Durante i 10 mesi del mio servizio militare a Tolmezzo gli italiani furono chiamati alle urne due volte. E in entrambi i casi io vinsi una partecipazione al servizio di ordine pubblico ai seggi. Di come andò la prima volta ho già riferito qui (si veda Le cascate di Salino). Nel secondo episodio fui aggregato al Battaglion Tolmezzo (allora di stanza a Paluzza) al comando di un “plotone di formazione” che contava all’incirca una settantina di uomini (i reparti di formazione vengono costituiti volta per volta per far fronte a esigenze specifiche, ad esempio anche nel caso di esercitazioni, prendendo il personale qua e là, dove lo si trova). Avendo ormai alle spalle una certa esperienza e soprattutto potendo ora contare su una buona conoscenza degli uomini del mio battaglione, scelsi li mejo fichi der bigoncio e mi accaparrai una nutrita schiera di graduati capaci e affidabili a cui potevo delegare alcuni compiti. Dalla valle del But ci trasferimmo in pianura. Stabilii il mio comando alla caserma Lesa di Remanzacco, mentre i fantolini a cui dovevo badare furono distribuiti fra Buttrio e Tricesimo. Anche se da Paluzza nessuno ancora mi aveva degnato di attenzione e non avevo istruzioni di procedere, decisi che non potevo più aspettare i loro comodi. Come d’uso, qualche giorno prima dell’inizio delle operazioni andai in ricognizione per verificare, seggio per seggio, che i giovani guerrieri a me affidati potessero sfamarsi convenientemente. Durante il mio tour, però, a un certo punto in ogni sezione il responsabile di seggio mi faceva presente che prima di me era passato un altro ufficiale per gli stessi motivi. Al mio rientro in caserma trovai ad attendermi al circolo un tenente del Tolmezzo fresco di accademia che mi informò di un cambio di programma. La mia zona era stata affidata a lui e a me sarebbe toccata la sua. Una vera fregatura. Dopo che avevo preparato tutto per benino, avrei dovuto cedere gli uomini migliori a quel bellimbusto impomatato e poi… ormai non c’era più tempo per fare un’altra ricognizione, quindi mi sarei dovuto muovere al buio.
“Sa – infierì il bellimbusto – non sempre agire d’iniziativa porta a buoni risultati.”
Sì, sì, pensavo, vedrai come t’aggiusto io… Qualcuno si era accorto che nella compagnia in cui ero stato inserito a me era stato assegnato il plotone più numeroso, mentre al tenente d’accademia, mio superiore, avevano dato una responsabilità minore. Agli occhi di un militare questa era una bestemmia e si era pensato di ovviare alla imperdonabile svista con un tratto di penna. Qualche giorno dopo si tenne a Paluzza la riunione definitiva, a cui furono invitati tutti gli ufficiali coinvolti nell’operazione per mettere a punto gli ultimi dettagli. Al termine dell’incontro chiesi al comandante di battaglione se potevo avere 5 minuti per esporgli un problema.
“Eh, addirittura cinque: ne può avere tre.”
Ok, allora sarò breve. E dopo aver esposto brevemente i fatti lo freddai:
“Signor colonnello, io le garantisco il più completo insuccesso dell’operazione, se non mi saranno riaffidati la mia zona e i miei uomini.”
Il colonnello iniziò a farfugliare, ma da bravo militare seppe riprendersi in fretta, decidendo “sul tamburo”:
“Tenente – rivolto al bellimbusto – se il sottotenente di complemento qui mi dice che ci sono questi problemi, non resta altro da fare che ripristinare le cose come stavano.”
Il bellimbusto tentò di opporsi, ma venne zittito irrevocabilmente. E io potei marciare, fiero e ringalluzzito, al comando delle mie truppe verso le sedi referendarie. Dal che imparai che per ottenere i risultati sperati con i burocrati occorre avere un piglio ultimativo.
Nessun commento:
Posta un commento
se sei un utente anonimo, ricorda di aggiungere in calce il tuo nome ;-)