(...) all'interno della fabbrica l'ordine avrebbe dovuto regnare incontrastato, tanto più che le circostanze avevano fatto sì che anche allo stabilimento di Borgomeduna il nuovo direttore fosse un uomo di regime. Verso la fine di giugno del 1938 questo direttore venne a diverbio, per una questione di lavoro, con il capo reparto Luigi Colin, un socialista che, da persona esperta e capace, respingeva le asserzioni e le pretese del direttore. A sostegno delle ragioni del capo reparto interveniva il caposala Domenico De Benedet, ugualmente versato e competente nei problemi della organizzazione del lavoro e altrettanto malvisto dai fascisti che nutrivano seri sospetti sulla sua fedeltà al regime (Domenico De Benedet sarà successivamente incarcerato dai tedeschi e alla Liberazione sarà sindaco comunista di Cordenons). Sfornito di argomentazioni il direttore ricorse immediatamente alla maniera forte avventandosi contro il subalterno che ne sapeva più di lui. L'intervento di un operaio, fratello dell'aggredito, lo costringeva immediatamente alla fuga tra l'ostilità di tutto il reparto che, seduta stante, scese in sciopero in solidarietà con l'aggredito. Lo sciopero, da anni posto fuorilegge, faceva così la propria comparsa mettendo in azione l'apparato repressivo del regime, ma non certamente per dar giustizia a chi era stato aggredito. Luigi Colin e Domenico De Benedet, una volta prelevati a tarda sera dalle rispettive abitazioni, vennero sottoposti a stringenti interrogatori con l'intimazione di indicare i nomi delle operaie promotrici dello sciopero. Entrambi rifiutarono e così, durante la notte, Domenico De Benedet venne condotto dalla polizia all'interno dello stabilimento per il prelievo dell'organico e dei nominativi di quanti dipendevano da lui: quattro assistenti e sedici "capa-levate" o maestre. Al mattino seguente il caposala, due capi reparto e 16 maestre, assieme a un capo officina del tutto estraneo all'accaduto, vennero associati alle carceri di Pordenone. Nessuno degli arrestati risultò disposto a denunciare le promotrici dello sciopero. Tra le incarcerate figurava persino la delegata del sindacato fascista. Una delle arrestate aveva partorito da poco e le venne consentito solamente l'allattamento del figlio all'interno del carcere. Ben presto la tessitura si trovò a non poter più disporre di personale capace per farla funzionare e qualcuno si dovette render conto che l'incidente andava chiuso. Nel frattempo, però, gli arrestati erano stati trasferiti nelle carceri di Udine per essere tradotti davanti la commissione per il confino di polizia. Alla domanda dei preposti all'atto inquisitorio su chi avesse organizzato lo sciopero, fu unanimemente risposto: "il capo reparto aveva ragione e lo sciopero è di tutti". Per non decapitare la tessitura con la condanna degli arrestati, tecnici e maestre di fabbrica, la commissione per il confino, o chi stava dietro di essa, dovette decidere per un non luogo a procedere con la conseguente scarcerazione di tutti.Questo è soltanto un esempio di come la storiografia locale può venirci in soccorso nel virtuoso esercizio della memoria, che può altresì essere stimolato trasformando il paesaggio urbano in un libro aperto. Anche a Cordenons vi sono edifici pubblici e vie intitolate a concittadini memorabili che tuttavia non tutti conoscono e luoghi che sono stati teatro di episodi significativi per la storia della comunità ma del tutto ignoti al passante contemporaneo. Un lavoro che porti alla mappatura complessiva di personaggi ed eventi del territorio è certamente impegnativo, ma riuscirebbe di grande utilità per il recupero dell’identità cittadina. Forse si potrebbe partire proprio dallo stradario e dai principali edifici pubblici, installando semplici targhe informative. Sarebbe un piccolo passo, ma spronerebbe a proseguire nella ricerca.
e le note vengono aggiornate di quando in quando)
sabato 28 gennaio 2023
Il vizio della memoria
Passeggiando per le vie di Ivrea potrà capitare di imbattersi in alcune targhe poste a ricordo di persone ed episodi della Resistenza. All’inizio di via Jervis, per esempio, la strada su cui si affacciano i principali edifici olivettiani a partire dalla primigenia fabbrica di mattoni rossi, un discreto pannello metallico presenta al visitatore poche foto e succinte note biografiche. Guglielmo Jervis arrivò ad Ivrea nel 1935, dove divenne direttore della scuola apprendisti meccanici dell’Olivetti. Dopo l’armistizio aderì alla resistenza partigiana e, grazie alle sue doti da alpinista, accompagnò molti profughi ebrei in Svizzera, per poi trasferirsi a continuare la Resistenza tra le montagne della Val Pellice. Dopo la sua morte, fucilato e poi impiccato dalle SS, nel 1950 venne decorato alla memoria della medaglia d’oro al valor militare. E così succede in altri angoli e piazze del capoluogo eporediese, dove si trovano analoghi pannelli contenenti brevi descrizioni di persone e avvenimenti legati a quei luoghi. Il Consiglio Comunale di Cordenons si riunisce mediamente una volta al mese in un’aula intitolata a Domenico De Benedet, figura che probabilmente pochi concittadini conoscono e che varrebbe la pena presentare, anche soltanto per soddisfare la curiosità di chi occasionalmente frequenta quell’edificio. Dal testo “Industria tessile e lotte operaie a Pordenone 1840-1954”, di Teresina Degan, a proposito del cotonificio Amman leggiamo:
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