(la prima parte di questo lungo saggio si può leggere cliccando su questo link)
Il popolo sovietico non riuscirebbe quasi a immaginarsi una situazione in cui quasi tutti i libri siano disponibili per prestiti o acquisti, come pure la maggioranza di dischi e film. Il concetto che una società possa mettere a disposizione di tutti più di 100 pubblicazioni sui computer in concorrenza tra di loro, molte delle quali prodotte da imprese indipendenti, terrorizzerebbe i pianificatori sovietici. Eppure questo è il numero delle pubblicazioni disponibili oggi in Inghilterra.
Adesso l’Unione Sovietica si trova di fronte al personal computer e avrà problemi ancora più grossi. L'attuale Piano quinquennale parla di un computer in ogni scuola entro il 1990. Per contrasto, l'Inghilterra aveva già almeno un computer in ogni scuola secondaria entro la fine del 1983 e dovrebbe averne uno in ogni scuola entro la fine di quest'anno.
Il sistema sovietico ha un bisogno spasmodico della tecnologia dell'informazione; anzi si potrebbe quasi dire che è fatto proprio su misura per i benefici dell'informatica... ammesso, naturalmente, che si possano creare i modelli, scrivere gli algoritmi, stabilire i necessari flussi di informazioni e che venga installato e funzioni un potere di elaborazione in grado di misurarsi con la realtà.
Questi concetti sono validi nei Paesi dell'Oecd e qualcuno potrebbe pensare che sarebbero altrettanto realistici nel blocco sovietico. Dopo tutto nell’Urss c’è una lunga tradizione riguardo la teoria dei controlli e la costruzione di modelli matematici. La Russia, in particolare, ha un solido nucleo di matematici teorici di grande abilità e competenza. Se c'è quindi qualcuno in grado di arrivare a queste risposte, dovrebbero essere proprio i russi.
Errato. Le abilità sovietiche, che sono innegabili, costituiscono probabilmente più un problema che una soluzione, perché l'ideologia permea anche i dati.
Per decidere cosa fare, occorre avere un benestare sugli approcci da seguire... un benestare che riguarda tutto il sistema. Poi occorre un periodo di stabilità in cui costruire ciò che si deve costruire, farlo diventare operativo e inserirlo nel sistema. Da quando è iniziata l’era del computer, il blocco sovietico non ha avuto questa stabilità, perché è stato tormentato per un quarto di secolo da controversie, in gran parte teoriche e riguardanti pressoché ogni settore, dalle quasi pure teorie matematiche alle questioni riguardanti l'organizzazione dei sistemi e l’hardware.
Non voglio qui sostenere che non ci sia flusso di informazioni, ben lungi da me questa idea. I dati fluiscono, in quantità, ma sono dati rivolti alla produzione di statistiche. Se le statistiche vi piacciono, allora il blocco sovietico è un paradiso. Ma è anche un cimitero di dati, un incubo in cui vi passano costantemente sotto gli occhi tante tabelle, ma ben pochi dati sono disponibili riguardo ciò che è andato per il verso sbagliato su una scala temporale tale da permettervi di provvedere in merito. Nella maggior parte dei casi quei dati non vi diranno ciò che effettivamente desiderate sapere e evitano paragoni su un intervallo di tempo che possa permettere di misurare mediante confronti i progressi fatti. La caratteristica principale di questi dati è quella di essere ormai da tempo morti. Di solito si tratta di tabelle del passato, preparate per il pubblico, e selezionate accuratamente in modo da escludere tutto ciò che non è favorevole.
Nel corso degli anni, il talento dei sovietici nella teoria dei controlli ha avuto un notevole impatto sia qui che altrove, specialmente nell’approccio delle soluzioni nei campi associati.
Viene subito da pensare a Ivan Pavlov e al suo lavoro sui riflessi condizionati e all’opera di Wassily Leontief sulle tabelle di input-output (che sono state utilizzate negli Stati Uniti). Questa enfasi sulla matematica è, però, una dubbia benedizione. La parola russa per definire il software significa «mezzi matematici». I sovietici prediligono gli algoritmi matematici piuttosto dell’efficiente gestione di dati. Gli incentivi (salari, promozioni, potere) non sono collegati ai risultati pratici (come per esempio maggiori vendite o maggiore produttività) ma al disegno di modelli più efficienti e di migliori teoremi. Il software — o «mezzi matematici» — spesso non è un mezzo per arrivare a un certo fine, ma un fine a se stesso. Riecheggia un classico problema sovietico: c’è spesso una carenza di parti di ricambio perché le fabbriche sono rivolte a generare un certo output totale e non a soddisfare il cliente.
I comunisti compresero assai presto che il sistema che stavano edificando dopo il 1917 richiedeva una raccolta di statistiche su base nazionale e che per questo occorreva la potenza di elaborazione delle macchine. Furono quindi tra i primi a utilizzare su larga scala il tabulatore, ossia il predecessore del computer commerciale. Alla fine del 1929 l'Urss si segnalava già per essere il terzo più grande utente di macchine Ibm dopo gli Stati Uniti e la Germania.
Ora se si vuole applicare la scienza del controllo automatico in senso moderno, occorre avere a disposizione gli strumenti per farlo, vale a dire i computer. Il blocco sovietico aveva già cominciato tempo fa a sviluppare una tecnica informatica ma verso la metà degli Anni 50 era già penosamente arretrato. Le differenze di prestazioni tra un sistema sovietico e uno occidentale si aggiravano sull’ordine di 1 a 100.
I sovietici tentarono quindi di fare qualcosa per superare questo divario. Si misero, cioè, a copiare. Il primo vero prodotto di questa politica apparve verso la fine degli Anni Sessanta. Si trattava della serie Minsk, un insieme di computer pluriuso a scopi civili che era copiata dall’Elliot 803 della Ncr, inizialmente progettato da Iann Barron, ora direttore di strategia della Inmos, il fabbricante inglese di semiconduttori.
Oggi, vent’anni più tardi, il blocco sovietico è ancora largamente dipendente dalla tecnologia straniera, in modo particolare l'Urss; la maggior parte dell'hardware prodotto nel Comecon viene infatti costruito in Ungheria e nella Germania Orientale. La serie di mainframe più comune all'interno del blocco e il Ryad che è in gran parte costruito nella Germania Orientale (i tedeschi eccellono nel controllo di qualità). La sua progettazione - se di progettazione si può parlare - ebbe inizio sul finire degli Anni Sessanta ed è un tentativo di costruire macchine basate sull’architettura software e l’insieme di istruzioni della serie Ibm 360, tenendo di mira la compatibilità. Si tratta di una copiatura bella e buona senza aver pagato né licenza di produzione né royalties. Negli Anni Settanta la serie fu migliorata passando a copiare l’Ibm 370 e non c’è dubbio che seguiranno le copie della serie 30 e 4300.
Quasi tutti gli osservatori con cui si parla sono concordi nel ritenere che abbiamo di fronte sistemi, software, periferiche e applicazioni che, anche quando sono di prestazioni paragonabili, sono probabilmente in arretrato di un decennio rispetto al livello generale dell'Occidente. Gran parte del caricamento delle applicazioni avviene ancora in batch. I sistemi orientati verso le telecomunicazioni sono ancora una rarità.
C’è un altro pericolo implicito in questo approccio. I processi di pianificazione del tipo praticato e la dipendenza da architetture paragonabili e quindi da tecnologie paragonabili per far funzionare le architetture, impongono al sistema di correre su binari che lo tengono in posizione arretrata.
I computer generano autonomia locale nelle questioni operative; questa almeno è la storia delle loro applicazioni in Occidente. La riluttanza del blocco sovietico e concedere questa autonomia a livello di imprese locali e regionali ha voluto dire che la tecnologia non ha potuto essere impiegata in modo significativo.
Il problema del manager sovietico è costituito dalla sua incapacità di reagire al di fuori dei confini dei meccanismi della pianificazione. Il manager non può reagire in un'ampia dimensione ai mutamenti tecnologici ma deve aspettare l’approvazione, e quell'approvazione arriverà entro i normali tempi del piano. Tuttavia, sebbene la possibilità manageriale di creare collegamenti laterali e di reagire agli eventi sia in teoria limitata, c’è da dire che questi collegamenti tuttavia esistono in pratica. Tutto questo genera seri problemi pratici per il sistema politico.
L'Accademia della scienze dell'Urss ha di recente fondato un Dipartimento di scienza informatica, tecnologia del computer e automazione. L'accademico Velikhov, vicepresidente dell'Accademia, ha parlato a Radio Mosca nell'estate del 1983 sullo sviluppo dell'informatica e sull'accesso del pubblico a queste tecnologie. Ciò che ha dovuto dire mostra molto chiaramente il dilemma cui si trova di fronte l'élite sovietica. I brani che seguono sono stati presi da una trascrizione e traduzione effettuata per il World Reporter Service della BBC. Le interpolazioni sono mie. «Oggi», ha detto Velikhov, «non c'è praticamente ragione per cui ogni abitante dell'Unione Sovietica non debba possedere il proprio computer, dotato di una buona memoria e in grado di effettuare calcoli e progetti». [Non si parla di word processing, che, immagino, dovrebbe essere sottoposto agli stessi controlli esistenti per le macchine per scrivere] «Non credo che oggi la questione sia, però, quella di poter entrare in un negozio e comperare un computer... dopo tutto sono apparecchi piuttosto costosi. Le previsioni indicano che entro gli Anni Novanta i computer saranno comuni come il televisore o l'automobile». [Che non sono affatto comuni. L'Unione Sovietica ha un apparecchio televisivo ogni tre abitanti e sostiene di avere una macchina (privata) ogni 27 abitanti.] «Che poi possano essere utilizzati a titolo personale è un'altra questione, perché ogni Paese segue una propria strada. La Francia, per esempio, segue fondamentalmente la strada dell'uso pubblico». [Questa affermazione non è solo falsa, ma porta la deformazione della verità agli estremi limiti. Ciò che la Francia sta facendo è di creare basi dati pubbliche (per esempio, l'elenco telefonico) accessibili mediante sistemi di videotex. Inoltre incoraggia chiaramente e attivamente lo sviluppo degli home computer a uso privato]
«Io penso che noi seguiremo entro un certo grado la via dell'utilizzo pubblico dei computer che, comunque, saranno a disposizione di tutti... Ci saranno computer nei negozi, nelle fattorie collettive, nelle fabbriche, sui sistemi di trasporto e a disposizione degli economisti». [Il settore privato non è affatto incoraggiato] «In quanto a entrare in ogni appartamento, bisogna prima rifletterci bene. Dopo tutto è molto importante che prima ci sia veramente la necessità di averne uno in ogni appartamento». [In nessun altro punto della trasmissione si coglie meglio la struttura dall'alto in basso di questo sistema sociale]. «In una abitazione penso che possa esserci qualcosa collegabile con le linee telefoniche; fondamentalmente dovrebbe trattarsi di un sistema attraverso il quale sia possibile ottenere informazioni, informazioni necessarie per prenotare biglietti, ottenere previsioni del tempo, chiedere altre informazioni e così via». [L’intervistatore non se ne è forse reso conto, ma Velikhov ha cambiato la natura della sua risposta; si è messo al passo col videotex come era stato progettato verso la fine degli Anni Sessanta, un sistema cioè in cui ciò che già esisteva su carta veniva semplicemente trasferito per via elettronica] «Un aspetto molto importante è quello rappresentato dai dati delle biblioteche e dei centri informazione. Un sistema del genere dovrebbe essere assolutamente organizzato. In quanto al fatto che sia necessario in ogni casa, be’, bisogna capire che non molte persone lavorano in casa, ma è chiaro che un sistema del genere sarà necessario per coloro che lavorano a domicilio... Si potrebbe anche dire che nel nostro Paese la situazione nei confronti dell’informazione non è affatto buona come potrebbe sembrare». [Qui ha ragione. Potrebbe riferirsi al controllo dell'accesso alle informazioni, dove potrebbe essere reato accedere e portar via informazioni da alcune librerie di dati, anche se le informazioni stesse si basano su traduzioni di opere liberamente disponibili al pubblico in Occidente] «Ed ora sta avvenendo una rivoluzione, la transizione al servizio di massa, all'introduzione di massa. La tecnologia rende possibile tutto questo. Da una parte noi dobbiamo preparare la società, comprenderne i bisogni e in qualche modo prevederli; dall'altra abbiamo una situazione diversa. Non è il mercato che ha il controllo; siamo noi che abbiamo pianificato il controllo». [Qui Velikhov si illude o cerca di darla a bere ai suoi ascoltatori. L’Unione Sovietica non ha il controllo. Una società che copia non può averlo. I principali microchip sovietici sono basati sui normali progetti Intel e Motorola e sono essi che alimenteranno qualsiasi rivoluzione si verificherà nell'Unione Sovietica.]
E ovvio che gli individui non possono gestire un'economia fondata sull’informazione se non vivono in un ambiente ricco di informazioni in cui i dati che esistono e le informazioni fornite possono essere messe obiettivamente a confronto con la realtà. Occorre che ci sia una interazione su tutto il sistema. Attualmente, invece, l'interazione avviene solo tra i manager disposti lungo la piramide e il piano e i pianificatori, con il management che è sotto pressione per raggiungere gli obiettivi della produzione. Se l'ingrandirsi e il continuare a ingrandirsi è il test mediante il quale si misurano le prestazioni a livello centrale (e in genere questa è la norma) allora i vari management continueranno a seguire questa via indipendentemente dai costi coinvolti.
Le conseguenze, col tempo, saranno fosche per l'economia, e si verificheranno sostanziali carenze e deficienze a causa dell'imperfezione delle strutture. I collegamenti non ufficiali non possono far riguadagnare il terreno perduto. Molti in Occidente hanno da dire contro la tendenza (molto spiccata nelle aziende americane) a venir guidati dai bilanci trimestrali e spesso si accusa gran parte del management Usa di svendere il futuro nazionale. Ma i problemi degli Stati Uniti a questo proposito sono minimi in confronto a quelli del blocco sovietico. Là le stesse tendenze si completano con un'altra: quella per cui i manager e gli amministratori sovietici sfruttano tutto ciò che è disponibile e rinunciano agli investimenti futuri per venire incontro agli obiettivi della produzione attuale. Tutte queste rigidità significano che anche se la produttività del blocco sovietico migliora, questo miglioramento avviene molto lentamente e viene quindi pagato un alto prezzo. Il problema può essere espresso a questo modo. Non tutte le informazioni sovietiche sono uguali o sono in grado di essere sottoposte a test mediante un criterio standard obiettivo e neutrale. Questo principio va ben oltre la tendenza dei governi a nascondere le informazioni che possono nascondere o almeno a provare a farlo, quando le trovano troppo imbarazzanti o fastidiose.
Il problema sovietico è diverso. Per parafrasare George Orwell ne La fattoria degli animali, tutti i dati sono uguali, ma alcuni dati sono più uguali degli altri. Due sono le cause principali. Gran parte dei dati economici sono altamente sospetti. Essi sono basati su rapporti di coloro che si trovano in fondo alla catena e che li indirizzano a coloro che si trovano in cima per dimostrare di aver compiuto il proprio dovere; e che l'abbiano compiuto o meno non può essere accertato, di norma, in modo obiettivo. Il fatto è che il sistema stesso non è organizzato in modo da rendere ciò possibile. Nel blocco sovietico un dato di fatto non è necessariamente un dato di fatto. La sua verità dipende da chi lo presenta e dallo scopo per cui lo fa.
Ma non è questo l'unico problema. Come ha osservato anni fa Milovan Gilas, l'Unione Sovietica e gli altri Paesi del Comecon sono retti da una classe dominante. Si tratta di un ampio gruppo che si perpetua da sé, anche se l’ortodossia sovietica ne nega l'esistenza, e dal momento che il sistema non è abbastanza flessibile da avere una pluralità di indirizzi al vertice (l'ideologia ne negherebbe, in ogni caso, la possibilità), allora sopravviene la realtà.
La realtà della vita nel blocco sovietico è che l'accesso ai beni di cui c'è scarsità dipende non da qualcosa che può essere obbiettivamente misurato, ma dal privilegio. Ora il privilegio è una quantità sfuggente i cui dati variano di valore in modo imprevedibile nel tempo. E dal momento che il privilegio non può essere apertamente riconosciuto, l'Urss si trova di fronte a una struttura dell'informazione troppo complicata per permettere ai sistemi computerizzati di gestirla. Non c’è dubbio che tali sistemi si potrebbero anche realizzare, ma i costi politici sarebbero troppo alti.
I sistemi computerizzati per le prenotazioni e le vendite, per esempio, fanno parte dell'infrastruttura della società informatica che noi siamo andati sviluppando da più di un quarto di secolo e senza di essi alcune società di servizi non potrebbero funzionare. Queste attività, invece, quasi non esistono all’interno del blocco sovietico. I sistemi di prenotazione offrono anche un'indicazione della domanda di mercato. I leader sovietici sanno benissimo che ci sarebbe domanda quasi per qualsiasi cosa, ma non hanno alcun desiderio di sentirsi ricordare le deficienze del sistema. E in ogni caso, se si dovessero installare tali sistemi per dare accesso a tutti, bisognerebbe trovare altri privilegi per tener contenti coloro che sono attualmente privilegiati. Si può quindi dire che il blocco sovietico fa un uso creativo delle carenze (come fanno del resto tutti i sistemi dove è loro possibile); e ha semplicemente portato più avanti di altri questo principio.
Ma che ne sarà del futuro, della prossima generazione? Le previsioni per il blocco sovietico non sono affatto rosee. L'esperienza occidentale dimostra che l’impatto dell’informatica sulla élite di un Paese è sia centripeto che centrifugo. Inizialmente l’informatica rafforza il potere degli specialisti sulle loro specialità. I potenti diventano ancora più potenti e il volume delle conoscenze a disposizione aumenta. Le risorse della tecnologia offrono loro una maggiore capacità di difendere i propri interessi nella società e di cercare di influenzarla sottolineando l’importanza di tutto ciò che essi apportano alla società stessa.
Più tardi, tuttavia, diventa difficile contenere queste risorse e mantenerle riservate alle élite professionali. Computerizzare i dati significa ordinarli e privarli di ambiguità o rendere l’ambiguità esplicita; così l’accesso può diventare diffuso e minare il potere di tradizionali gruppi di interesse specialistico. La soluzione di questi conflitti di interessi non è facile, il che significa che potrà cominciare a richiedere sempre più tempo e energia da parte della élite politica.
Perché una società si evolva nella direzione per diventare una società informatica, è necessario che siano presenti entrambe le tendenze. In effetti non si può passare alla seconda fase se in precedenza non si è passati attraverso la prima. Così se vuole entrare in seria concorrenza, il blocco sovietico deve trovare dei meccanismi per ottenere la tecnologia appropriata (grazie a sforzi propri o su sforzi altrui) e poi lasciare che quella tecnologia permei tutta la società.
Ed è appunto qui che sono in agguato ancora maggiori problemi. L’ elettronica a basso costo genera dati organizzati e software che permettono di sfruttare quell’elettronica. Se il blocco sovietico dovesse acquisire la prima, dovrà anche permettere lo sviluppo dei secondi e del terzo. Ma il software e i dati che possono essere pianificati, originati, approvati e organizzati per via centrale sono solo una piccolissima parte della quantità richiesta, e riguardano soprattutto i processi fondamentali e quelli di routine. La verità è che più ci si avvicina alle operazioni, più gli utenti devono venire coinvolti strettamente e non solo nella fase di utilizzo ma anche in quella di creazione.
Un altro problema cui si trova di fronte il blocco sovietico è la direzione in cui si va evolvendo l’ampia tecnologia dei computer e dell’informatica. Facciamo pure i pessimisti e diciamo che i computer della quinta generazione saranno pronti fra una quindicina d’anni. Quinta generazione significa una generazione di macchine intelligenti, di apparecchi per la gestione di informazioni, basati su principi generali. Questi apparecchi quindi potranno esser guidati attraverso le informazioni nello stesso modo in cui si guida un’automobile attraverso un paesaggio fisico. La quinta generazione è uno strumento di gestione dell’informazione con una potenza di almeno due o tre ordini di grandezza superiore a quella di qualsiasi macchina oggi disponibile. Ma la quinta generazione non costituirà un balzo improvviso. Essa è un obiettivo generale cui ci si avvicinerà per gradi e noi possiamo aspettarci che ogni passo, avendo un vantaggio sulle apparecchiature precedenti, verrà sfruttato dal mercato.
Prima che arrivi la quinta generazione, possiamo aspettarci che molte società occidentali abbiano fatto un bagno intenso nella più progredita tecnologia informatica. Sia le élite che i lavoratori saranno collegati alle fonti di informazioni per assoggettare quelle risorse ad analisi critica e per comunicare tra di loro.
La facilità di impiego sarà stata trasformata, così come lo saranno le immagini che possono essere create e gestite, sia che esse derivino da grafici o da testo.
Queste società non saranno preparate solo a utilizzare la tecnologia informatica ma verranno incoraggiate a farlo. Sarà l'economia stessa a renderlo necessario, per gli alti costi cui si sarà andati incontro per la progettazione, la creazione e la fabbricazione dei sistemi. I costi di produzione per il mercato dopo che saranno state costruite e sperimentate le prime apparecchiature basate sui semiconduttori saranno relativamente contenuti.
Ci sono anche in arrivo sistemi di computer più convenzionali e di grandissima potenza, di due a tre volte più potenti della maggior parte dei più potenti sistemi attualmente in uso.
Siamo ormai a portata di sistemi che potrebbero permettere al blocco sovietico di effettuare una pianificazione centrale - la pianificazione dopo tutto può anche essere effettuata mediante consenso - se avesse acquisito la pratica necessaria nella gestione delle informazioni.
Nei paesi dell’Oecd dove questa è la norma, ci troveremo con strumenti adatti per sottoporre a test ipotesi e piani a livelli di organizzazione molto bassi. E al vertice c’è poco timore dell’utilizzo che potrà essere fatto di queste risorse.
A livello più normale ci permetteranno di fare analisi profonde e particolareggiate, e previsioni su più lunghi archi di tempo, di verificare le tensioni e gli sforzi di macchinari complessi, di progettare componenti elettronici ancora più complessi e di scoprire, analizzare e sottoporre a test nuove sostanze o prodotti a base chimica e biologica. Questi sono tutti utilizzi piuttosto ovvi.
Noi stiamo anche creando un’ampia varietà di impianti per telecomunicazioni che stanno rapidamente collegando in una rete la parte industrializzata del globo. Da queste interconnessioni il blocco sovietico è, per quanto riguarda le operazioni di tutti i giorni, quasi totalmente assente. Ed è assente per propria scelta. I suoi collegamenti diretti con altri Paesi sono pochi.
Cosa strana, anche i collegamenti delle comunicazioni tra i vari alleati del blocco non sembrano molto ampi. Si fa un gran parlare di piani, sia a livello interno che esterno ma, cosa sorprendente, ci si muove poco. È dalla metà degli Anni Settanta che l'Istituto internazionale per l’analisi dei sistemi applicati (IIASA) nei pressi di Vienna sta creando un network a scambio di pacchetti per permettere il collegamento incrociato coi Paesi geograficamente contigui e avere accesso a basi di dati custoditi a distanza. Il network comprende Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e Unione Sovietica. Orbene, il traffico tra i primi tre Paesi è intenso, ma col terzo si dice sia minimo. Quel poco di traffico esistente ha origine nell'Unione Sovietica e ricerca dati custoditi altrove; lo squilibrio è sostanziale. L’Unione Sovietica, in definitiva, è ben felice di mettersi alla finestra e guardare in casa d’altri, ma a quanto pare non le va che altri sbircino in casa propria.
L’Occidente sta rapidamente organizzando basi di dati contenenti gran parte dei dati professionali del mondo, come pure dati biografici, sviluppando nel contempo gli strumenti mediante i quali cercarli in modo interattivo e nuovo. Da queste ricerche il blocco sovietico appare del tutto assente. Gli specialisti affermano che i documenti di settore che hanno origine nel blocco orientale indicano che i sovietici puntano massicciamente su linguaggi e approcci simili a quelli che avevamo di mira noi 10-15 anni fa. Ma noi abbiamo scartato questi linguaggi perché insoddisfacenti.
C'è una comunità sovietica di utenti, ma per gran parte del tempo essa lavora su macchinari stranieri e indaga su basi di dati che stanno all'estero. In generale, comunque, né queste macchine straniere, né l'accesso a queste basi di dati straniere sono disponibili al grosso della comunità che potrebbe desiderare accedervi.
In Occidente, la continua trasformazione delle imprese è probabile che venga accelerata e la capacità delle aziende esistenti, dipendenti in gran parte dall'uso delle informazioni, verrà di parecchio ampliata. Questo sviluppo continuerà a ampliare il ruolo, l'obiettivo e la dipendenza dell'economia dai dati, dalle informazioni e dalle conoscenze gestite per via elettronica.
Il problema cui si trova di fronte il blocco sovietico è che per generare una società competitiva, perché avvenga il trionfo del comunismo, esso non deve generare solo una società istruita, ma anche una società informata. L'ideologia può essere necessaria se si vuole che la fede sopravviva, ma non è sufficiente. Anzi si potrebbe sostenere che questo è proprio il punto di vista errato. Per competere ci vogliono lo sviluppo e la rapida espansione delle industrie elettroniche. Per muoversi in queste direzioni, il blocco sovietico non deve solo rompere col passato ma anche col presente.
E opinione corrente, però, che il blocco sovietico, lungi dal mettersi al passo, perda colpi e rimanga sempre più indietro. La difficoltà che presenta la sua filosofia tesa a copiare i nostri successi è che prima che questi vengano copiati, noi siamo già passati oltre. Il volume delle installazioni in Occidente è ormai sufficientemente grande da far sentire effetti sinergici; in altre parole, le trasformazioni avverranno a ritmo ancora più veloce.
Il blocco sovietico è ormai preso in una trappola, una trappola che si è predisposto da solo e in cui noi non abbiamo avuto parte alcuna.
Rex Malik
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