(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

lunedì 20 settembre 2021

Il processo di delega - II

Verso le 10:30 del mattino ogni uomo era al suo posto e io coordinavo il tutto dal mio comando di Remanzacco (caserma Lesa). Allo stesso modo fu organizzato il rientro, in maniera molto rapida e tale da consentirmi di intervenire per i pochi, ma inevitabili, imprevisti. Una delle lezioni che appresi dal primo incarico di imberbe ventenne e di cui feci tesoro per gli anni a seguire fu che un capo non può fare tutto da solo. Bisogna imparare a delegare. Per farlo, occorre conoscere i propri collaboratori, così da essere in grado di affidare consapevolmente a ciascuno di loro incarichi che siano proporzionati alle capacità, all'esperienza, alle competenze, all'affidabilità di cui ciascuno avrà dato prova. Diversi anni fa, al termine di un periodo di formazione lavorativa che era durato all'incirca tre anni, mi apprestavo a essere esaminato su quanto avevo appreso (e si trattava di una mole davvero impressionante di nozioni e conoscenze di tipo procedurale, tecnico, legale, ecc.). Prima dell'esame mi presentarono a quello che sarebbe stato in banca il mio capo supremo: il mega direttore galattico di tutti i mega direttori galattici, il quale mi chiese se mi ritenevo pronto. Risposi mantenendo un basso profilo e il mega direttore galattico mi interruppe subito: "Eh, no! Vede i miei collaboratori, qui? Loro devono sapere benissimo tutto ciò che riguarda il loro lavoro. E in più devono sapere anche tutto quello che so io!"
Il mestiere del "capo" è un'arte che si apprende sul campo, arricchendo ogni giorno le proprie competenze con studio, impegno e dedizione. La capacità relazionale è un must; la conoscenza di tutti i propri collaboratori altrettanto. Delegare, tuttavia, non significa spogliarsi delle proprie responsabilità. Rimane in capo al delegante l'onere di decidere, coordinare, organizzare e, soprattutto, verificare che tutto proceda come previsto, che vengano seguite le istruzioni impartite, che si portino a termine gli incarichi assegnati. Che il delegante sia un capufficio, un comandante militare, un dirigente d'azienda o un funzionario pubblico, rimane lui, in prima persona, il responsabile della missione che gli viene affidata. Sarà lui a essere lodato e gratificato se i risultati saranno soddisfacenti. Ma se qualcosa va storto, sarà sempre lui a essere chiamato a darne conto. Questo concetto viene espresso in maniera sintetica da Gilberto Govi, attore comico del secolo scorso, in una delle sue più celebri commedie ("Colpi di timone"). Anche questa è una battuta che ricordo con particolare gratitudine, perché rende con un esempio semplice e calzante il senso di tutto il ragionamento: "Se il barco (la nave, ndr) arriva in porto sano e salvo, il merito è del comandante, non c'è dubbio. Ma se durante la navigazione anche uno solo dei marinai che sono a bordo ha il mal di mare, la colpa è sempre del capitano: non lo doveva imbarcare!". Con buona pace del nostro Alcalde, che nel corso della sua mesta navigazione richiamava sovente alla memoria di chi ne annotava le vicissitudini un grazioso motivetto degli anni '30 (Oh, capitan, c'è un uomo in mezzo al mare!).

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