(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

lunedì 12 novembre 2018

Vacanze greche (appendice civica)


Una volta rientrato a casa dal tour ellenico mi rimanevano da sbrigare un paio di faccende. Per prima cosa approfittai di una serata in cui veniva presentato ai cittadini il bilancio preventivo del comune per ringraziare il sindaco, il cui ruolo nel salvataggio della mia vacanza non era stato secondario (qui e qui si possono leggere i dettagli del tumultuoso inizio di quell'avventura). Poi però scrissi al questore di Brindisi per segnalare un episodio che a mio parere rimane, oggi come allora, sintomatico del rapporto che ogni burocrate ha con chi si trova oltre il vetro dello sportello. La sera della partenza nel posto di polizia del porto non ero il solo ad avere problemi con i documenti. Mentre aspettavo il mio turno assistetti a un tragicomico siparietto, di cui volli mettere a conoscenza l'autorità locale. C'erano tra gli altri due giovani marinai in servizio di leva che rientravano dalla licenza. Dovevano prendere il traghetto per Igoumenitsa allo scopo di raggiungere la nave su cui erano imbarcati, ancorata a Corfù. Quando c'era la naia, sui documenti d'identità rilasciati ai giovani maschi in attesa di adempiere il proprio sacro dovere veniva stampigliata una dicitura volta a impedire la fuga ai renitenti. Così anche sul tesserino militare si trovava in evidenza la scritta "non valido per l'espatrio". Il poliziotto addetto al controllo non ha esitazioni: quel documento non va bene. Al che i giovani osservano che pure la carta d'identità risulta obliterata alla stessa maniera, ma il loro mancato rientro verrebbe sanzionato prima in via disciplinare e poi a termini di codice penale militare per diserzione. Il somaro in divisa dovrebbe peraltro sapere che le navi della marina militare sono considerate territorio italiano ovunque si trovino e pertanto quei giovani militari non stanno, tecnicamente, espatriando (ma io già devo impetrare comprensione per la mia sbadataggine e mi guardo bene dal farlo notare). Preso atto del disorientamento dell'agente, i due marinai chiedono che intervenga un superiore. E qui si raggiunge l'apoteosi. Avvicinandosi allo sportello, il sovrintendente interpellato agita il tesserino di fronte ai due questuanti e ripete, accalorandosi: "No, no questo non va bene. Vede? C'è scritto dietro!". Ma non finisce qui, perché l'arcisomaro si premura di aggiungere che se i ragazzi avessero con sè un tesserino ferroviario, allora lui potrebbe lasciarli passare. E lo sgomento dipinto sul volto dei due prossimi disertori si trasforma a questo punto in terrore. Non so come sia andata a finire, ma so di certo che con un po' di buon senso questa inutile complicazione poteva essere evitata. Se quegli agenti di polizia non avessero pedissequamente interpretato il loro ruolo di burocrati e si fossero invece posti in un'ottica di servizio, avrebbero dovuto contattare il comando da cui i due dipendevano e concordare con questo il da farsi, condividendo la responsabilità delle azioni intraprese e dimostrando la necessaria capacità d'iniziativa. Il semplice buon senso già lasciava prevedere che in questo caso nessuno avrebbe potuto ragionevolmente contestare la loro condotta, ma condividere la soluzione con un altro organo dello Stato avrebbe senz'altro tutelato la loro pavida inettitudine e dimostrato una diligenza che rimaneva distante dalla loro comprensione. Episodi come questo, però, per mia esperienza si ripetono ogni giorno, specie quando si ha a che fare con un ufficio pubblico.

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