietico è apparentemente compiuto pagando un prezzo più alto di quello pagato dai suoi concorrenti. L'informazione giusta solo di rado è disponibile con facilità. Ma i flussi di informazione efficienti e rapidamente crescenti sono una condizione preliminare indispensabile per la transizione a una economia basata sull'informazione.
Sono queste tre condizioni che hanno reso più che difficile al blocco sovietico creare un'industria elettronica in grado di competere in modo efficace con quelle dei Paesi dell'Oecd; tuttavia la creazione di una tale industria è necessaria se si vuole effettuare una qualsiasi transizione.
Il concetto che una nuova azienda innovativa possa comparire d'incanto dal nulla e espandersi rapidamente non compare nel sistema sovietico.
In un mondo reale della tecnologia e dei prodotti in fase di rapido mutamento, le disposizioni strutturali del blocco sovietico sono tali da garantire il massimo ritardo, sia dal punto di vista burocratico sia amministrativo. Uno dei più gravi problemi del blocco sovietico è quello di come classificare le tecnologie nuove o in evoluzione all'interno di particolari e specifiche strutture di responsabilità ministeriale. La tecnologia non solo fa aumentare il potere, ma può anche ridistribuirlo e quindi, per alcuni, diminuirlo. Il problema dei flussi d'informazione del blocco sovietico è molto semplice. Il sistema utilizza per la propria versione della realtà solo quei flussi che dichiara esistere, e questi vengono incorporati nella struttura. Parlando in senso lato, ciò che passa per fonte di informazioni sono i dati che le imprese creano in conseguenza delle proprie attività. Questi dati possono o meno essere reali in quanto rappresentano ciò che vuole il sistema e che il sistema ha bisogno di sapere piuttosto che rappresentare uno stato di fatto. I dati vengono poi filtrati e trasmessi dal partito, per lo più tramite canali centrali, che dà una mano di lacca sul risultato e quindi lo rende pubblico... o lo cela.
Gran parte delle informazioni create dal blocco sovietico non sono pubbliche o accessibili ai più. L’informazione viene pubblicizzata solo se contribuisce a plasmare la società o a darle una certa forma. Una fonte comune accessibile a tutti non esiste in forma seria, tranne che là dove non è importante dal lato operativo. La raccolta e l'analisi indipendenti dei dati si verificano, ma in forma ristretta e la loro diffusione è, poi, ancora più ristretta. Un mercato delle informazioni, uno scambio diffuso di routine, non esiste ufficialmente nel senso che a idee e dati sia permesso trovare un proprio livello.
La subordinazione degli individui alla volontà collettiva, sia che venga espressa per conto loro da una persona o da molte, ha una lunga tradizione nel sistema sovietico e una tradizione ancora più lunga nel sistema russo. Ne risulta che al popolo dell'Unione Sovietica o alla maggior parte degli appartenenti al blocco non viene permesso l’accesso individuale alle informazioni né agli strumenti con cui gestirle al di fuori dei casi collettivi o di quelli sottoposti a controllo.
Non sono disponibili, per esempio, le piantine stradali e altre piantine in scala significativa che coprano il Paese, fatta eccezione per alcuni luoghi accuratamente scelti. Gli elenchi telefonici non sono di norma disponibili, tranne che nelle zone inaccessibili agli stranieri. Nel 1983 è stato annunciato che la città di Tbilisi ha un elenco telefonico computerizzato coi dati di più di 140.000 abbonati e di più di 90.000 telefoni privati. Questo sistema è una strada interessante da seguire perché rende più facile trasformare un non abbonato in abbonato.
I telefoni non sono di norma disponibili. Il partito ha più di 18 milioni di membri e al termine del 1982 c'erano poco più di 26 milioni di telefoni. Nel corso di quell'anno ne erano stati aggiunti 1.250.000. Stiamo parlando a questo punto di un telefono ogni dieci persone, che è un tasso di penetrazione assai basso in confronto a quello dei Paesi dell'Oecd in cui i tassi di penetrazione vanno dal 60% a oltre il 90%.
La differenza è di importanza fondamentale. È osservazione comune tra gli esperti di telecomunicazioni che c'è una massa critica nelle installazioni telefoniche che si reputa attorno a un telefono ogni tre individui. È difficile essere precisi perché questo dato è strettamente collegato colla distribuzione sul territorio sia degli individui sia delle installazioni telefoniche. Una volta superata questa massa critica, un governo ha enormi difficoltà a imporre la propria volontà se una parte sufficiente della popolazione decidesse altrimenti.
Questa volontà può essere imposta interrompendo le comunicazioni interurbane mentre il sistema cerca di restaurare quello che considera l’ordine. Ma anche allora, a meno che non sia in grado di interrompere sul serio le chiamate automatiche della totalità del sistema di telecomunicazioni (come è stata costretta a fare l'Unione Sovietica nel 1983 con la teleselezione internazionale), il controllo è molto problematico. Sotto questo punto di vista, il telefono è uno strumento di libertà democratica.
(segue...)
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