(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

mercoledì 5 aprile 2023

TO2023 - Quinta giornata

Per la terza volta sono tornato alla Reggia di Venaria, che è la dimostrazione di quali miracoli si possano realizzare con caparbietà e lungimiranza. Il pullman della GTT arriva in ritardo alla fermata di Piazza Castello, ma io sono in vacanza e non ho alcuna tabella di marcia da rispettare. A dimostrazione che non si finisce mai di imparare, anche oggi ho scoperto qualcosa che mai avrei immaginato, ossia un doppio legame di questa cittadina con il mio Friuli. Oltre alla Reggia, che è diventato il fulcro delle attività cittadine negli ultimi 15 anni dopo aver vissuto decenni di oblio e degrado con finanche il rischio di essere abbattuta, l'economia locale è stata a lungo sostenuta dall'industria serica, prima, e della fibra sintetica, poi, a partire dagli anni '20 del secolo scorso, quando la Snia Viscosa avviò un primo stabilimento. Ed ecco qui il trait d'union con Torviscosa, città di fondazione friulana sorta attorno alla lavorazione delle fibre vegetali. Ma c'è ancora dell'altro. Lo sviluppo industriale di Venaria fu così repentino da richiedere l'Impiego di numerosa manodopera immigrata proveniente dal Triveneto. La proverbiale diffidenza dei piemontesi non facilitò l'integrazione delle migliaia di lavoratori che abbandonavano aree dove la miseria era stata aggravata dai disastri e dalle spoliazioni del primo conflitto mondiale, ma il tempo si incaricò di aggiustare le cose. Facendo un balzo all'indietro nel tempo vale la pena di arrivare fino al 1668 per conoscere i dettagli di uno scandalo a corte che animò a lungo i salotti torinesi e che Guido Gozzano tratteggiò in una delle sue novelle meglio riuscite: La marchesa di Cavour.
Siamo in sull'imbrunire di un giorno del 1668 e nei salotti della capitale sabauda non si parla d'altro: Giovanna Maria di Trecesson, marchesa di Cavour, persiste nei suoi atteggiamenti imprudenti ed equivoci nei confronti del duca Carlo Emanuele II, per nulla preoccupata delle chiacchiere di corte. Giovanna Maria di Savoia Nemours, la consorte appena ventenne del duca Carlo Emanuele non s'accorge di nulla non vede nulla non sente! mormorano le dame della Corte. La duchessa in realtà vedeva, sentiva, si accorgeva di tutto ma aspettava, aspettava che il calice fosse colmo...

Il Duca aveva lasciato la Corte l’altro giorno per la Veneria dicendo d’aver ritrovo di caccia col cugino, l’abate Visconti, che veniva da Milano. La duchessa era rimasta a Torino accusando vapori al cervello, mettendosi a letto, facendosi anzi praticare due salassi consecutivi dal dottor Vinadi, che le prescrisse riposo per quindici giorni. Invece, nella notte successiva la Duchessa fu vista arrivare alla Veneria alle tre del mattino, in una berlina da viaggio, seguita da due governanti e da quattro staffieri. Balza al portone. Le guardie le proiettano in volto la lanterna rossigna, allibiscono, vietano il passo supplicando, implorano quasi piangendo la Duchessa di non salire: ne va della loro vita! La Duchessa legge la verità negli occhi dei soldati tremanti, spezza la catena delle braccia robuste, balza su per le scalee, irrompe nelle sale.  E poi? Poi nessuno ha visto. Qualcuno ha sentito. Dalla grande camera d’angolo detta l’Alcova delle tre Grazie — pure attraverso le finestre chiuse — giungevano le strida della Marchesa di Cavour, la voce convulsa del Duca, la voce irriconoscibile della giovane Duchessa. Poi più nulla. Fu vista uscire la Duchessa livida, disfatta, fu vista raggiungere barcollando la berlina e la berlina partire di gran carriera, seguìta dai quattro staffieri a cavallo. La Duchessa è ritornata in Francia. Torino è annichilita. Passano due, tre, quattro giorni. La notizia è ormai diffusa nella nobiltà, nella borghesia, nel contado; la Duchessa è in Francia! No! Non è vero, impone di credere un ordine di Corte, affisso sulla piazza del Castello. La Duchessa è sofferente e tiene il letto da quindici giorni, si celebrerà anzi un Te Deum per implorare dal cielo la sua certa guarigione. Ma nessuno crede a quella commedia, la verità è risaputa; la Duchessa tradita è ritornata presso la sua famiglia d’oltr’Alpe come una bourgeoise qualunque che ritorna dai suoi. Ma al quinto giorno un’altra notizia sbigottisce Torino: la Duchessa rientrerà fra poche ore in citta! Non è stata ammalata, è stata a diporto fino a Chambéry, impone di credere un nuovo avviso di Corte. Il popolo esulta, ma anche in questo è risaputa ben presto tutta la verità. Uno squadrone, dopo la fuga notturna della Duchessa, s’è precipitato, per ordine del Duca, sulle tracce della fuggitiva, ha costretto con le armi spianate la berlina reale a far ritorno a Torino. E la Duchessa ritorna pallida, disfatta, rientra in Torino sorridendo debolmente alla folla plaudente.

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